RECENSIONE: Marlene Kuntz – Nella tua luce

Recensione di Nadia Merlo Fiorillo

Qualche secolo prima di Cristo un filosofo di Elea descrisse con queste parole il suo approdo all’alétheia, quella che noi oggi chiamiamo verità:

Là mi portarono accorte cavalle tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via […] le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case della Notte, verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo.

Senza scomodare l’esegesi filosofica di uno dei più grandi pensatori del Novecento, sembra chiaro che la verità viene alla luce per sottrazione dall’ombra, ma che proprio per questo in essa luce e ombra, come giorno e notte, sono due facce di una sola medaglia. Pare che stavolta i Marlene Kuntz abbiano creato con Nella tua luce un disco quasi strabiliante, se si pensa alla sua possibile matrice letteraria e di pensiero. Non solo perché in esso si alternano episodi in cui il chiaroscuro è sempre ricorrente, ma perché le 11 tracce che lo tessono nascondono un aspetto epico la cui certezza andrebbe confermata solo chiedendone conto ai tre musicisti di Cuneo.

Fatto sta che nelle prime due tracce di questo nono album (Nella tua luce e Il genio – L’importanza di essere Oscar Wilde) si cela, anticipato, il suo volto, quello di un’Odissea da Terzo Millennio, un viaggio e la sua metafora come conoscenza del vero se stesso. Cos’è la title track se non un’epiclesi omerica, l’invocazione alla dea o alla musa, divenuta qui la donna angelicata di Montale, simbiosi della ninfa Clizia e della Beatrice dantesca? E chi cela il riferimento a Oscar Wilde, se non il Joyce dell’Ulysses, originario di Dublino proprio come l’autore de La ballata del carcere di Reading?

11 tracce che sembrano le tappe di un periplo esistenziale, in cui gli incontri e i personaggi incontrati prendono parte all’autodefinizione conoscitiva dell’homo viator, così come accade nel poema di Omero. In un turbinio di chitarre e nella solita sferzante (o sprezzante?) interpretazione di Godano c’è Wilde, figura abile nel disorientare e confutare con la propria autenticità le falsificazioni del senso comune (ah, se solo avessimo il suo genio!). In un giro di chitarra classica c’è un homeless, il volto tragico della sua vita incalzato in uno sfogo rock che si autoinfligge un mea culpa per quella solidarietà umana solo patita, solo avvertita e non adoperata. In una ballata dolente si rincorrono la fine di Mandel’štam, poeta russo perseguitato e ucciso per il suo dichiarato antistalinismo, e il ricordo della moglie Nadia, custodito e tramandato imprimendo nella memoria i versi eterni delle liriche del marito.

C’è la seduzione esercitata dal logos, piuttosto che da un’estetica sfrontata (Seduzione), c’è la donna infranta o braccata dalle insidie di un neomaschilismo aberrante (Adele), c’è tutto Ulisse e la tentazione della mediocrità odierna, schivata dalla breve consolazione dell’arte e della musica, fino alla nuova ripartenza forse rovinosa alla volta del sé (Su quelle sponde). Ci sono sonorità corrosive, certo, come resistono alcune stilettate vigorose tipiche del loro rock umbratile e stizzoso (Senza rete), ma non c’è sbalordimento.

Manca quel rapimento patico che altrove i Marlene pure hanno saputo procurare, quella presa sanguigna su chi li ascolta e che, senza andare troppo indietro negli anni e voler scomodare altri pezzi storici, ancora stringe e trascina nei migliori episodi di Uno (111, Fantasmi) o di Bianco sporco (A chi succhia, La cognizione del dolore, Nel peggio).

In questo nono album si resta un po’ sospesi nel tentativo di capire dove ci si trova e lievemente dirottati verso un’estraneità che limita un profondo contatto empatico con gli 11 brani, eccezion fatta per Osja, amore mio e per il ritmo impetuoso de Il genio. Paradossalmente, visto che anche i testi hanno perso quell’estrema ricercatezza linguistica che ha raggiunto proprio in Bianco sporco il suo picco massimo, Nella tua luce poteva essere un disco in pieno equilibrio tra ambizioni letterarie, perfettamente soddisfatte e soddisfacenti, e la naturale evoluzione dell’iter sonoro della band cuneese.

Ma forse il vero senso di Nella tua luce è proprio questa sottesa sensazione di trovarsi nel solito luogo che però non è più lo stesso di una volta, quasi a voler dire a chi lo ascolta che qualcosa è finito e qualcos’altro sta cominciando.
Ad ogni modo, bentornati Marlene Kuntz.

NELLA TUA LUCE – MARLENE KUNTZ
(Columbia Records, 2013)

  1. Nella tua luce
  2. Il genio (L’importanza di essere Oscar Wilde)
  3. Catastrofe
  4. Osja, amore mio
  5. Seduzione
  6. Adele
  7. Su quelle sponde
  8. Giacomo eremita
  9. Senza rete
  10. La tua giornata magnifica
  11. Solstizio

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