LIVE+PHOTO REPORT+INTERVISTA: John de Leo + Fabrizio Puglisi @ Casa del Jazz [RM] – 7/2/2014

Live report e intervista di Graziano Giacò

John De Leo e Fabrizio Puglisi sono due ballerini di pittura contemporanea che s’agitano su di un lago di classicismo osando l’attentato al cigno supremo, vessillo di bellezza statica, compromessa da suo specchiarsi nell’infinito delitto di voluttà soffocante. John e Fabrizio stuprano il cigno, s’inseguono e si susseguono nello sfuggir dalla nota barocca, costringono la melodia a uscire fuori di senno, s’abbandonano all’estasi da illuminazione post-Rimbaud e instaurano un teatro dell’assurdo traslando Sarah Kane e il ring di Phaedra’s l(ove), s’amusano in una decostruzione da codice binario senza i binari: la voce (dal verbo “Carmelo Bene”) di John si fa squarcio di luce caravaggesca e il piano preparato di Fabrizio, sintesi calviniana tra l’invisibilità essenziale e la fuga pianistica in sella agli occhi di Marco Polo.

John eleva altissimo il suo maestrale vocale e dispiega la sua vela jazzistica in un caravanserraglio di interpretazioni vocali che trapassano le definizioni e si gettano in contaminazioni attoriali, da kraut cabaret brechtiano con rintocchi umoristici fino a estensioni lunari ove il microfono si piega, inibito, alle volontà dirompenti d’un flusso che sfocia in tinte gutturali, cupe; voce che si fa esperimento lasciandosi cadere da distanze marliche in un compendio di sfumature e tonalità che rimandano a Demetrio Stratos impegnato in diplofonie e flautofonie al teatro dell’Elfo.

Fabrizio scava a fondo sull’orizzonte dei tasti biancoeneri vestiti, cadenzando le sue dita in tocchi ora fragili, ora frenetici, creando atmosfere sospese, scudiero perfetto per l’acrobata John, in perenne disequilibrio tra il soliloquio ai limiti della tempesta di colori in punta di mina e l’abbraccio universale di soffici pennellate (“non sto cercando di dire qualcosa, io sto cercando di fare qualcosa” – Francis Bacon).

In definitiva, l’incontro tra queste due genialità in continua tensione creativa evoca il sublime incrocio d’arti tra Demetrio Stratos e Alberto Radius in To the moon I’m going.

E in orbita ci risvegliamo, alla fine del live eseguito alla Casa del Jazz.

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Photo report di Enrico Ocirne Piccirillo

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