RECENSIONE: Tying Tiffany – Drop

Recensione di Andrea Barbaglia

Ciò che a tutta prima colpisce di questo quinto lavoro in studio per Tying Tiffany è sicuramente l’immagine di copertina, per la prima volta non autoreferenziale e commissionata ad Annita Rivera, graphic designer spagnola più nota col nome d’arte di Plastica. “Le ho raccontato con immagini la mia visione di Drop – racconta Tiffany – un oceano, inteso come spazio infinito, gocce come piccoli pianeti e la connessione con la natura. Annita ha reinterpretato con il suo stile astratto e surreale, ma perfettamente rigoroso, una sorta di mondo parallelo dove il colore non è protagonista, ma lo sono forme, linee e concetti.”

Una chiave di lettura capace di rivelare visivamente in maniera assai evidente, attraverso un equilibrio geometricamente stabile e calmo, un desiderio forse più profondo dell’artista patavina, quasi che la sua volontà attuale sia infatti quella di confondersi nel flusso incessante che regola il mondo, il cosmo, l’universo. Lo stesso Drop è un contenitore capace di fondere senza soluzione di continuità il precedente EP One, rilasciato nel corso del 2013 per il solo mercato statunitense, a una mezza dozzina di nuovi pezzi che ne completassero la visione di universalità, di farsi tutt’uno con il Creato. Un desiderio questo che si riflette pure nei suoni del disco, mai così eterei ed emozionali pur restando nell’ambito dell’elettronica di ricerca.

Forse Drop è realmente il lavoro più personale di Tying Tiffany. È il disco intimo, quello in cui per la prima volta davvero si mette a nudo di fronte al mondo, ma prima ancora di fronte a se stessa, senza specchi o maschere, ma con tutta l’onestà intellettuale di cui un essere umano sa essere capace. Quella stessa onestà che aveva animato la community delle Suicide Girls di cui un’allora intraprendente ragazza dal caschetto nero corvino faceva attivamente parte, ma ulteriormente svuotata da ogni forma di apparente esibizionismo.

Uno step beyond dunque nel proprio cammino, alla ricerca di una bellezza interiore per la quale vale la pena spendere sempre maggiore attenzione. Anche il canto diventa così finalmente mezzo di espressione, spogliato dai ritmi forsennati e ossessivi di frastagliato glitch e break beat mutuati dalla scena rave ed electro punk anni ’90 a cui eravamo stati abituati. È come se dopo aver preso coscienza dell’oscurità oggi ci si interrogasse sull’essenza della vita umana, sull’unicità e sulla consapevolezza di ciascun essere vivente, nella sua solitudine (A lone boy) e nel suo vivere senza apparenti vie di fuga (l’Aphex Twin ovattato e meccanicamente attivo di No way out).

Meno rumore e più attenzione alle dinamiche, marziali, geometriche come si diceva all’inizio, ma anche naturali e fluttuanti: in Deep blue river c’è addirittura un sample del canto delle balene che è per definizione un canto celeste seppure marino, insondabile, ma emozionante e funzionale. È il richiamo a quella Pangea cosmica espressa anche dal lavoro di Plastica; è la volontà di una musicista di rimettersi in discussione attraverso forti spinte motivazionali capaci di abbracciare quello spazio infinito che è innanzitutto dentro noi, fino a dissolversi in un oceano di silenzio. Alla ricerca della pace. E il naufragar – una volta ancora – m’è dolce in questo mare…

DROP – TYING TIFFANY
(Trisol, 2014)

  1. One place
  2. Spin around
  3. A lone boy
  4. One second
  5. Neon paradise
  6. One girl
  7. Deep blue river
  8. No way out
  9. One end
  10. Dissolve

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