SPECIALE LIVE: Angelo Mai @ Parco San Sebastiano [RM] – 06/4/2014

In una domenica di Aprile che spalanca le porte della primavera romana, migliaia di persone si ritrovano nel Parco di San Sebastiano, alle spalle di un Angelo Mai blindato e presidiato dalla polizia. Per chi negli anni ha fatto di quel posto una casa, un luogo di ritrovo, uno spazio di attività artistica autogestita e, anche più semplicemente, un luogo dove ascoltare concerti e vedere spettacoli teatrali, arriva quella brutta sensazione di essere stati privati di qualcosa di indispensabile. Ma basta varcare l’ingresso del parco e scorgere il fiume di persone che già nel primo pomeriggio ha raggiunto il parco per assistere al concerto organizzato in pochissimi giorni dal collettivo Angelo Mai e da molti artisti che lo sostengono, per capire che quello spazio, in qualche modo, sarà necessariamente riaperto.

Ed è così che inizia il concerto, aperto da un energico Piero Pelù, che ha visto alternarsi sul palco diverse facce note per chi frequenta l’Angelo Mai: L’Orchestraccia, Ope­raja Cri­mi­nale, Tom­maso Di Giulio, Le Naphta Nar­cisse, un emozionato Roberto Ange­lini che ha ricordato i tempi dello sgombero da Rione Monti e la rinascita del collettivo nello spazio oggi sgomberato di Via delle Terme di Caracalla, Ric­cardo Sini­gal­lia, Lorenzo Corti, un determinato e più che mai combattivo Pino Marino, Leo Pari, Enrico De Fabri­tiis, Epo, Gnut, San­dro Joyeux, Max Pas­sante, Simone Pru­den­zano, Milo Sca­glioni, Luca Tilli, Gio­vanni Truppi, The Niro, Dio­dato, Roberto Dellera, Afterhours, Pierpaolo Capovilla, Lumi­nal. Una partecipazione al di sopra delle attese, un intero parco invaso da ragazzi, bambini, adulti. Una sorta di concerto del Primo Maggio anticipato, come qualcuno lo ha già definito.

Photo report di Luca Carlino (altri suoi photo report qui)

Tutto questo è accaduto perché lo scorso 19 Marzo la città di Roma si è svegliata sotto una nuova buia luce che ha privato la città di qualcosa di molto prezioso. L’Angelo Mai – spazio autogestito con alle spalle circa 10 anni di attività e già uno sgombero dal primo spazio occupato, sede della storica scuola Angelo Mai al centro del rione Monti, tutt’ora in disuso e in stato di avanzata decadenza – subisce ancora un nuovo colpo e viene sottoposto a sequestro preventivo ossia ne viene negata la possibilità di eseguire le normali attività di produzione artistica, ossia ne viene negata la possibilità di far esibire gli artisti, ossia viene negato lo svolgimento dei concerti, spettacoli teatrali e attività ludico/formative per bambini e per adulti.

La Questura si è mossa su disposizione del Tribunale di Roma, per un’inchiesta condotta dalla Digos e coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma. L’obiettivo: tracciare i contorni di un “sodalizio criminale, responsabile di invasione di edifici ed estorsioni, queste ultime in danno degli occupanti con riferimento al pagamento di somme di danaro”. Sugli esiti delle indagini non possiamo certo esprimerci ma le accuse che pendono sulle teste degli occupanti non solo sono gravi e pesantissime – associazione a delinquere finalizzata a estorsione, esercizio ricettivo abusivo, violenza, minaccia al furto di energia elettrica – ma hanno l’effetto a catena immediato di colpire anche una fetta importante di persone che in quello spazio, dedito in primis alla produzione artistica, si sono riconosciuti in attività socio-culturali che è raro trovare altrove, in una Roma che appare ormai addormentata e che può trovare linfa vitale laddove attivisti criminali decidono di salvare degli spazi importanti, altrimenti destinati a supermercati (vedi Teatro Valle Occupato), ad abusivismi della più moderna concezione di civiltà (vedi Cinema Palazzo etc.) o in alcuni casi all’abbandono.

Senza nulla togliere ai locali – rari e coraggiosi – dove si fa musica live ma che hanno un approccio diverso da quello del collettivo Angelo Mai, crediamo che definire criminale l’azione di produzione, promozione e divulgazione artistica che si realizza all’interno dell’Angelo Mai sia quantomeno eccessivo e poco rappresentativo della realtà vera. E se anche dovessero esserci dei buchi di natura amministrativa (licenze, norme di sicurezza, gestione finanziaria etc.), forse è il caso di adeguarli a nuove forme di attenzione verso l’arte che passano per l’autogestione e per la produzione indipendente e che lo Stato, e nella fattispecie la città di Roma, non è in grado di sostenere né tutelare.

Noi ci auguriamo che questa triste e complessa storia possa avere un finale dignitoso che restituisca non solo una preziosa e indispensabile perla alla città di Roma e agli artisti che di quel posto ne hanno fatto crocevia di cultura e cooperazione artistica, ma che possa resettare la visione di arte indipendente in modo radicale, esemplare e nuovo per amministratori ormai troppo abituati a salotti e stanze buie, a interpretazioni stantie della cultura e a vecchi modelli di gestione che con molta probabilità sono destinati a fallire se non adeguati a bisogni ed urgenze comuni.

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