LIVE REPORT: Chick Corea @ Auditorium Parco della Musica [RM] – 10/5/2014

Live report di Skanderbeg

Luci soffuse, atmosfere da mille e una notte. Le coppiette che si amano e si cercano nel buio, le note del pianoforte che scendono sulla sala dolcemente. STOP! Se state pensando che il concerto solista di Chick Corea – di sabato 10 maggio alla sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica – sia cominciato così… allora siamo sulla strada sbagliata. Niente buio in sala, niente clima da “la star sono io e voi non sete un cazzo” che mette distacco tra il pianista e il suo pubblico.

Chick, con abbigliamento alla Nino D’Angelo (“nu jins e ‘na maglietta”) si siede sul piano, gioca e scherza con il pubblico, ci coinvolge immediatamente nelle sue fantasie e nei suoi discorsi. In sala lo conosciamo e lo adoriamo, sappiamo qual è il suo atteggiamento verso la musica, la sua passione e la sua allegria; ma in pochi onestamente ci aspettavamo di vedere un “ragazzo” di 73 anni, leggenda vivente del piano, farci sentire quasi come invitati nella sua stanzetta ad ascoltare mitiche composizioni degli anni passati e vecchi brani generati dalla sua mente onnicomprensiva.

Non poteva andare altrimenti. A differenza di 3/4 dei pianisti jazzisti – per carità, altrettanto eccezionali – a Corea non importa autoincensarsi. In sala non riecheggiano le note dei suoi cavalli di battaglia, non troviamo traccia dei pezzi che il pubblico italiano si aspetterebbe di ascoltare, come Spain e Sicily (suonate entrambe con Pino Daniele). Chick ripercorre in chiave moderna la storia del pianoforte. La sua versione di Desafinado, uno dei capisaldi della bossanova di Jobim, ci sbatte in Brasile per poi ritornare in men che non si dica alla Big Band di Duke Ellington e ai colori e ai suoni distanti e un po’ tristi di Bill Evans. A chiudere la prima parte un tormentone di Stevie Wonder, un notturno di Chopin e finalmente la fantastica Mozart goes dancing.

Venti minuti di pausa e si riparte. Il pubblico scalpita, c’è chi pensa ad alta voce: “be’, adesso farà i suoi pezzi più importanti. Mi piacerebbe sentire qualcosa della Elektric Band,” mentre un altro risponde: “no, aspettiamoci qualcosa di spagnolo…” Corea riaccompagna “gli ospiti” a sedersi con Blue Monk di Thelonius Monk e quindi, con trasporto e passione, ci spiega la genesi di The Yellow Nimbus, brano suonato in Touchstone, del 1982, in coppia con Paco de Lucia e dedicata proprio al chitarrista andaluso dopo la sua recente scomparsa.

Sembra il punto più alto della serata… ma non lo è! Chick Corea, come se si trovasse in uno dei peggiori night di New York, invita il pubblico a una jam session. C’è chi non se lo fa dire due volte: Shin, un ventenne giapponese con il visto rubicondo, sale sul palco e instaura un feeling e una carica immediata con il nostro pianista. È l’apoteosi! Siamo estasiati e divertiti; Shin, bravissimo, va via in brodo di giuggiole. Chiudiamo la serata con Children’s songs, e mentre noi, cantanti improvvisati in platea, eseguiamo versi strani, Chick, contento come un bambino, ci guida verso la gioia.

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