RECENSIONE: The Zen Circus – Canzoni contro la natura

Recensione di Francesca Amodio

Canzoni contro la natura (La Tempesta Dischi) senza dubbio schizza almeno nella top-ten dei dischi che hanno contribuito a rendere questo 2014 musicalmente fecondo. Si dice sia il risultato di un anno sabbatico della band, laddove “anno sabbatico” va inteso come un periodo di puro otium latino, che tra i suoi frutti ha dato nientemeno che Il Testamento, primo lavoro solista del carismatico e ingegnoso frontman Andrea Appino: lavoro che senza tanti giri di parole sarà qui definito “un gran bel disco”, perché a volte la bellezza non va spiegata.

Mentre si ascolta l’album, più che in un circo zen sembra di camminare nella confusione ordinata di un mercato di provincia, uno di quei bellissimi mercati veraci in cui ci si perde in mille colori e odori, dove trovi di tutto un po’. Proprio come in questo disco: dal banco dell’ironia sottile a quello dei ricordi perduti, dal banco della rabbia per nulla velata a quello – a volte – della rassegnazione. Il bello di tutto ciò è che siamo lontani anni luce dalla band indie-fighetta che da chissà quale pulpito fa la predica al mondo: al contrario siamo di fronte a un Appino che, come un moderno Dante, si colloca inter pares, raccontando con pungente ironia il fatto che siamo tutti vittime e carnefici del declino di “questi cazzo di anni zero”, come direbbe elettricamente il suo collega Vasco Brondi.

Ogni commento sulla parte musicale diventa quasi pleonastico, visto che i signori Massimiliano Schiavelli, aka Ufo, (basso) e Karim Qqru (batteria), a cui si unisce naturalmente la chitarra di Appino, rientrano nella categoria di quelli a cui far rock riesce facile come facile riuscì il cerchio a Giotto. Distorsioni, bassismi e chitarrismi sonici e percussioni trainanti danno vita al punk-rock di altissima qualità e godibilità che da sempre caratterizza gli Zen Circus, e che mai sfocia nello sterile assordare. A volte i tre moschettieri punk si calmano, come in Viva, traccia che inaugura il disco e nella quale perdoniamo l’intro à la Blink 182, se è il prezzo da pagare per approdare a un testo genialmente sarcastico – manifesto di quello status inter pares di cui sopra (“e gli altri siamo noi, e gli altri siamo tutti, e proprio questo mi spaventa, siamo diventati brutti”) – e a un refrain caratterizzato dalla solita akmé zencircusiana.

Sempre spiccatamente pungenti e satirici nella simil-filastrocca in note Postumia (“e certe notti qui si fa un po’ di cagnara, cantava quello che da Mario non ci lavorava”), il brano ha in realtà il suono di una risata amara quando si conclude dicendo “sai cosa me ne frega dell’Europa unita, del 740, la differenziata, alzate l’IMU, tanto io non avrò mai una casa, neanche trent’anni, e come tutti quanti il futuro me lo bevo per non pensarci […] Nonno, è questo il futuro che sognavi te?”

Sferzate di chitarra elettrica introducono la title-track Canzone contro la natura, brano che contiene uno dei ritornelli più contrastanti e riusciti dell’intero disco e vede tra l’altro il geniale e roco cameo del poeta Ungaretti, quando con Pasolini parlava del fatto che “tutti gli uomini sono, in un certo senso, in contrasto con la natura.” Assistiamo a un Appino in veste di piacevole cantastorie rock quando racconta la storia di quello che chiamavano Dalì, brano anche questo dotato di un bellissimo e fuorviante ritornello e di una musicalità quasi onirica. Spietata come quasi tutte le altre anche la penultima traccia, dal non rassicurante titolo No way, in cui il bel toscano afferma che “forse è esagerato, forse è troppo agitato,” ma prontamente un coro gli risponde che “è meglio così,” come a dire che indignarsi è già qualcosa (e ironicamente si indigna pure il solito, adorabile, irriverente Giorgio Canali – altro cameo del disco – quando alla fine del brano afferma che quest’ultimo fa cagare).

L’album si conclude con atmosfere suggestive da saloon abbandonato nella malinconica Sestri Levante. Intenso, arrabbiato, a tratti cinematografico e con un frontman sempre più credibile, anche quest’anno gli Zen Circus passano senza debiti.

CANZONI CONTRO LA NATURA – THE ZEN CIRCUS
(La Tempesta Dischi, 2014)

  1. Viva
  2. Postumia
  3. Canzone contro la natura
  4. Vai vai vai!
  5. Albero di tiglio
  6. L’anarchico e il generale
  7. Mi son ritrovato vivo
  8. Dalì
  9. No Way
  10. Sestri Levante

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