INTERVISTE: BÉBÉ DONGE – FIAMMETTA JAHIER

di Clara Todaro

Quando sono venuta a conoscenza dei Bébé Donge e del loro primo album – in uscita il prossimo 25 febbraio – non ho potuto fare a meno di chiedermi chi fosse “Bébé Donge”… Da allora mi si è aperto un nuovo piccolo mondo, popolato dai personaggi di Simenon, fatto di fumetti e storie noir. La cantante del gruppo, Fiammetta Jahier, poi incuriosisce da subito. Nome a parte, sembra una donna risoluta e forte. L’abbiamo intervistata per voi…

“Le verità di Bébé Donge”. Sveliamo subito il mistero… Perché avete scelto proprio questo nome anche per la band?
Un paio di anni fa abbiamo scelto di realizzare questo concept, rimettendo le mani su un romanzo minore di Georges Simenon, “La verità su Bébé Donge” per l’appunto. Probabilmente siamo stati attratti dal forte tasso di sana follia del personaggio principale, dalla sua immensa femminilità, ma anche dalla sua grande umanità e dalla sua lucida irrazionalità. La trama vuole che Bébé Donge tenti invano di uccidere suo marito avvelenandolo. Credo che sia stata la centralità del personaggio femminile in questo romanzo per noi la chiave di interesse. Ci è sembrato semplicemente perfetto per il nostro modo di scrivere e di pensare. Da qui il nome della band, del progetto che poi, nel tempo, è diventato un collettivo di artisti. Bébé Donge ha un’anima fortemente femminile, delicata, maliziosa e misteriosa.

Quali sono, se ci sono, i gruppi ai quali si ispira la band o che incontrano le vostre preferenze musicali?
Ascoltiamo di tutto. Siamo fruitori onnivori. Ciò che ci ha unito è però la passione per un certo tipo di beat degli anni ’60, per la canzone italiana, per il surf e le colonne sonore, soprattutto francesi, di quegli anni.

Il vostro concept album prende spunto dal personaggio di Simenon, sul quale poi è stato realizzato anche un film. La vostra versione è più vicina a quella cinematografica o resta fedele all’originale letterario? Insomma, chi è per voi Bébé Donge?
Nessuna delle due a dire il vero… (ride – n.d.r.) Abbiamo fatto un’operazione degna di uno sceneggiatore cinematografico. Siamo partiti dal romanzo, ma abbiamo cambiato il punto di vista. Infatti se nel romanzo accade che Bébé Donge praticamente non parli mai – i narratori sono il marito sopravvissuto e l’avvocato – noi abbiamo dato voce alla protagonista cercando di andare a fondo nella psicologia del personaggio.

Sembra quindi che i vostri testi avranno il punto di vista di Bébé Donge; potremmo dire che un orientamento di genere in tal senso è molto… femminista?!
Femminista è un’ideologia che può avere dei punti di contatto con il taglio che abbiamo voluto dare al concept. Tuttavia, forse è anche troppo connotata a un certo periodo storico. Abbiamo cercato di dare un taglio umano al personaggio. Io direi… semplicemente femminile.

Già il singolo “Il matrimonio” racconta, proprio attraverso questa istituzione, i cambiamenti sociali per la donna nell’ultimo secolo…
Sì, scriverne nel 2015 per noi è una sorta di gioco sull’evoluzione dei costumi sociali dell’ultimo secolo che, in effetti, sono stati incredibili. Mai nella storia tante cose erano cambiate tutte assieme. Tuttavia si trovano ancora situazioni in cui la donna subisce decisioni sociali in modo forte. In fondo, il nostro è un grido per la libertà di scelta.

Sei la frontgirl del gruppo perciò devo chiederti: quali sentimenti della donna Bébé Donge senti più vicini?
L’essere donna?! Ma più dell’appartenenza di genere (le mie scelte di vita e le sue sono molto distanti) credo onestamente che il punto nodale di questa storia sia l’umanità drammatica che la pervade. Credo che in molti possano riconoscersi nel dolore di chi, come Bébé, viene tradito. Credo che in tanti si siano trovati a dover rispettare dei dictat sociali mascherando il proprio disagio…

Il personaggio di Bébé Donge è stato partorito da Simenon un bel po’ di anni fa, perché secondo voi è ancora tanto attuale?
Ci sono dinamiche che nel rapporto uomo-donna (e in qualunque rapporto di amore fra due persone) sono addormentate. Sembrano cambiare a volte troppo lentamente o non cambiare affatto.

Recentemente avete partecipato al Noir Film Festival che si è tenuto a Courmayer… Vi piacerebbe un percorso artistico in stile Goblin, magari solo meno “cupo”?
Moltissimo.

Nel vostro progetto, tra l’altro, c’è grande cura anche per la parte grafica. Da dove è nata l’idea di accompagnare all’album il fumetto?
Le idee di musica e fumetto sono nate in parallelo. Volevamo fare un progetto ampio in cui musica e fumetto funzionassero da stimolo l’uno per l’altra.

Le vostre performance saranno anche intercalate con reading letterari. Ne emerge dunque un bel lavoro di sinergia tra linguaggi diversi. Quanto è difficile, o facile, far dialogare tra loro più discipline artistiche?
Non sarà proprio un reading. Diciamo che siamo andati oltre, per il live stiamo finendo di lavorare su di un mockumentary in cui diversi personaggi presenti nel romanzo di Simenon raccontano le loro sensazioni sul caso Bébé Donge.
È davvero difficile: non tanto il dialogo tra le varie forme d’arte, quanto l’organizzazione e la sinergia. Quando si fanno cose completamente nuove e non ci sono tracciati, si va per tentativi. Ed è quello che stiamo facendo. Stiamo provando a mettere insieme tante teste, tanti artisti. E questo è bellissimo!

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