LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: LUSH RIMBAUD

di Gianluca Clerici

Marchigiani e non lo sembrano affatto. E noi non lo diciamo a nessuno. Dietro la maschera di quei comuni mortali di provincia si nascondono sperimentatori del suono digitale e non. Il nuovo disco dei Lush Rimbaud si intitola “L/R” e attinge copiosamente dalla scena psichedelica e progressiva inglese e americana, dagli anni ’70 ad oggi. In rete il video “Marmite” che decanta a pieno ogni sfumatura (o quasi) della loro nuova produzione. Sediamo a tavolino con loro per sapere il loro punto di vista su questo mestiere, parliamo di musica e di verità, condanniamo quel che c’è da condannare e rendiamo gloria a chi, dal basso sempre, cerca di risollevare le sorti andate a male. L’intervista standard con i LUSH RIMBAUD. 

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Sicuramente fare musica per se stessi permette all’artista di esprimersi liberamente, senza dover sottostare alle mode del momento. Sarebbe comunque fantastico fare quello che si vuole e venir comunque apprezzato dal grande pubblico. D’altra parte noi andiamo avanti per la nostra strada come del resto abbiamo sempre fatto, poi vedremo tra qualche anno dove ci porterà questa nostra scelta.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Come diceva Bugo “C’è crisi dappertutto”. A parte gli scherzi, non vogliamo incolpare nessuno, siamo in un’era di transizione e la cultura lentamente si sta adattando al mondo attuale, in continua evoluzione. Noi non la vediamo come un fatto particolarmente negativo, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Del resto a noi piace ancora pubblicare in vinile, che sembra sopravvivere, nonostante tutto, imperterrito alle mode e alle varie crisi. O forse è soltanto ritornato di moda.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure cerca in qualche modo di educarlo? In altre parole, secondo la vostra esperienza, viene dato al pubblico quel che vuole o quel che deve sapere?
Siamo bombardati quotidianamente da informazioni in quest’era digitale. Riteniamo che sta al singolo selezionare le informazioni, valutarne la veridicità, trarne le soggettive conclusioni.

La vostra musica, così visionaria e lontana dagli standard (almeno commerciali di questo paese). Si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso?
Non ci siamo mai arresi al mercato e alle facili mode del momento. Noi cerchiamo sempre di fare ciò che ci piace e ci stimola di più, chiaro che se poi riusciamo a far arrivare la nostra musica ad un pubblico più ampio possibile, sia italiano che internazionale, ne siamo molto contenti. Non a caso cantiamo nella lingua più comune al mondo occidentale. Italia a parte..

Da artisti ormai in scena da qualche anno. La vera grande difficoltà di questo mestiere?
Partiamo dal presupposto che quello che facciamo non è un mestiere ma una grande passione. E, anche nel caso in cui riuscissimo a campare di musica, cosa particolarmente difficile, per noi continuerebbe ad essere una passione. La parola “mestiere” sottintende routine, noia, mentre l’arte musicale è istinto, voglia di uscire dagli schemi prestabiliti, voglia di evasione dalla realtà che ci circonda. Quindi diremmo che la vera difficoltà è trovare costantemente nuovi stimoli, non replicarsi, evolversi costantemente e non perdere l’entusiasmo per quello che facciamo.

E se aveste modo di risolvere questo problema, pensiate che basti? Nel vostro caso specifico?
Se i Lush Rimbaud continuano a solcare i palchi e a produrre dischi dopo oltre 15 anni, lo si deve sicuramente alla grande passione per la musica che ci accomuna, unita a un’amicizia che ci lega ormai da più di 20 anni. Siamo cresciuti insieme, nutrendoci di concerti, di serate a ballare i più svariati dj-set, di dischi scambiati, di ore e ore passate a comporre. Tutto questo partendo dal presupposto che quel che facciamo ci diverte. La soluzione, quindi – se mai possa esistere – è coniugare la voglia di divertirsi con la consapevolezza che fare buona musica richiede anche tanto tempo, dedizione e sacrificio.

Finito il concerto dei LUSH RIMBAUD: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Assolutamente Hallogallo dei Neu!.

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