LIVE+VIDEO+PHOTO REPORT: THE MONKEY WEATHER @ LOGGIA DEL LEOPARDO [VB] – 23/01/16

Photo & Video Report di Noemi Teti
Live Report di Francesca Vantaggiato

Sul pianeta delle scimmie.

La Loggia del Leopardo è un saloon wester del secondo millennio: un piazzale desolato, a ridosso di un’anonima rotonda, di fronte ad un motel con l’insegna al neon azzurro. Pozzanghere che minano il suolo fangoso dove è d’obbligo sgommare parcheggiando. Una scala antincendio. In cima, PAul Deckard che fuma e si arrovella per l’ansia da palcoscenico (beh, voi come vi sentireste a presentare per la prima volta il vostro terzo disco in uscita?). Poi apri la porta e ti ritrovi in un mini tunnel dove, dopo un secondo di buio, ti accorgi di essere sotto delle luci ultraviolette sparate a mille (terribili se non ti lavi i capelli da una settimana e se indossi il solito maglione pieno di pelucchi). Varchi un’altra porta e ti ritrovi Jolly Hooker che ti offre un Monkey Weather di benvenuto (shot di vodka e tabasco). Intorno, tanta gente che gozzoviglia e chiacchiera. Divanetti e poster sui muri, tende rosse e nere, locandine della Strummer Calling. Atmosfera eccitante insomma. Mi prendo una birretta e mi confondo con la folla. Dopo poco, ecco entrare Miki The Rooster vestito di tutto punto che ci viene incontro urlando. I The Monkey Weather ora sono al completo.

Per essere presenti a questa serata in onore del nuovo disco New Frontiers (in uscita il 29/01 per Ammonia Records), io e Noemi ci siamo sparate 130 Km all’andata e altrettanti al ritorno, ma DOVEVAMO ESSERCI. Oltre al fatto che noi di Just Kids li abbiamo seguiti, ascoltati, intervistati e fotografati più volte (vedi qui e qui), era proprio necessario vederli presentare New Frontiers nella loro tana, per testarne l’impatto in un ambiente amico – se così possiamo dire. Beh, il concerto è stato una BOMBA dall’inizio alla fine. I The Monkey Weather sono partiti in quarta, hanno tenuto botta restando sempre a mille e chiudendo alla grande. Nessuna esitazione, nessun calo di pathos, solo un continuum di energia totalmente coinvolgente.

Hanno esordito con Another horizon, parandosi di fronte al pubblico con occhiali da sole e vestito bianco, sparando un festone che ha ricoperto la sala di coriandoli e dando inizio alla festa. Ottima scelta per iniziare, perché il brano è potente, batte cassa, ha un ritornello che ti s’incastra nel cervello e non ti lascia più e ti fa ballare senza freni, caricandoti di energia positiva (keep follow your dream!). Il resto della serata è stato un andirivieni tra pezzi nuovi e vecchi, presi da Apple Meaning (come People watch me) e The Hodja’s hook (Let’s stay up tonight, I hate you, Sleeping town). I’m so sorry è il brano che hanno scelto come singolo, una canzone per tutti coloro che hanno sbagliato e continuano a farlo cercando di vivere e inseguendo l’amore. Strani effetti di chitarra e voce bassissima di Paul accompagnata da coretti in acuto. Bella. October ’85, Sandy Vagina (si, avete capito bene, dice proprio VAGINA e hanno appena girato il video tra le vette del Lusapark Domobianca), New World continuano a caricare il pubblico: sono canzoni danzerecce in cui la batteria di Miki the Rooster è instancabile e ti dà il tempo per pestare forte i piedi, mentre l’alternanza delle voci di Paul e Jolly (la prima bassa e ruvida, la seconda più stridente e strafottente) ti trascina a destra e sinistra, in alto e in basso in un turbine decisamente divertente.

L’apice arriva con Police on my back, con cui i The Monkey Weather dichiarano inevitabilmente una loro appartenenza non solo musicale quanto politica: contro le guerre, contro il fascismo e contro il razzismo di ogni genere. Inutile svelare la mia felicità ed emozione nel sentir suonare una delle canzoni più toste di quella che è stata la band a cui devo tutto quello che sono! Sul palco sale Luca “Il Metius” Mattioli (vedi The Midnight Kings) ed è subito caos: i quattro sul palco si scatenano, quelli sotto al palco impazziscono; tutti saltiamo e cantiamo come se fossimo davvero inseguiti dalla polizia e la nostra unica salvezza fosse gridare ancora più forte. Che adrenalina, ragazzi. Che emozione. Che infarto sfiorato!

Dopo ben due stage diving di Miki e Paul, ci si avvia alla conclusione di questo concerto pazzoide. Si chiude con Tomorrow, canzone di speranza e amore, che Jolly dedica ad una bellissima ragazza sotto al palco (vale a dire sua moglie Marica, nonché fautrice del dj set post serata). Una chiusura con tanto di canto a cappella e battiti di mani all’unisono tra band e pubblico. Una di quelle chiusure che quando la vedi fare ai grandi concerti, quelli da migliaia di persone, ti sembra una furbata del tutto fasulla pensata giusto per strappare qualche lacrimuccia. Ma lì, in quel piccolo locale della Loggia in mezzo ad amici, colleghi e qualche sconosciuto, è stata una manifestazione di affetto vero da parte loro e un gesto di condivisione sincera da parte de pubblico, un modo per partecipare almeno simbolicamente alla loro musica e alla loro vita di band e di singoli individui.

Mi è sembrato di essere in famiglia, circondata da gente che conoscevo senza manco averli mai visti, come fossimo amici da tempo. Una di quelle situazioni di presa bene generalizzata, dove tutti intorno a te si divertono, ballano, si scatenano senza mostrare ansia o vergogna. Una situazione determinata dalla musica dei The Monkey Weather, dalla loro energia e presenza scenica. Il ritmo dell’intera serata, la loro performance sul palco, l’estasi del dance floor sono stati memorabili. Dopo tanti concerti milanesi in cui la gente sembra non divertirsi a prescindere, questa è stata una boccata di ossigeno, una pera di emozioni sparata endovena. È vero, dovevamo vedere i The Monkey Weather nel loro habitat naturale, nella loro giungla. Quei 260 Km ne sono valsi davvero la pena.

Nota (reminescenze alcoliche): la serata si è conclusa solo alle 6.30 circa di mattina, dopo ore passate nel backstage con una ventina di persone di cui almeno ¾ erano musicisti. Ovunque mi girassi trovavo una band (tra le quali Hobos///, P-flash, Charlie’s Stripe per dirne giusto tre), e ciò significa che a Domodossola c’è un covo in cui si crea musica no stop, una vera setta culturale, un’officina aperta 24/24h! Forse perché si cibano di quei panini con wurstel e cipolle che ho assaggiato all’alba prima di andare a morire nel MOTEL?

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