LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: NEW TELLA

di Gianluca Clerici

La bellezza d’essere realmente di quella razza. La bellezza di essere davvero se stessi, in barba alle discriminazioni o alle etichette. Ovviamente niente di sociale e di politico ma la mia è solo un’accezione “banalmente” artistica. Perchè, dei New Tella, se c’è qualcosa che colpisce è proprio quel sapore fortemente americano che non puoi non riconoscere e goderne a pieno. Non a caso, di questo gruppo genovese, il leader proviene da una Boston ormai non troppo lontana. E suona e gira il disco che sembra provenire dagli anfratti sconosciuti alle nuovissime generazioni, quando noi vecchi consumavamo i Beatles e i Beach Boys come fossero caramelle e nell’aria pescavamo ovunque liriche di Simone & Garfunkel mantecando il tutto, sempre e comunque, con del Leonard Cohen senza alcuna misura. I New Tella sono giovanissimi. Ecco il loro punto di vista alle domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Si parte sempre facendo musica per se stessi, poi ad un certo momento viene fuori la pulsione di far conoscere alle altre persone quello che si ha creato. Il punto è che quando uno si rende conto che la musica che ha creato è se stesso, allora si può aspirare che sia un lavoro. Crediamo che composizione e registrazione sia molto vicino a forme di lavoro manuali dell’artigianato: il tuo prodotto rappresenta te come persona, la tua filosofia, serietà, amore o superficialità. Però bisogna ricordare che è solo dal momento in cui si ha un pubblico, che fruisce della tua musica, che diventa realmente un lavoro

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Crediamo sia normale parlare di crisi del disco, in quanto cambiando le tecnologie, sono cambiati i meccanismi di fruizione della musica. Si sta perdendo quindi anche il concetto di disco come concept musicale e si sta tornando a concentrarsi su singoli, ma soprattutto il music video. Probabilmente il disco non morirà del tutto, ma verrà tenuto in vita da quei mercati musicali in cui gli album sono richiesti (il modo del metal, del jazz, anche la musica classica); di sicuro, non avrà la stesa importanza di vent’anni fa. Forse, non c’è un colpevole, ma è solo il mondo che cambia. Le colpe possono risiedere nella scelta degli artisti da promuovere, o che modello farli propagare. Per quanto riguarda la crisi culturale, bisogna guardare al fatto che la società non cerca più idee e valori nella musica, che da sempre si è fatta portatrice di questi ultimi, non riesce a comunicarli o non li comunica. Il pubblico spesso è troppo distratto dalla eccessiva quantità d’informazione a cui viene sottoposto, la musica cade in secondo piano. Money makes the world go round.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Tutti e due, ma dipende dalla fonte di quell’informazione. Ad oggi, ci sono tanti modi di informare che influenzano il pubblico, educare, portare idee, ma anche confondere o distrarre. A nostro avviso ce n’è troppa in generale, affoghiamo nell’infoglut.

La vostra musica, un rock di grande scuola anni ‘70. Si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
La musica è uno strumento per comunicare qualcosa, quindi avrà senso finchè ci sarà qualcuno che vuole ascoltarla. Il Rock non è morto, è cambiato, ha più “competizione”: la nostra musica può avere un senso dove può essere ascoltata e apprezzata.

Voi che avete ormai carriere lunghe ed affermate. La vera grande difficoltà di questo mestiere?
In questo momento la più grande è il fatto che si hanno poche occasioni per poter far ascoltare liberamente la propria musica ed estendere il proprio pubblico. Non si ha più una chiara via per decollare, e tutti vogliono qualcosa in cambio subito. La differenza è che in passato si era disposti ad investire anche solo poco per vedere cosa potesse accadere, si sapeva rischiare.

E se aveste modo di risolvere questo problema, pensiate che basti? Nel vostro caso specifico?
Potrebbe bastare, come no. Sarebbe un ottimo punto di partenza.

Finito il concerto dei NEW TELLA: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Senza dubbio “Come Together” dei Beatles.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *