LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ALESSIA RAMUSINO

di Gianluca Clerici

Sospensione e riflessione. Alla ricerca di se attraverso un pop di inevitabile romanticismo e internazionalità. Ci porta in America e poi ci fa fare il giro del mondo. Con questo lavoro dal titolo “An incurable romantic” Alessia Ramusino diventa dama elegante e pensiero stabile, diventa polvere di industria e antico profumo di tradizione. Un disco che ad un certo punto non stupisce neanche quando si macchia di Africa e percussioni. Prima di mettermi in viaggio cerco di capire il suo punto di vista. Le interviste di Just Kids Sosciety:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Mi viene da dire che “Fare musica” è già un’attività quindi un lavoro. Di contro, la musica per sé stessi è l’essere sensibili, sentimentali, emotivi cronici, è avere l’animo e l’afflato di un vero artista indipendentemente dalla forma espressiva che sceglie per esprimerlo. Chi “punta il dito” come dici tu, ha un obiettivo, uno scopo, una meta, è già chi vuole ottenere un risultato per cui, dice al mondo intero che fa musica per sé stesso per fare il “purista”, poi si mette a tavolino studiando il pezzo che possa fare successo! Chi al contrario la musica ce l’ha dentro, la vive.
Il confine è il palcoscenico.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Al pubblico, al mercato, alle radio, ai magazine e ancora ai produttori, alle case discografiche, alla televisione, alla scuola, alla chiesa, alla famiglia. La colpa, se di colpa si tratta, è la società in cui viviamo. Tutti siamo colpevoli nella mancanza di educazione all’ascolto. La massa è portata e condotta verso un gusto massificato e globalizzato, che fa parte ormai dei nostri tempi, non solo nel settore musicale… l’orrore che in ogni città del mondo ci siano le stesse vetrine, le stesse marche, è sotto l’occhio di tutti come l’instancabile zapping tra i canali televisivi di diversi paesi che immancabilmente si ferma su uno degli innumerevoli sterili format a stampo. Crisi? Sì ma di sistema.

Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Quella che viene fatta non è informazione ma manipolazione. Il consumismo spinge, spinge e condiziona con messaggi più o meno subliminali i meccanismi di acquisto; acquisto inteso non solo come il comprare beni, prodotti o servizi ma anche ideologie, pensieri e religioni … come fai a non comprare almeno un po’ di buddismo al giorno…?!

Alessia Ramusino ci conduce in una ambiente internazionale, etnico e a tratti surreale di poesia e paesaggi. Si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Se la musica vuoi far al mercato devi andar! Mi viene da risponderti quasi ‘proverbiando’… La musica è una forma di comunicazione, di espressione, pertanto il suo compimento sta nella condivisione. Sta a chi comunica trovare il modo migliore per farlo e per far arrivare il proprio messaggio… Esiste quindi solo un senso che dà senso alla musica… donarla agli altri.

Sfogati pure come vuoi: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
È trovare conforto, supporto, sostegno incondizionato. L’artista ha bisogno di mecenati e non di mercenari.

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti? Nel tuo caso specifico?
In molti ultimamente sono dediti, appassionati divulgatori di comandamenti, dictat, formule, consigli e segreti per ottenere successo, attirando orde di proseliti che si torturano di illusioni.
Per me, incurabile romantica, il successo della propria musica resta ancora una formula magica…

Finito il concerto di Alessia Ramusino: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Il mio prossimo singolo: A Perfect Life.

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