LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: FBZ

di Gianluca Clerici

Si chiama Fabrizio Tundo. Da solo o con una band si fa chiamare FBZ. Mi è stato recapito con l’urgenza di chi non deve perdere qualcosa, qualcuno, passaggi, stornelli e modi di dire, allegorie e buon sentore d’autore. In ogni caso ho raccolto la provocazione e ho lasciato che sia tutto mio il tempo da dedicare a questo artista, giunto al terzo disco, esordio per me che pecco di ignoranza. Si intitola “Amore Guerra”. Eccovi le sue impressioni alle consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Credo che non ci sia una chiara linea di confine tra le due cose perchè nascono insieme nell’artista. Durante il concepimento dell’opera c’è sempre una componente stilistica ricercata per il pubblico da parte dell’autore e se così non fosse non si chiamerebbe arte. Per quanto mi riguarda io creo prima per me stesso affinchè io stia bene e mi senta appagato, ma poi faccio in modo che la mia musica possa essere capita e possa arrivare a più persone possibile; se poi questo non succede mi rimarrà la parte curativa dell’ essere artista. In poche parole fare arte, a mio avviso, fa bene alla propria salute.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
E’ un’epoca in cui si inseguono i soldi per i soldi innanzitutto: in passato chi inseguiva il ricco guadagno era comunque costretto a produrre qualcosa di artisticamente valido e anche innovativo nel panorama culturale dell’epoca. Per fare questo ci vuole pazienza e le prime produzioni di un artista spesso non vengono subito capite dal grande pubblico. In passato i discografici avevano più pazienza e aspettavano anche quattro dischi dello stesso artista prima di cominciare a guadagnare. Oggi questo è impossibile perchè i grossi produttori, quelli che hanno i mezzi per imporsi sul mercato, vogliono il successo al primo disco creando artisti in provetta. La colpa è un pò del pubblico che accetta tale condizione, un pò delle radio e dei magazine che propagandano quello che questi produttori e discogafici vogliono. Quello che in sostanza voglio dire è che il pubblico deve essere educato e imboccato sulle nuove correnti artistiche.
Lucio Battisti una volta disse che è l’artista che deve stare davanti al pubblico e non il contrario, ovviamente a rischio e pericolo dell’artista stesso. Bisogna osare ed io credo di farlo in ogni mio disco. Nell’ultimo disco (Amore Guerra), uscito ad aprile, ho sperimentato molto ed è stato molto divertente.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Quando l’informazione diventa propaganda non esiste più informazione ma interessi. Quindi a quel punto, di educare non se ne parla nemmeno. Ricordo riviste negli anni ottanta che informavano effettivamente il pubblico riuscendo ad indirizzare anche persone con gusti diversi verso i propri idoli. Citando Chaplin, l’uomo individualmente è un genio, ma gli uomini, nella massa, formano un mostro senza testa che va dove è indirizzato. Detto questo credo sia chiaro il mio pensiero: i dotti, gli informati, hanno il dovere di indirizzare, imboccare e quindi educare il pubblico.

La tua musica arricchisce il pop italiano di un rock surreale. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Se il grande pubblico si accorgesse della mia musica non vorrà dire per forza che mi sono arreso al mercato. Si può andare incontro al mercato con le propria originalità. Penso ad esempi del passato come gli Smiths o Bowie i quali hanno abbracciato il grande pubblico dopo alcuni dischi. La musica che contiene novità va ascoltata più volte e non si può pensare di digerirla subito. Una volta metabolizzata ci accompagna per sempre. Le idee originali, poi, se ben scritte , trovano senso da sole stimolando l’immaginario dapprima dei più sensibili e ricettivi e poi, con un pò di fortuna, della massa.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Trovare spazio, e soprattutto qualcuno che crede nelle tue idee.

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Ovvio che non basta che qualcuno ti dia spazio e modo di essere ascoltato. La musica poi deve funzionare, ma senza questo non si va da nessuna parte. Per quanto mi riguarda lo spazio ho dovuto trovarmelo da me producendo da solo i miei tre dischi (L’Eterno e il Vano del 2013, 1977 del 2014 e Amore Guerra del 2016) e cercando i musicisti giusti per i progetti; e ti assicuro che non è proprio facilissimo. Una cosa che mi distingue probabilmente è la tenacia ed il fatto di non scoraggiarmi e continuare sempre a inventare. D’altronde lo avrete capito: faccio musica prima per me stesso, per divertimento, per stare bene, il resto poi importa fino a un certo punto.

Finito il concerto di FBZ: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Musica classica con preferenza per i notturni di Chopin. In alternativa alla classica vedrei anche bene qualcosa di Henry Mancini o di Yann Tiersen.

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