RECENSIONE: BAUSTELLE, “L’AMORE E LA VIOLENZA”

di Francesca Amodio

Tracce migliori: tutte

Voto: 10

Se non fossero artisticamente nati, oramai diciassette anni or sono, in quel lontano 2000 in cui vide la luce “Sussidiario illustrato della giovinezza”, ci sarebbe senz’altro stato bisogno di inventarli, ed altrettanto indubbiamente nessuno ci sarebbe riuscito.
Venuti dal ridente comune di Montepulciano, provincia della toscana Siena, è proprio sul concetto di provincia che i Baustelle hanno costruito una carriera, perché del resto, come diceva Pavese, “un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”.
Fu così che Francesco Bianconi (voce, chitarre, tastiere), Rachele Bastreghi (voce, tastiere, percussioni) e Claudio Brasini (chitarre) rivestivano di un nuovo abito lucente e bellissimo la storia della musica più propriamente italica, ridando nuovi ed inesplorati connotati alla forma canzone: sempre perennemente e meravigliosamente in equilibrio e a cavallo fra pornografia e santità, fra purezza e blasfemia, fra tradizione e innovazione, fra cinema e quotidianità, a suon di rintocchi di campane e passeggiate nei monumentali, che tanto piacciono al trio senese, anche ne “L’amore e la violenza”, uscito oggi 13 gennaio 2017 per Warner Music Italia, si ha una magnifica ed elaborata riprova di tutto ciò.
Dodici tracce semplicemente perfette vanno a costituire un album, il settimo in studio della band, che come di consueto amabilmente sfugge a qualsivoglia etichetta, gabbia sintattica o di genere, tentativo di canalizzazione: l’amore di Bianconi per il cinema d’autore, per la Francia di Serge Gainsbourg e Jacques Brel, l’America di Burt Bacharach e l’Italia di Piero Ciampi e De André, è tutto qui. Coadiuvato dall’altra anima del gruppo, la splendida Bastreghi, esempio di innata classe e raffinata dote vocale, meravigliosamente maturata nel tempo, Bianconi e i suoi rivoluzionano ancora il linguaggio, la forma e la sostanza della forma canzone con un lavoro che è un’esplosione ragionata e ben scritta di pop d’autore, elettronica, folk e rock.
Anche ne “L’amore e la violenza” pertanto i Baustelle si confermano maestri di quella riscrittura pop rivoluzionaria ed estremamente sui generis, che li rende assolutamente unici in Italia e non solo: le intriganti sonorità, che vanno dagli anni ottanta alle sperimentazioni e ai voli pindarici odierni, di cui il trio è maestro, sposano un linguaggio testuale di estrema originalità che fin da subito ha caratterizzato e contraddistinto la band, fatto per metà da quell’idioma del concreto, del particolare, del quotidiano, e per l’altra metà dall’onirico, dallo sconnesso, dal metaforico, soluzione questa tanto in voga oggi ma di cui i Baustelle sono stati anticipatori senza eguali da sempre.
Fra evocativi cimiteri, gli incensi delle chiese, le analisi dell’adolescenza e delle puttane, il tutto ricondotto alla vita attuale di tutti i giorni, anche in questo disco i Baustelle danno lezioni di stile e di vita con massime ipnotiche come nel brano “La vita”, in cui la carismatica ed affascinante voce di Bianconi col suo solito candore canta la distruzione, l’orrore e la consolazione, in quanto “pensare che la vita è una sciocchezza aiuta a vivere”.
Nella siccità del panorama cantautorale delle band attuali, quelli dei Baustelle sono dischi di cui si ha sempre un gran bisogno e da cui non si rimane delusi mai, e anche “L’amore e la violenza” si rivela l’ennesima meravigliosa ginestra nata sulla pietra lavica.

Baustelle – L’amore e la violenza
(Warner Music, 2017)
1. 1. Love
2. Il vangelo di Giovanni
3. Amanda Lear
4. Betty
5. Eurofestival
6. Basso e batteria
7. La musica sinfonica
8. Lepidoptera
9. La vita
10. Continental stomp
11. L’era dell’acquario
12. Ragazzina

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