INTERVISTA: PIERALBERTO VALLI

Intervista di Nicola Buonsanti

Pieralberto valli: tra viaggi geografici e percorsi interiori per ascoltare routine e riflessioni di uno scrittore e musicista.

Ho avuto il piacere di intervistare Pieralberto Valli a pochi mesi dall’uscita del suo primo lavoro da solista: Atlas (recensito qui).

Complimenti per il disco e grazie per il tempo concesso. Cercando informazioni sul tuo percorso online, in previsione dell’intervista, ho trovato tanta musica ma non solo. Sei un musicista, scrittore e professore. I tuoi alunni sanno di questa attitudine parallela e come incastri la tua giornata?
Pieralberto (P.): Tendo spesso a dividere i due aspetti della vita. Poi con internet ovviamente loro scoprono in fretta quello che succede. Ho scelto di non lasciare la scuola per vari motivi: quello economico perché con la musica non sempre si campa, ma anche per avere un contatto con la realtà. Molte riflessioni, molti pensieri vengono in mente proprio mentre fai altro e la scuola è un continuo laboratorio di idee. Non la lascerei mai, con il part time posso portare avanti entrambe le cose.

Hai viaggiato molto in Inghilterra, Bosnia e Spagna, per piacere o scoperta. I tuoi testi spesso lasciano trasparire l’importanza del viaggio e della ricerca geografica interiore. Qual è il significato che dai al concetto di viaggio?
(P.): A Londra ci sono andato giovanissimo, avevo 18 anni ed erano gli anni ’90. Era il periodo di Ok Computer, Mazzanine e dei Portishead.
Si percepiva quell’aria li e l’idea di trovarmi nel posto giusto per respirarla è stata un’esperienza impagabile.
Ho perfezionato l’inglese ed ho cominciato a lavorare come interprete e traduttore. Il poter svolgere questo lavoro non necessariamente in posto specifico mi ha dato la possibilità di viaggiare. Ho trascorso un paio d’anni in Spagna poi la Bosnia.
Mi interessava capire la cultura e per farlo dovevo rimanere, lavorare, vivere e stare a contatto con le dinamiche sociali del posto. Soprattutto dal punto di vista musicale. In tutti i posti in cui ho vissuto ho sempre suonato con gente del posto.
In Bosnia suonavo in un trio di musica popolare, è stato bellissimo. È curioso perché la Bosnia negli ultimi anni sta riscoprendo molte influenze essendo una porta a cavallo tra occidente e oriente. Ero molto impressionato da cultura, armonie e musica.
Il viaggio in quanto viaggio di scoperta “on the road” è affascinante sì, ma fino ad un certo punto.
Con la globalizzazione e l’omologazione di usi e costumi diventa complesso imparare qualcosa in poco tempo da un viaggio. La facciata è uguale ovunque principalmente. Quindi per capire e scoprire ci vuole tempo. Oggi mi muovo molto meno a livello geografico. Mi concentro di più sul viaggio interiore se cosi si può definire.

Foto Pieralberto Valli 2

Mi ha stupito molto la bellezza delle parole legate e calibrate con giustezza oltre al concetto espresso ovviamente. Negli ultimi anni è uscito fuori il tuo punto di vista decisamente autonomo intellettualmente. Un libro, gli ultimi dischi con i SB, l’estrema attenzione e premura verso dettagli o l’essere fedeli ad un concept dichiarato. È stato un percorso fluido?
(P.): Per registrare Navi, il penultimo disco dei Sb ci abbiamo messo due anni e una cura estrema per rispettare i canoni che avevo imposto al lavoro. Come si faceva una volta, per cosi dire, senza chitarre, le batterie erano lamiere manipolate ed altre accortezze. Alla fine la critica ha risposto bene ma nella pratica il disco ha avuto una vita breve. Il lavoro era forse troppo sperimentale per trovare un mercato e ci siamo scontrati contro un muro. Dopo quel disco avevo pensato seriamente di lasciar stare la musica.
Il libro comincia proprio da lì.
Avevo del materiale legato anche a quello che stavo scrivendo e ci è sembrato giusto chiudere l’esperienza SB lasciata in sospeso. Non avevo per niente voglia di passare altri due anni in studio per registrarlo e questa volta abbiamo cambiato approccio.
Ho dato a tutto l’organico i provini casalinghi e in tre giorni, chiusi in una cascina, abbiamo registriamo in presa diretta. È stata un’esperienza liberatoria che tra l’altro mi ha fatto tornare voglia di far nuova musica e darmi nuovo tempo.
È stato un disco fondamentale per il mio futuro.
Ora mi stupisco di come l’esperienza dei SB non sia stata un’esperienza fine a se stessa. Ma le soddisfazioni anche se in maniera postuma o lenta arrivano lo stesso. La massa del lavoro era cosi densa che per essere digerita ha impiegato più tempo.
Quei dischi anno continuato a girare in un ambiente più ristretto e d’èlite per numero di ascoltatori. Una sera incontrai Benvegnù e parlando del più e del meno ho scoperto che anche lui apprezzava i lavori dei SB senza sapere chi fossi. Ricevere feedback positivi a distanza di tempo da gente per caso fa piacere. Senza la conta dei like ma pieni di valore.
Con Benvegnù sono diventato amico ed ha poi scritto la prefazione per il mio libro.

Cosa pensi di Atlas? Sei soddisfatto di come pubblico e critica si stanno approcciando al disco?
(P.): Mi piace molto, mi rappresenta.
Sta andando molto bene, la gente si ferma a parlare e apprezza molto.
Certo se ti confronti con altri nomi della scena Italiana , non esisti.
Il mondo alternativo prima era nettamente distaccato dal mainstream, ora è l’alternativo è mainstream.
È diventato difficile anche per il pubblico coordinarsi e seguire concerti senza fare confusione.
I club sono gli stessi per entrambe le categorie. Sono mondi che prima erano in posti separati, ora convivono nello stesso.
Anche le classifiche o rubriche musicali ultimamente possono tendere a far confluire in unici calderoni materiale di differente natura.

La scena italiana come la collochi nel panorama internazionale?
(P.): Prima la differenza la percepivi, il sound negli anni ‘90 in Inghilterra e quello Italiano suonavano in maniera diversa, erano distanti per fare un esempio. Ormai non so se siamo migliorati noi o peggiorati loro ma le differenze si sentono meno.
Il dramma della musica mondiale è che manca la forza trainante e innovativa come quella Inglese appunto.

La scena musicale Romagnola invece?
(P.): La Romagna è una micro regione che negli ultimi anni ha sfornato tanta musica.
C’è una rete molto stretta, infatti l’ultimo dei SB è quasi un tributo a tutta la gente che abbiamo incontrato e con la quale abbiamo diviso palchi coinvolgendo tanti amici.
Ci sono molti scambi e la mentalità tra musicisti è aperta e positiva, senza competizione.
M+A , Marianna Mirage o Giacomo Toni.
Giacomo Toni meriterebbe addirittura maggiore attenzione, è una forza della natura.
E’ punk dentro e crea di tutto. E’ uno dei pochi che ha la capacità e la facilità di scrivere bella musica e bei testi, che poi sono quelli che restano, con la potenzialità di arrivare a tutti. È un musicista completo.

L’attenzione ai testi alle parole è importante in questo dilatato momento storico. L’accostamento al classico concetto di letteratura è stato ormai definitivamente sancito. Qual è il tuo approccio al testo?
(P.): La questione la intendo in maniera molto sacra. Usare la parola sia intesa come concetto che intesa come suono e ritmo in una maniera molto pensata. Per me scrivere il testo è la parte più difficile di tutto il lavoro ed è appunto la parte alla quale dedico più tempo. Parto sempre dalla musica infatti, quando la musica gira penso al testo.
Posso impiegarci anche mesi per trovare l’incastro ritmico musicale sulla melodia. Sono molto esigente da quel punto di vista, mi tocca scrivere, cambiare, provare e modificarli finché non sono soddisfatto. È una fatica immane ma non mi interesserebbe scrivere un testo tanto per.
I testi restano nel tempo. Scrivendo con il fine di compiacere il presente le parole scadono. L’arte, la musica hanno sempre il tempo come obiettivo. Poi questo può essere raggiunto o meno ma l’obiettivo deve restare quello. Potremmo compiacere il presente ma non resterebbe niente di noi nel tempo.

Spulciando il web ho trovato “Addio addio amore”, la tua interpretazione di un canto popolare Abbruzzese dell’800. L’adattamento del repertorio è brillante e la tua voce interpreta il supplizio in maniera incantevole. Ho ancora i brividi ad ascoltarlo ed è giusto condividerlo anche con chi leggerà quest’intervista.

Se ci fosse la possibilità di poter interpretare qualche altro brano, quale ti piacerebbe fare?
(P.): C’è tanta musica, forse ti dico le prime tre che mi vengono ora in mente pensandoci.
Radiohead_ Let down
Csi_ Cupe vampe
Massive attack_Angel

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