LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ORFEOS

Intervista di Gianluca Clerici

Parliamo di “Libertà!”. Lo facciamo seguendo le indicazioni racchiuse con cura e rispetto nel primo lavoro di Orfeos, cantautore, performe, musicista ma soprattutto artista. Un disco intenso, crudo per molti tratti in cui si deve far di conto con la verità, sincero e soprattutto spontaneo. Orfeos restituisce alle sue origini soul americane un piglio cantautorale pop italiano e mescola il tutto con arrangiamenti forti e incisivi. Un lavoro che corre sul filo di un rasoio…come tutto quello che ha poco del commerciale. Le sue risposte preziose alle domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Il confine è delimitato da quanto il messaggio destinato al pubblico è realmente universale, sincero e di qualità. Almeno, io penso, che più ti avvicini a queste caratteristiche per fare musica, più sarà facile trovare soddisfazione per se stessi e per gli altri.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
A tutti e a nessuno in particolare, niente muore mai realmente ma tutto si può dimenticare oppure ricordare e rinnovare, libertà è decidere tutti insieme, nessuno escluso.
Siamo ancora un’antica tribù…

Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Marzullo apprezzerebbe sicuramente questa domanda hehehe, e spero quindi anche la mia risposta.
Secondo me gli “insegnanti” delle classi a cui si riferiscono i Pink Floyd devono ancora darci la vera libertà, ma gli allievi a loro volta, non collaborano uniti al fine di ottenerla pacificamente in modo rispettoso, responsabile e maturo per tutti. Credo dunque che l’informazione sia finita nel caos e possa solo rinascere assieme al suo pubblico. I musicisti in genere suonano l’allarme o “l’intervallo”. Dovete scegliere voi che suono sia…comunque libertà!

La musica di Orfeos graffia l’anima con una spiritualità densa di significati in una forma canzone che è molto poco attenta all’estetica commerciale. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Sono lusingato così tanto dai complimenti che mi arrendo solo a quelli, trovando soddisfazione massima nel notare quanto sia chiaro il messaggio che ho voluto lanciare nel non vincolarmi e uniformarmi a tutto ciò che già esiste nella nostra musica. Il mio vuole essere un nuovo linguaggio musicale che faccia metaforicamente da ponte tra la vecchia e la nuova generazione italiana rinnovandosi di qualità sonora e contenutistica.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Accettare che per tutti sia un mestiere, portarlo avanti come tale con disciplina ed onore sapendo nel profondo che in realtà stai donando tutta la tua vita al mondo intero.

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Non è un problema, l’ho accettato, è il mio destino, sono io nel mondo e sarebbe strano essere un problema per me stesso.

Finito il concerto di Orfeos: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Vorrei si potesse mandare ogni brano che mi ha accompagnato in questi 33 anni di vita cercando di far notare come il blues e la musica afroamericana siano sempre presenti dalla loro nascita ad oggi contaminando tutti i diversi generi in tutto il mondo. Detto questo, la prima canzone che mi viene in mente ora è “Purple Rain” di Prince.

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