RECENSIONE: Palazzo – Prima (2016, I Dischi Blu)

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Romanticismo, disillusione, ispirazione.

Solo una manciata di quei tasselli che ben si sposano con certa musica pop nostrana che in più circostanze ha rivelato i suoi punti di forza, ma, a volte, quando c’è da mettersi in gioco di per sé, scelta tutt’altro che da disdegnare, risultano anche tali da andare di pari passo con un’introspezione il cui conclusivo sbocco è situato in sonorità, se non oscure, certamente degne di specchiarsi con l’ossatura di cui è fatto ognuno dei brani risultanti. L’elettronica, pertanto, dimensione che Diego Palazzo, già una delle voci degli Egokid, oltre che collaboratore assai operativo in zona Baustelle, non considera certamente aliena al proprio io. Mettendo momentaneamente da parte il progetto madre, senza per questo tralasciare sul fronte possibili novità, “Prima” funge da parentesi dall’effetto sorprendente ed immediato, e che proprio per questo già dal primo contatto dona altrettante soddisfazioni e denota come l’artista non sia affatto carente a livello di gusto quando c’è da rapportare le modalità comunicative ad un aspetto maggiormente futuristico, le cui nove tracce sono l’adeguata espressione. Una linea d’onda synth-pop dove a susseguirsi possono essere ispirazioni balearic trance (Non ho più paura, un suadente mantra sorretto da un’incalzante linea di basso) e drum’n’bass (Per miracolo, per certi versi assai spinta e nervosa), ma anche trip hop (l’eterea Distante), se non ulteriormente sopite e caratterizzate da ritmi sconnessi e sospesi, quasi ridotti all’osso e a loro volta coerenti nel raccontare situazioni intime (In macchina), una panoramica dove Palazzo spinge se stesso verso una trasfigurazione extraterrestre tutt’altro che priva di una vena sentimentale, la quale passa per L’ultimo individuo, avviluppante dichiarazione con un occhio rivolto verso Battiato, e finisce con Un mondo senza fine, nel cui arrangiamento non sfigurano affatto le felici intuizioni di matrice interstellare, ma non si astiene dal proporre nel mentre delle parentesi maggiormente cadenzate (Come stai) ed al contempo pone le basi su cui concepire un’estetica che include delle sfumature proto-funk e french disco, magari tendenti più ai Justice che ai Daft Punk (Single), ma finisce anche per dare loro una connotazione maggiormente wave, se non acida, quando necessario (le dilatazioni al centro di Sabotaggio). Alla luce di ciò, “Prima” è un tentativo tutt’altro che azzardato e per Palazzo risulta riuscitissimo, mosso da parecchia carne al fuoco ed altamente consigliato sia ai devoti degli Egokid che a quella frangia di ascoltatori vogliosa e curiosa di ascoltare un’altra modalità di concezione della forma canzone. Intensità e classe.

PalazzoPrimaCoverLowPalazzo – Prima
(2016, I Dischi Blu)

1. Non ho più paura
2. L’ultimo individuo
3. Come stai
4. Single
5. Per miracolo
6. Distante
7. In macchina
8. Sabotaggio
9. Un mondo senza fine

 

 

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