INTERVISTA: Davide Bartolomeo Salvemini, BART

di Nicola Buonsanti

Ho raggiunto Davide Bartolomeo Salvemini, BART, telefonicamente in mattinata, tarda.
Davide è un illustratore, fumettista provocatore ma anche un giovane curatore ecc ecc
Nel suo covo bolognese, abbiamo fatto una lunga chiacchierata dato che era tanto che non lo sentivo e di cose nel frattempo ne ha fatte.
Bart si sente a casa solo quando è in viaggio.
Fresco delle collaborazioni con MIAMI FESTIVAL e BEACHES BREW FESTIVAL oltre ad altri club e musicisti, ero curiosissimo di sapere come confluisce la sua psichedelia in musica che racconta con immagini.

Com’è andato il miami e l’incontro con IOSHI?
È andata bene, non avevo nulla di pronto, ho improvvisato seguendo le suggestioni della musica. Per questo visual non ho usato il pc ma solo videocamera puntata sui lucidi. Disegnavo e creavo collage. L’idea iniziale era diversa, volevo fare una gif, ma per paura che il pc si bloccasse ho fatto tutto a mano, una cosa apparentemente facile ma dal forte impatto visivo.

Qual è il tuo rapporto con la musica?
Quando lavori a cover album o grafiche per club o eventi, leghi le due discipline o lasci che facciano un percorso parallelo?
La cosa divertente è che mi sento molto ignorante in musica. Lavoro molto con la musica quindi scopro sempre qualcosa di nuovo e sto notando di crescere anche come orecchio.
Credo che i miei disegni si leghino molto bene con la musica. Rock, psichedelico, qualcosa di sperimentale o indie sono i generi che più si legano e interagiscono con i miei colori.
Affezionandomi sempre più alla musica ho comprato anche un lettore vinile portatile, ma per portarlo fuori con me ci vorrebbero 25000 pile

Ricordo quando ti ho conosciuto che disegnavi dei gran bei dinosauri che fine hanno fatto? Si sono estinti?
Si per un po’ sono estinti. Ho cominciato a espandere le visioni, diventando un po’ più “religioso” se cosi si può dire.
Una religione di tipo indiano. Sono molto influenzato dalla natura e metafisica. Provando a seguire il filone di Jodorowsky ad esempio per capirci.
Quindi disegno piante, posti selvaggi o misteriosi.

I personaggi dei tuoi lavori hanno sembianze mostruose ma guardandoli sembrano comunque mostri buoni.
Si la cosa divertente è che la gente quando vede i miei disegni mi dice di percepire molta tranquillità e mai cattiveria anche se io quando disegno penso di star disegnando qualcosa di cattivo.
Non so se sono i colori che ammorbidiscono il tutto o perché infondo sono un buono ed alla fine ogni persona disegna qualcosa di se stesso. Senza volerlo escono personaggi buoni quindi.

Come lo definiresti il tuo stile?
Psicheledelico sicuramente, indie e geometrico non più da qualche tempo.
Prima riempivo con molti segni, ora che comunque la visione è cambiata e dovendo essere più veloce nella realizzazione, riempio con texture o dei gradienti o sempre qualcosa di diverso.
Quando faccio storyboard la cosa che mi preme di più è capire come riempire il foglio e non voglio mai dare respiro all’immagine con il colore non con i segni.

Tornando all’argomento musica e immagine.
Secondo te le due discipline possono convivere sulla stessa faccia della medaglia o sono parallele? Tu come la vedi?
Sicuramente convivono. Quando ascolto musica la prima cosa che viene in mente sono ricordi o emozioni che comunque diventano immagini.
Disegno e musica vanno a braccetto. C’è anche da considerare che associare un’immagine alla musica può essere un’azione “arrogante” dato che stai imponendo suggestioni a chi guarda i tuoi disegni ed ascolta la tua musica. Qualcun altro potrebbe benissimo provare sensazioni diverse. Ma alla fin dei conti ognuno guarda sempre quello che vuole.
Associare a tutto un immagine, nella musica come nei libri, è fondamentale essendo la prima cosa che richiama all’attenzione dell’ascoltatore o del lettore. E’ il linguaggio più diretto e semplice.

Hai definito il tuo stile indie. Cosa vuol dire?
Ha diverse accezioni. La prima è il modo di avvicinarsi a quelle influenze più libere e sperimentali che vengono definite underground. Anche se queste differenze nel campo dell’editoria si stanno molto assottigliando. Un’illustrazione indie secondo me è colui che viene fuori dai festival o dalle fanzine. Non è facile uscire da scuola e lavorare subito per riviste e giornali.
Fai il tuo percorso libero confrontandoti con persone più che maestri.
Indie può essere anche il tipo di messaggio che stai comunicando e come ti stai rapportando al tuo pubblico.
Io cerco sempre di creare storie nei miei lavori inserendo personaggi che svolgono azioni, spesso non subito chiare, e quello che chiedo a chi mi guarda e di trovare queste storie prima e dopo. Come lasciare un film a metà e lasciare la libertà di decidere come andrà a finire.

Sei anche un fumettista, questo mese su Linus, ma Dolls party e Netcar sono due dei tuoi fumetti considerati dei piccoli gioiellini per le bellissime illustrazioni, le tematiche e le ambientazioni o le griglie molto caratteristiche. Uno sperimentatore estremo insomma. Com’è nata questa attitudine al fumetto e un po’ alla letteratura?
Mi è sempre piaciuto scrivere racconti o poesie. Il legare questi due mondi è un’ esperienza bellissima per me ma allo stesso tempo molto impegnativa.
il rispettare le tempistiche il far combaciare l’immagine con il tempo e far percepire al lettore il giusto flusso narrativo sono dinamiche che necessitano di accurate scelte stilistiche.
è un mondo dove mi sono buttato da poco. Adesso sto lavorando ad un nuovo progetto abbastanza lungo. Netcar è una storia di fantascienza. Qui ho provato a cambiare quella che è la classica visione delle griglie. Usare griglie e tagli particolari che creassero storie nelle storie. Il tema è sempre quello della natura, dell’uomo contro la natura, una sorta di romanticismo tedesco.
Dolls party invece è un lavoro in serigrafia e la storia è ambientata in una casa delle bambole. L’obiettivo della macchina fotografica è riuscir ad accedere all’interno del party per poter immortalare i personaggi fighi della casa. L’idea è stata quella di inserire nel libro vari personaggi che rappresentassero le varie personalità umane in modo che il lettore potesse riconoscersi nei giocattoli. Il tutto si conclude con l’arrivo del bambino prende la macchina fotografica in mano e la frase “ se voi foste il bambino che gioco sareste”.
Questo fumetto è ispirato ad una poesia di Borges che usa la metafora degli scacchi per descrivere l’uomo che pensa di compiere le proprie scelte quando in realtà c’è qualcuno che sta già scegliendo per lui.

Dentro i tuoi lavori c’è l’uomo, la natura, spazio, surreale che diventa umano e umano che diventa surreale. Sei un critico e fotografo nitido della società, come lo vedi questo mondo o come i turbamenti che ci circondano influiscono su di te?
A livello politico mi definisco un ignorante con volontà. E’ difficile starci dietro se non lo fai per professione. Io ho deciso di farmi da parte. Mi sembrava una perdita di tempo essendo un mondo chiuso e incomprensibile. Che chi lo fa con passione e cognizione di causa e gli ammiro.
Quello che provo a comunicare nei miei lavori è il messaggio che in questo periodo si è persa la spiritualità della persona e i miei personaggi interrogano proprio su questo aspetto.
Prima di noi, molte civiltà che ci hanno preceduto, senza avere i mezzi che abbiamo noi a disposizione, avevano un altro approccio alle cose.
Siamo nati tutti dalla stessa esplosione. Tutto quello che abbiamo è nato dal nostro sapere e dalla nostra evoluzione. L’essere arrivati qui ed essere pressati dall’ “oggetto” è una cosa ovvia ma che ci fa dimenticare quella sfera personale e ci persuade da ciò che veramente siamo.
Uomo storia e natura fanno parte dello stesso flusso. Se riuscissimo a capire questo processo riusciremmo a capire il valore della nostra esistenza, senza arroganza ne con gli altri e ne con la vita ma bisogna sapere quanto valiamo per capire quello che possiamo dare.

Coloriamo quest’intervista: 3 musicisti da affiancare a 3 immagini

Timber Timbre _ Eggleston

Eggleston

Buddy rich _ Martoz

martoz
Osamu Kitajima–_moebius

moebius

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