RECENSIONE: Umberto Maria Giardini – Futuro Proximo (2017, La Tempesta Dischi)

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Chiuso un ciclo, alle porte non può che esservi l’infinito. Che sia questa l’unica strada percorribile in un simile istante? Non si esclude, dal momento che, comunque la si giri, si è sempre protagonisti di un cammino dove ogni passo rappresenta sempre qualcosa in più per il quale ne trae ingente beneficio il proprio io, nelle sue molteplici facce. A suo modo l’ipotesi di una Tetralogia degli elementi non si è rivelata campata in aria, partendo da “La Dieta Dell’Imperatrice”, proseguendo con “Ognuno Di Noi E’ Un Po’ Anticristo”, concludendo con “Protestantesima” e conseguentemente tracciando un percorso via via sempre più influenzato da ciascuno dei richiami presenti. Umberto Maria Giardini, quando si tratta di scrivere un nuovo capitolo avente a che fare con la sua attuale incarnazione artistica, sa cosa significhi avere le idee chiare, e “Futuro Proximo” vede probabilmente la luce in un momento assai consono, incentrato sull’ignoto, sulla fuga, sulla necessità di fugare ogni squarcio di chiacchiera priva d’anima. Forse è proprio per questo che risulta essere il disco più arrabbiato, a suo modo, del musicista marchigiano, ove la vena d’autore, sempre immutata e mai scontata, non si astiene dal mostrare dei richiami al post-rock, ma al contempo risulta tale da lasciarsi andare a digressioni altrettanto funzionanti, espresse non a caso già dall’introduzione, vedesi le distorsioni aventi una fortissima voce in capitolo man mano che si fa avanti Avanguardia, liriche dirette ed impatto immediato, e le improvvise dilatazioni space-fuzz che contrastano le previsioni narrate in Alba boreale, facente da ideale collante a certi momenti di “Protestantesima”. Un contesto al quale si accompagnano, melodicamente parlando, anche situazioni ove il Giardini di sempre risulta particolarmente carico, dal riff che accompagna Dimenticare il tempo ai nervosi moog che contrastano una toccante Graziaplena, fino ad un immaginario pop che piacevolmente cozza con una frenesia quasi catastrofista, vedesi Onda, dal ritmo incalzante e serrato, mentre Il vento e il cigno, abbagliante nelle sue note di chitarra dapprima sopite ed isolate, lo riporta sui suoi ottimi standard e le dolci venature al centro di una marziale, quasi 60’s, A volte le cose vanno in una direzione opposta a quella che pensavi sembrano completare quel filo conduttore che già Amare male aveva reso possibile dopo l’avvento di Genesi e mail. Non da meno il resto del lotto: la strumentale Ieri, nel futuro proximo è un rock a cavallo tra progressive e wave, ove lo schizzato sassofono di Stefano Radaelli non risulta affatto fuori contesto, Caro Dio vira verso un folk un po’ drakeiano un po’ classicheggiante ma soprattutto Mea culpa funge da prosecuzione di quella Suprema che, in una vita precedente, aveva innalzato il nostro situandolo in un possibile Olimpo, una preghiera laica lontana dal quieto e fatidico vivere. Forse lo zenith dell’intero lavoro, a voler esagerare. Ma in generale, ancora una volta, non si respira certamente una brutta aria, anzi, il gradimento che si prova ogni qual volta si ha a che fare con un disco di Umberto Maria Giardini è sempre maggiore, là dove non esiste alcuna staticità. Che “Futuro Proximo” sia, per tutti. Più che meritato.

futuro-proximo-umberto-maria-giardini-cover-ts1486201291Umberto Maria Giardini – Futuro Proximo
(2017, La Tempesta Dischi)

1. Avanguardia
2. Alba boreale
3. A volte le cose vanno in una direzione opposta a quella che pensavi
4. Il vento e il cigno
5. Ieri, nel futuro proximo
6. Dimenticare il tempo
7. Caro Dio
8. Graziaplena
9. Onda
10. Mea culpa

 

 

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