RECENSIONE: Sior Mirkaccio Dettori – I Tempi Belli Non Tornano Più

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Per chi frequenta determinati ed assai determinanti quartieri di Roma, ma neanche solo quelli, esiste un fenomeno che, a discapito di ogni inutile pregiudizio necessitante di autoazzeramento, non va assolutamente sottovalutato: l’esistenza del Nuovo Varietà Italiano, un fenomeno che ha preso sempre più piede sin dai tempi del passato Micca Club ed una corrente che negli ultimi tempi non si è solo basata sulla scoperta di personaggi sempre più affascinanti in ogni qualsivoglia aspetto, ma anche, a suo modo, concentrata su un’educazione rivolta al passato come al futuro. A tal proposito se c’è uno dei suoi esponenti che merita una doverosa menzione, quello è indubbiamente Mirko Dettori, o semplicemente Sior Mirkaccio. Marcato da un baffo prominente e da un linguaggio atipico, non sedimentato sulla sola comicità o presentazione, vede scorrere nel suo sangue il pensiero di Ettore Petrolini, lo stile di Paolo Conte, più che del Quartetto Cetra, se non un po’ di Giorgio Gaber, ma forse anche certe devozioni alle modalità brechtian punk di Tiger Lillies e Dresden Dolls, per quel che riguarda gli istanti di follia pura a cui si lascia abbandonare con molto piacere. Può un personaggio del genere, Ultramoderno, come ama definirsi e così indubbiamente è, oggigiorno esprimersi anche tramite un disco in studio? Evidentemente sì, ed “I Tempi Belli Non Tornano Più” è il risultato: nell’arco dei diciassette brani presenti non emerge tanto un resoconto di ciò che l’artista bresciano offre e soprattutto dimostra di essere nelle sue molteplici apparizioni, accompagnato o meno da una fisarmonica o da un pianoforte, quanto una libertà individuale che non viene mai meno e che non rimane inserita nella sola sfera di intrattenimento, ma si traduce in una serie di inni ironici, coinvolgenti ed altrettanto schietti e sinceri, ove l’invito alle danze presenta molteplici linguaggi: il valzer come forma di rassegnamento, ma anche come forma di sfogo che si legge da uno sguardo rivolto verso un possibile domani (Tutto è perduto), la polka come scatenato proclama della propria condizione di essere umano (Viva il varietà) ed elogio alla bellezza, nella fattispecie legata al genere femminile (Viva le donne), quest’ultima una parentesi che, da vero e proprio fulcro motore e dominante, riemerge prepotentemente passando da storie d’amore casuali ed improvvise (Il gagà al Tabarin) ad una duplice forma di cedimento vero e proprio, che si riflette sia in un pensiero bollente e glamour (la danza sfrenata de Il giardino delle torture, precedentemente brano di punta del Torture Garden del 2013 e che vede come voce addizionale un’inimitabile violinista come H.E.R.) che in qualcosa di particolarmente autoironico (le escursioni tribali di Burlesque Safari), la bossanova (Non mi chiedere chi sono) ed una scanzonata freschezza swing (Meravigliosamente), se non un occhio rivolto al jazz (la conclusiva Seduzione, i cui richiami brasilian-portoghesi e la voce di Adele Tirante avviluppano languidamente ogni nota presente), come ponte levatoio verso una possibile componente d’autore, elemento che trova sfogo sia in chiave burlesca (Viv La Frans) che sì contiana tout court (Trappola), il tango come linguaggio dalle molteplici variazioni, cadenzato e zingaresco (Che ora è), eppure tale da risultare sbilenco (Mia (Mai più)), e di lì a poco animalesco (L’orango tango), senza per questo perdere nemmeno un briciolo della propria indole, come denotano delle componenti pienamente ludiche caratterizzate dal tracciamento di profili di attrazioni circensi (Il forzuto, bambinesca e dal ritmo accattivante) e da interminabili ed irresistibili scioglilingua (Il difetto). Il Nuovo Varietà Italiano è un esperimento riuscito? Assolutamente sì, ed un disco del genere non solo sposa pienamente le intenzioni Ultramoderne del Sior Mirkaccio, ma gli rende onore come è giusto che sia ed a sua volta evidenzia come certa “altra” musica, pregna di teatralità, sia più che possibile in Italia. Un’opera non apprezzabile da tutti, apparentemente, ma indubbiamente degna di più di un ascolto.

cover_i-tempi-belli-non-tornano-piùSior Mirkaccio Dettori – I Tempi Belli Non Tornano Più
(2016, Goodfellas)

1. Tutto è perduto
2. Trappola
3. Che ora è
4. Amarsi a gennaio
5. Mia (Mai più)
6. Meravigliosamente
7. Non mi chiedere chi sono
8. Il giardino delle torture (feat. H.E.R.)
9. Burlesque Safari
10. Il forzuto
11. Il difetto
12. Il gagà al Tabarin
13. Viva le donne
14. L’orango tango
15. Viv la Frans
16. Viva il varietà
17. Seduzione (feat. Adele Tirante)

 

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