LIVE REPORT: Fast Animals and Slow Kids [Recanati] – 29/07/2017

Live+ Photo report di Laura Faccenda

Un filo rosso ha attraversato la notte recanatese del 29 luglio: la fede nella musica. Nella cittadina dell’entroterra marchigiano si è tenuto il Memorabilia festival, organizzato dal centro culturale Fonti San Lorenzo con la collaborazione del comune di Recanati: un’iniziativa che ha portato sul palco gruppi emergenti della zona insieme ai tanto attesi Fast Animals and Slow Kids.

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È stato un concerto che ho vissuto attaccata alla transenna. Ho assistito a tutti i cambiamenti di strumentazione, allo smantellamento della batteria ufficiosa per fare spazio a quella ufficiale con il nome della band, al sound check, al posizionamento delle scalette per terra, alle raccomandazioni del fonico agli addetti alla sicurezza: “Posizionatevi là davanti, perché di solito le transenne vengono giù se non fate resistenza”.

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Essendo rimasta colpita dall’impatto musicale ed emotivo che i Fast Animals avevano dimostrato al Rimini Rock Park, in apertura ai Biffy Clyro, mi immaginavo già che la serata sarebbe stata particolarmente energica. Il frontman, Aimone Romizi, si era guadagnato tutta la mia stima quando, il 18 luglio appunto, si era arrampicato sull’impalcatura e, dopo la scalata, aveva iniziato a dondolare a svariati metri di quota. Come non ripensare alle imprese simili che saltavano in mente ad Eddie Vedder nei primi anni ’90?

Insomma, stavolta me li sono visti in prima fila. Salgono uno dopo l’altro: Daniele Ghiandoni (tastiere e chitarra), Jacopo Gigliotti (basso), Alessio Mingoli (batteria), Alessandro Guercini (chitarra). Passa qualche secondo e appare anche la folta chioma di Aimone (voce, chitarra, rullante e timpano). Il concerto si apre con Coperta (da Alaska, 2014). Il pubblico è caldo, canta tutto il tempo, risponde preparato quando gli viene rivolto il microfono, con grande soddisfazione della band. Sui brani Calci in faccia e Giorni di gloria aumenta l’adrenalina, la parte centrale del prato si apre e si chiude a intermittenza, saltando, pogando in un ammasso di spalle, teste, braccia, sudore. Le prime file vengono schiacciate. Siamo sempre più vicini. L’intro delle tastiere introduce Tenera età (da Forse non è la felicità, 2017). Il pezzo è molto sentito, arriva dritto al cuore, parole e musica esplodono contemporaneamente in un perfetto accompagnamento. L’atmosfera si fa più raccolta, quasi commossa.

Si abbassano le luci e… “Non saremo liberi/ La ribellione è morta / Il peggio che ci aspetta / È avere ancora scelta”. Primi versi di Ignoranza che riaccendono gli spiriti combattivi, le istanze di rabbia che contraddistinguono il panorama della musica alternative rock italiana e che danno voce a una generazione intera, quella che si agita, urla, alza in aria le mani, sogna sotto ai palchi. Durante il live, si instaura uno scambio intimo tra spettatori e band. Romizi si rivolge al pubblico con il tipico regà. È uno di loro, è uno di noi. Qualcuno lancia una moneta da 2€ sul palco, Aimone la raccoglie e, quasi infastidito, dice “Con questa ci prendevi un bicchiere di Varnelli, coglione! E anzi…”, scende dal palco e rientra alzando la bottiglia di liquore – specialità marchigiana. Beve, lo offre al pubblico e lo posiziona vicino all’asta del microfono.

fask just jids recanati“Noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia!”. Lo ripete per due, tre volte finché l’urlo e l’applauso diventano assordanti. Parla del caldo, della fatica del palco, dei chilometri percorsi nel furgone per il tour estivo… “Ma è davvero stupendo vedere che siete qui, che la musica vive ancora!”. Si va avanti sempre più incazzati – come grida Aimone. I giochi di luce, l’energia straripante della band, i suoni curati e nitidissimi, gli stacchi in cui Aimone si cimenta al timpano e al rullante rendendo tutto più selvaggio, più viscerale, in un ritmo che si allinea a quello del battito del cuore. Immagini che da lì, in prima fila, si stampano nella mente come fotografie. Si susseguono Te lo prometto, Come reagire e Il mare davanti, estratti dal lavoro in studio del 2014. Sull’ultimo pezzo scendono dal palco. Ovviamente non poteva concludersi così. Cala il buio, si accendono le luci a led intorno agli amplificatori creando uno scenario psichedelico.

Qualche minuto e la band è di nuovo pronta. “Questo brano si chiama Annabelle”. Di questi ragazzi, colpisce, oltre al grande talento, la capacità di raccontare il mondo della musica, dall’interno: incertezza, inquietudine, instabilità, rapporto con i fans, la benedizione e la maledizione del palco. Il pathos dei testi impegnati è mirabilmente associato a linee strumentali crescenti, che esplodono. Il pubblico, dall’esterno, può capire le sensazioni provate da chi sta in alto, uomini, in realtà, che cercano solamente di gestire il turbinio di emozioni tramite il grande dono della musica: “Io provo tutto / Perché fisso la gente da anni / E quando colpisci / So già cosa provavano gli altri”.

fask cassa just kidsÈ il momento dei ringraziamenti. Le presentazioni toccano ad Aimone che, con occhi ridenti, indica uno ad uno i membri dello staff e della band. È una grande famiglia. Si rivolge agli spettatori chiedendo chi, due anni prima, fosse presente ad Ancona al Gulliver Rock. Ricorda addirittura la prima data nelle Marche, perdendo il conto degli anni, quando erano ancora in tre e, ad uno chalet di Senigallia, venne chiesta una cover di Ligabue. “Ne è passata di acqua sotto i ponti e finalmente oggi possiamo darvi questa notizia… dal 2017 riusciamo a vivere di musica!”. Si sentono le prime note inconfondibili di A cosa ci serve. Tutto si riaccende di nuovo. Un ragazzo viene trasportato dalle braccia del pubblico, come nei migliori concerti rock. Il frontman lo vuole sul palco e aiuta a farlo arrivare. I due si scambiano un abbraccio, uno sguardo di intesa e il fortunato fan si lancia in uno stage diving sulla folla. Il clima è incontenibile, tanto che lo stesso Romizi all’urlo di “Arrivo anche io” con un balzo si getta sul pubblico. Delirio totale di voce, suono, sudore, capelli, mani, occhi al cielo. Viene annunciato che quello seguente sarà il brano di chiusura – “Non siamo più le tigri di una volta”. I Fast chiedono un ultimo favore: “Ora vorremmo una cosa da voi. Io dirò chi siamo e da dove veniamo e ci farebbe davvero piacere che voi batteste le mani più forte che potete. Per voi è solo un clap clap, per noi significa continuate a suonare, a fare musica, andate avanti così. Noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia!”. E l’applauso è davvero immenso, meritato.

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Il concerto si chiude con il singolo che dà nome all’ultimo disco Forse non è la felicità, ritornello ripetuto ad oltranza, alla fine, quando la band lascia gli strumenti, sale sulle casse di fronte al palco, si riunisce in un abbraccio e canta con il pubblico. Ad ogni live, il momento in cui cala il sipario è sempre un concentrato di entusiasmo, adrenalina, condivisione. È il potere di questo tipo di musica live, che giunge in presa diretta, dalla voce al cuore, dagli strumenti alle orecchie, dal palco alle mani del pubblico, dagli sguardi di chi vive lì sopra e quelli di chi guarda e ascolta per cercare e trovare qualcosa, un conforto, uno sfogo, un’identità, un senso di empatia. E se forse non è la felicità, tutto questo le va molto vicino.

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