LIVE REPORT: Nothing But Thieves @ Zona Roveri [Bologna] – 04/02/2018

Live+ Photo report di Laura Faccenda

Negli ultimi anni scegliere di andare ad un concerto è una decisione non da poco. Lo dico soprattutto per quanto riguarda la fase ricerca biglietti: prevendite online, siti sovraffollati, click all’impazzata. Assicurarsi un posto all’evento diventa questione di vita o di morte. Si è perso, forse, il gusto di vivere la musica un po’ come la vita, talvolta: improvvisando.
Ho riassaporato quel gusto domenica 4 febbraio, in occasione del live a Zona Roveri (Bologna) dei Nothing But Thieves. Una giovane band dell’Essex, nata nel 2012, che conta già due dischi (il primo omonimo e Broken Machine, promosso dal tour) e numerose apparizioni su palchi di tutto il mondo in apertura ai Muse. Li ho conosciuti proprio per quest’ultimo motivo e per qualche canzone salvata nella mia playlist di Spotify.
L’illuminazione, però, è arrivata lo scorso mercoledì, dopo aver ricevuto un messaggio: “Hanno appena passato in radio il nuovo singolo dei Nothing But Thieves. Sono una figata! Hanno anche detto che suoneranno domenica a Bologna”.
Ecco, a quelle parole è scattato il piano d’attacco. Nonostante l’annuncio del sold out, per qualche fortuito e fortunato allineamento di pianeti, la mattina stessa del concerto ho trovato due biglietti. Missione compiuta!

Xcerts (secondo gruppo)

Alle 20.30 il parterre di Zona Roveri è già gremito e pronto per l’opening act. Spetta agli Airways rompere il ghiaccio. Il quartetto di Peterborough sembra la classica formazione di teenager un po’ impacciati del liceo. Il frontman indossa una t-shirt blu avio con righine bianche a contornare maniche e girocollo, modello che non poteva assolutamente mancare nel guardaroba ideale di inizio anni ’90. I primi accordi, alcuni riff… e che bomba! Impronta garage, energia da vendere e pezzi che si collocano all’interno del panorama brit, tra Artic Monkeys, Royal Blood e Kasabian. Subito dopo, è la volta dei The XCerts, trio scozzese con ben quattro album all’attivo (la pubblicazione di Hold On to Your Heart è di due settimane fa) e capitanata da Murray Macleod. Il loro stile si avvicina ad un pop-rock radiofonico e ammiccante che rimanda, da una parte, ad alcune delle hit più famose degli Snow Patrol e, dall’altra, alle colonne sonore delle serie TV della nostra adolescenza (non posso non citare la frase che mi è stata detta all’orecchio: “Ma la sigla di Dawson’s Creek quando la fanno?“).

Giusto il tempo del canonico cambio di strumentazione e, all’urlo dei fan, entrano in scena i Nothing But Thieves. Si inizia a ritmo serrato sulle note di I’m Not Made By Design, una delle tracce più convincenti del loro ultimo lavoro in studio. Con Wake Up Call e Trip Switch, cavalli di battaglia super conosciuti della band, l’atmosfera si infiamma ulteriormente: il pubblico canta tutte le canzoni a memoria tanto che Conor Mason gli rivolge spesso il microfono, meravigliato dell’effetto unisono. È proprio Conor a canalizzare l’attenzione. Una voce unica nel suo genere che tocca vette quasi inarrivabili, mantenendo la sua corposità anche nel falsetto. Talento, potenza e tecnica si accostano ad un’interpretazione intima e a momenti in cui, salendo di tonalità, le vibrazioni delle corde vocali sfociano in sfumature graffiate, meno perfette ma incredibilmente autentiche ed umane. Si continua, senza pause: chi salta, chi rimane immobile, chi canta, chi ascolta in silenzio, chi si commuove, chi prende aria a pieni polmoni e chi invece trattiene il respiro, in apnea. Da brividi una Love, Please Stay, eseguita in acustico. Nell’immancabile encore, arrivano finalmente Particles, a cui ormai sono affezionata essendo stato il singolo galeotto passato alla radio, e Amsterdam con la quale i Nothing But Thieves avevano preannunciato, a maggio 2017, l’uscita di Broken Machine.

Credo che uno dei modi migliori per capire come sia andato un concerto sia osservare i volti delle persone, una volta spente le luci e calato il sipario. Domenica, su quelle espressioni ho letto: “Mamma mia che botta!”. Sì, è stato esattamente così! Una bellissima sorpresa. L’aspetto che più mi ha meravigliato riguardo questo gruppo è l’evidente duplice natura. La prima è quella che si addice all’età: ragazzi giovanissimi, entusiasti, pieni di carica. Riescono a coinvolgere e a far identificare, attraverso musica e testi, i loro coetanei che ad ogni concerto si stringono al palco, in un abbraccio. Non manca, però, un lato adulto, di chi è dovuto crescere in fretta per affrontare un percorso così ambizioso. Tutto questo si rispecchia in una fetta di pubblico più adulto, anagraficamente parlando, composto dai nostalgici del rock suonato sulle chitarre, che rivedono in quei musicisti l’autenticità e la grinta derivata dallo scenario anni ’90 (come non accorgersi, poi, che il chitarrista Joe Langridge-Brown, con i suoi capelli biondi alle spalle e la camicia di flanella a scacchi è la copia di un Kurt Cobain ventenne).

Perché, al di là dei comodi fenomeni mediatici che si continuano a promuovere, esistono (per fortuna!) ancora ragazzi come Conor, Joe, Dom, James e Phil che non smettono di tracciare il proprio sentiero. Uniscono novità e personalità ad una ispirazione musicale derivata dagli ascolti e dall’ammirazione per quegli artisti che, nel tempo, li hanno spronati nell’inseguire un sogno.

Oggi, per i Nothing But Thieves, il sogno sta diventando realtà.

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