RECENSIONE: Venus In Furs – Carnival (Phonarchia Dischi, 2016)

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Che certe premesse, da parte dei rispettivi fondatori Claudio Terreni e Marco “Zorro” Doni, fossero tutt’altro che campate in aria lo si era intuito immediatamente nel 2011 ascoltando un lavoro come “Siamo Pur Sempre Animali”, disco d’esordio che, già dal singolo come Cecilia e la famiglia, aveva finito per buttare giù delle fondamenta destinate a durare nel tempo, e dell’E.P. digitale di transizione “BRA! – Braccia Rubate All’Agricoltura”, insolito nell’aver visto come formato, anzichè CD o vinile, quello di una chiave key-play USB ma non per questo meno carico e messo a fuoco a livello di idee. Musica rock senza fronzoli, non per questo prossima a divenire una minestra riscaldata, un linguaggio semplice ma efficace che a suo modo lascia un segno indelebile e che favorisce assai una band del genere. Fa piacere pertanto venire a sapere che la non poca curiosità, unita ad una certa impazienza, di sentire i ragazzi di nuovo sul campo con un secondo full length sia stata adeguatamente ripagata: “Carnival” non è solo la nuova fatica firmata Venus In Furs, oltre che la prima realizzata come un trio, vista la fuoriuscita dalla formazione di Giampiero Silvi, ma anche, a suo modo, una sfida in cui vengono alla luce delle graditissime ramificazioni che ben si estendono al nucleo pungente e rumoroso di molti dei brani del lotto, dalle più granitiche ad altre particolarmente pacate che lasciano emergere un aspetto sentimentale ma mai stucchevole, e si vedano a tal proposito Semplifica, che ipotizza, riuscendo nella sua regolare evoluzione, l’idea di una possibile ballata da inserire in un lotto così devoto ai 90’s eppure ben rapportato al presente, e San Valentino, che benché sia situata agli estremi opposti in quanto ad ispirazione, tanto da richiamare persino un immaginario westerniano, segue un esempio assai analogo e viene favorita da una leggerezza di stampo 60’s in graduale crescendo, ma non risulta da meno neanche l’introspettiva parentesi lievemente lo-fi di Giulio. Per tutto il resto la formazione pisana appare evidente quanto ci goda nello sbizzarrirsi senza mai parlarsi addosso: i momenti di spicco sono situati in Vieri, ove ci si cimenta in un crossover à la Rage Against The Machine, spingendo in concomitanza sull’acceleratore dei Led Zeppelin, e Battle, con la quale si mantengono quei germi hard rock che, pregni di un irresistibile groove creato dal batterista Giovanni Boschi, danno luogo nel corso dell’incalzante ed esplosiva galoppata, ma ci sono anche il contrasto tra passato e presente, alla luce dei fatti degli ultimi anni di natura sociopolitica, presente in Nazisti ed espresso a mò di tirate contaminazioni country sembra quasi rievocare il Beck dell’era “Mellow Gold”, quello di Loser e Beercan, per intendersi, e finisce per includere nella coda di fiati persino la Crazy In Love divenuta cavallo di battaglia di Beyoncé, svariati accenni di generi atipici che passano da Datemi fuoco, uno sporco gospel che introduce un ruspante e ferreo folk-rock, ad Anita così non vale, che presenta un’immediatezza tipica del punk ramonesiano, una Dammi tempo che li tramuta in dei Faith No More rurali soggetti a ripetuti cambi di ispirazione math ed il recupero del blues di cui sopra che avviene prima tramite Ogni maledetta domenica, attraverso cui riceve, in un contesto southern, qualche scossa lievemente elettronica, come dei Tito & Tarantula o ZZ Top post-moderni, e poi con il tocco di classe, l’omaggio a Prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano, oggettivamente una delle sue produzioni di maggiore rilievo, che qui ingloba a sé rumorose e festose contaminazioni anglosassoni che donano una veste ulteriormente rinnovata e tutt’altro che fuori luogo, permettendo a cotanta mossa di risultare divertente e ponderata con meticolosità. I Venus In Furs sono così come appaiono, non hanno bisogno di nascondersi o di adoperare misure di cui non hanno bisogno, ed è indubbiamente meglio così: “Carnival” è un lavoro che fa assolutamente piacere ascoltare più e più volte vista l’impressione che lascia all’ascoltatore e di questi tempi, non proprio paradisiaci per certe vibrazioni se non sfavorevoli, serve assai una musica come la loro.

VIF - Carnival coverVenus In Furs – Carnival
(Phonarchia Dischi, 2016)

1. Datemi fuoco
2. Dammi tempo
3. Vieri
4. Battle
5. Nazisti
6. Anita così non vale
7. Semplifica
8. Ogni maledetta domenica
9. Giulio
10. San Valentino
11. Prisencolinensinainciusol

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