LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: INUDE

Intervista di Gianluca Clerici

Psichedelia e nuovo soul digitale. Non resta molto altro da aggiungere se non perdersi tra il significato e il potere visionario di “Balloon”, il nuovo singolo degli INUDE che sembrano tornare in scena in punta di piedi con un tempo rallentato, monotono e monotematico. E dietro la coltre computerizzata c’è la riflessione che lascia spazio anche a punti di luce e di respiro quasi analogici. Un brano davvero molto ma molto interessante che probabilmente aprirà le porte al nuovo futuro di Giacomo Greco, Francesco Bove e Flavio Paglialunga. Staremo a vedere. Per ora ecco il loro punto di vista alle consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Diciamo che chi fa musica, a prescindere se questo coincida o meno con il proprio lavoro, dovrebbe farla per se stesso. Fare musica solitamente non è una “scelta” ma una necessità quasi fisiologica, almeno questo è quello che pensiamo. Detto questo, se un progetto piace e viene richiesto da un pubblico si crea in automatico la necessità di avere una struttura alle spalle, per gestire tutto ciò che succede una volta usciti fuori da uno studio di registrazione.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Quando si trattano problemi socio-culturali come questi le responsabilità ricadono su tutti, nessuno escluso. In Italia il pubblico di massa è disinteressato alla cultura – inutile negarlo -, e il mercato non ha il coraggio di uscire fuori dalla sua comfort zone, perché l’interesse non è progredire ma guadagnare il più possibile. In tutto ciò le radio seguono il mercato, così come i magazine.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
L’informazione dovrebbe educare il pubblico, ma spesso accade che lo insegua, a discapito dell’informazione oggettiva e della qualità di essa.

Con gli INUDE di questo nuovo singolo facciamo un’esperienza lisergica e anestetizzante, sociale a suo modo, sospensiva e introspettiva di suoni digitali. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
“Balloon” è un brano sicuramente particolare, ma al tempo stesso penso sia molto semplice e diretto. Non posso assolutamente dire che dietro alla scrittura e alla composizione di questo brano – e vale anche per gli altri lavori di Inude – , ci sia stato un ragionamento legato al mercato.
Detto questo, per noi il brano ha un senso profondo e ognuno è libero di farlo suo, di attribuirgli un senso diverso ad ogni ascolto.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che vi viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Riuscire a farlo senza dover scendere a compromessi.

E se aveste modo di risolvere questo problema, pensiate che basti?
Suppongo che ne guadagneremmo in qualità ed in quantità.

Finito il concerto degli INUDE: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Il fonico il realtà è il terzo Inude, e se dovesse decidere lui metterebbe immediatamente gli Atoms for Peace. Per quanto riguarda me e Giacomo suppongo che un brano di Trentemøller andrebbe più che bene.

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