#JUSTKIDSREADING: Mavaffanguru di Prem Dayal, un libro che fa pensare

Mavaffanguru! di Prem Dayal: un libro che fa pensare

Titolo: Mavaffanguru
Autore: Prem Dayal
Genere: Satira socio-spirituale
Casa Editrice: Ilmiolibro
Pagine: 303
Codice ISBN: 9788892352001

«[…] L’identificazione è il vero cancro della coscienza. Karl Marx disse che la religione è l’oppio dei popoli, e ha sicuramente ragione; ma Peppino Cocozza, il nostro “Vaffanguru” che ci guida in questo viaggio – a cui è impossibile far capire che Marx è morto già da tempo – ci spiega che la causa del rimbambimento generale non è dovuta tanto alla religione in sé, quanto alla “identificazione”; e alzando un bicchiere di vino a un matrimonio in cui si è trovato per caso, trasforma una perla di saggezza in un brindisi: “L’identificazione è l’oppio della coscienza… brindisi faccio alla sposa Vincenza”. Fra le tante identificazioni, la religione è solo una delle tante droghe che ci impediscono di vedere le cose così come sono. La droga più pesante, sicuramente, che spesso richiede anni o vite di disintossicazione per potersene liberare. Verrà il giorno in cui il mondo si accorgerà del tesoro nascosto nella lingua italiana, e il santo Mantra della Disidentificazione “Non sono cazzi miei” sarà usato in tutti gli istituti di riabilitazione, riumanizzando intere popolazioni che per millenni, drogate da idee primitive, hanno dato di sé uno spettacolo tutt’altro che decoroso».

A cura di Alessandro Ruggieri

Copertina MavaffanguruÈ chiaro già dal titolo che Mavaffanguru! non è un manuale come tutti gli altri. Così come non convenzionale è il suo autore, Prem Dayal, al secolo Giuseppe Pasculli, un italiano trapiantato in Messico al seguito delle sue originali attività: artista di strada, insegnante di mimo, regista e coreografo, fondatore di un centro di meditazione per la ricerca interiore che attira migliaia di persone. Prem Dayal, tuttavia, non sembra amare le classificazioni. E le evita anche il suo best seller, una guida spirituale per mistici senza Dio che è, fondamentalmente, una satira del proprio stesso genere di riferimento. L’anti-guru fittizio che accompagna il lettore attraverso un percorso di risveglio della coscienza, tale Peppino Cocozza, è l’emblema della provocazione. Non porta tuniche, sandali o barbe lunghe, ma si attarda nei bar di periferia tra una birra e un biliardino, gettando perle di saggezza tra una parolaccia e una barzelletta. Le sue perle, tuttavia, nella struttura creata da Prem Dayal formano una collana particolarmente ordinata e luminosa. È chiaro, infatti, il messaggio del libro: per ritrovare se stessi occorre scardinare i pregiudizi e le credenze che imbrigliano la nostra libertà, scaricare la rabbia e le frustrazioni e rifiutare i condizionamenti sociali.

Di questo processo di purificazione fa parte, sottintesa, soprattutto la risata. Lo stile dissacrante, immediato e comico della scrittura sorpassa con un salto a piè pari il linguaggio simbolico dei tesi sacri, le pompose massime di moderni santoni e mental coach, i consigli paternalistici e intrisi di ovvietà di motivatori e maestri New Age. È proprio l’immediatezza di una conversazione “bassa” e fortemente colloquiale a riflettere, infatti, la spontaneità che ciascuno di noi è invitato a ritrovare. La causa delle nostre angosce risiederebbe non a caso nell’affollamento di sovrastrutture sociali, culturali, morali e religiose che sin dalla nostra infanzia, tramite l’azione lenta e inesorabile dei cosiddetti alchimisti al contrario (gli adulti già corrotti), confonde in un marasma di condizionamenti la nostra innocenza pura e divina. “Dio”, in questo libro, assume in effetti diverse identità, che sfumano l’una nell’altra: come puntualizza la prefazione, con la maiuscola si riferisce alla divinità venerata dalle religioni maggiori; con la minuscola, all’elemento ultraterreno che permea l’universo e, di riflesso, la nostra esistenza e il nostro io; con un diminutivo, Diosito, a un ironico protagonista di numerose riletture di parabole ufficiali. Ridere dei propri stessi dogmi non appare, quindi, blasfemo. Ricongiungersi con dio significa allora levare dai nostri occhi il velo di Maya, uscire dalla caverna ed esplorare il mondo con uno sguardo nuovo, puro e semplice.

Prem Dayal

Se i riferimenti culturali, nonostante la pretesa del libro di esserne totalmente estraneo, sono molti – dalla filosofia classica all’idealismo, dalle dottrine orientali alla psicoterapia strategica –, la “pratica” che vi si accompagna è ben diversa dalle discipline tradizionali. Ironizzando allo stesso tempo sulle formule religiose fisse e le reiterazioni tipiche delle discipline meditative, Prem Dayal individua tre “mantra italiani” di infallibile utilità, in grado di riportare chiunque a ricongiungersi con la propria realtà interiore. Emblematica la loro definizione: il mantra del distacco recita Machissenefrega! e, gridato a pieni polmoni, polverizza in un attimo anni di credenze imposte dai contesti famigliare, scolastico, sociale e religioso; elogio di una sincerità naturale e di una franchezza priva di freni, ritrova in una spregiudicatezza sovversiva il segreto per il scioglimento di numerosi conflitti interiori. Segue il mantra della purificazione: ripetere Mavaffanculo!, rivolti alle proprie frustrazioni e angosce, permette in un secondo di vivere il presente senza paure, ansie e rimorsi. Si tratta in effetti di una rilettura comica e potabile dell’hic et nunc di ispirazione zen, ripreso da Osho e dall’adesso di Eckhart Tolle, con un pizzico di irriverenza in più. Conclude il percorso il mantra della disentificazione: grazie al Non sono cazzi miei, infatti, capiamo come nessuna etichetta può imbrigliare il nostro essere, di pari dignità a quello del prossimo, buttato come noi nella mischia della realtà attuale.

Mavaffanguru! è un libro che fa pensare. Ispira risate, indignazione, talvolta fastidio; ma anche commozione, poesia, riflessioni e tanti perché, in un mix vincente che lascia scorrere più di trecento pagine nel tempo di una risata. In fin dei conti, dio stesso ha senso dell’umorismo, come dimostra il caos di cui è intrisa la vita del mondo, l’imprevedibilità del nostro cammino terreno, la disordinata creatività di un bambino.

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