INTERVISTE: BEPPE DETTORI & ROUL MORETTI – “(IN)CANTO RITUALE” (UNDAS EDIZIONI MUSICALI, 2020)

Intervista di Gianluca Clerici

Disco di freschissima nomina alle candidature delle celebri Targhe Tenco di quest’anno, un lavoro che quindi troviamo censito dentro la tanto ambita cinquina dei finilasti per la categoria Interprete di Canzoni assieme a Peppe Fonta, Maria Mazzotta, The Niro e Tosca. Si intitola “(In)Canto Rituale” questo prezioso lavoro di Beppe Dettori e Raoul Moretti, duo che definirei armonico e lisergico che da anni ormai ricerca e sperimenta il suono nelle sue tantissime forme visionarie dentro percorsi storici, scritture della tradizioni e innovative derive inedite in bilico tra mood analogico, strumenti antichi ed elettronica futuristica. Un disco questo che ripercorre i grandi successi di Maria Carta a cui si aggiunge anche “Ombre”, testo poetico dell’artista di Siligio pubblicato nell’unico suo libro edito nel ’75 dal titolo “Canto Rituale” e che in questa sede i nostri hanno codificato in forma canzone scrivendone un inedito adattamento melodico. Una menzione doverosa alla Fondazione Maria Carta che ha accolto e ampiamente sostenuto la nascita di un disco come questo che si rende certamente prezioso nel ripercorrere la cultura e la storia di una pagina d’arte del nostro paese ancora oggi troppo spesso poco illuminata. La bella canzone d’autore che qui codifica e rilegge strade e sentieri seminati nel tempo da grandi uomini e grandi donne della cultura italiana.

Vi avevamo ospitati nella nostra rubrica ma con questo nuovo disco vorremmo approfondire. Un piacere ritrovarvi ma soprattutto ritrovare un duo che dimostra ancora di avere fertilità di idee ed energia buona per inventare musica. Qual è il segreto secondo voi? Cosa spinge alla creazione e cose invece alla continua ripetizioni di soluzioni a cui assistiamo oggi?

(Beppe Dettori)

Per fortuna è un accadimento molto naturale per noi, cioè sembra venirci facile. Dietro vi è tanta passione per questo mestiere e tanti anni di studio e lavoro per far in modo che diventasse un “mestiere”. L’altra fortuna è stata l’aver accumulato in 8 anni di concerti, tanto materiale per l’economia del Duo. Allo stesso tempo anche individualmente siamo molto prolifici per i nostri progetti in solo. Se alludi alle tribute band, è una moda-mania che secondo me, non finirà mai. Potrà diminuire, il “fanatismo ripetizionale”, quando si troverà un giusto equilibrio fra creatività e tradizione. La domanda continua e infantile del replicare e imparare a memoria, da parte del pubblico, diminuirà nel momento in cui nasceranno nuove “stelle” da seguire per navigare nell’oceano musicale.

(Raoul Moretti)

Forse l’importanza oggi sta nella narrazione, la sostanza che sta alla base di un progetto. In maniera molto fluida e naturale è uscita la creazione, perchè stiamo raccontando “semplicemente” noi stessi, nella nostra “complessità”, attraverso la musica e stavolta omaggiando una figura iconica della musica sarda.

E per essere precisi: quanto e dove avete attinto per realizzare questo lavoro? Quanto c’è di altro e quanto invece è totalmente libero da sovrastrutture?

(Beppe Dettori)

Dalla tradizione sarda per quanto riguarda Maria Carta, dal canto multifonico tuvano, tibetano e sardo, dall’europa celtica al bacino mediterraneo, dai balcani al medio ed estremo oriente. Dalle americhe e dall’africa. La contaminazione Wolrd-Music. 

Le radici, così diverse e così simili a distanze di migliaia di km, non mi lasciano indifferente, ma anzi, mi aiutano a comprendere il mondo, la storia, la vera politica e l’economia. La storia non riportata sui libri di testo, ma impolverata in antiche biblioteche diventa il cibo per l’anima per la mia piccola esistenza che sogna di allargare il proprio Ego. La mia esperienza di vita entra inconsapevole nel mio lavoro di alchimista musicale. Da 8 anni, così, ho trovato un altro esploratore sonoro come Raoul Moretti, che mi accompagna in questo viaggio anche quando siamo soli nei nostri viaggi in “solo”. Consapevoli della solitudine nella non-solitudine, Materia e Spirito.

(Raoul Moretti)

Abbiamo attinto dal repertorio principale di Maria Carta, che incorporava i brani più famosi della tradizione sarda, ci siamo sentiti supportati dall’approccio innovativo con cui la cantante aveva affrontato tale repertorio negli ultimi anni, e liberi da sovrastrutture e limiti filologici abbiamo innestato il nostro suono che è il frutto di questi anni suonati sui palchi insieme dove abbiamo fuso i nostri percorsi personali, fatti di ricerca vocale, di tradizioni lontane, di folk, di rock, di tecniche non convenzionali, di elettronica, di psichedelia…

Dalla vostra arte e dal modo di vestirla pubblicamente ho sempre notato un’attenzione marginale all’apparire, all’estetica di marketing. I vostri dischi tornano alle origini anche per questo concetto secondo me. La musica parla da se… il resto è ridondanza. Non è così?

(Beppe Dettori)

Si è così. Per parafrasare Elettra Lamborghini, Musica…e il resto scompare. L’estetica di marketing , il mainstream, fanno parte di un’altra branca della musica dove vi è un certo tipo di espressione e comunicazione. Noi, nel nostro progetto, siamo musicisti che tentano di scavarsi dentro e tirare fuori qualcosa di non mediato ma improvvisato. Una sorta di “scollegamento” dalla rete, dal sistema, dalle convenzioni. Deframmentare per esplorare se stessi.

(Raoul Moretti)

Sì, è così e mi fa molto piacere che riconosca questo. Interviste come queste sono sempre una bella occasione per concettualizzare meglio certi aspetti ed anche prenderne consapevolezza, ma alla base c’è una grande gioia e feeling che proviamo nel suonare insieme e poterla condividere.

Tra l’altro “(In)Canto Rituale” sembra cullare una porzione di ascolti e di abitudini culturalmente alta. Tanta musica del mondo vive in questi sottoboschi sempre più affollati di intenditori che restituiscono alla musica anche una valenza culturale oltre che di bellezza. Qual è il reale habitat di una simile composizione? Socialmente parlando intendo…

(Beppe Dettori)

Non mi porrei dei limiti all’umano risveglio delle coscienze. Credo, da visionario, che il livello di coscienza e consapevolezza dell’uomo possa raggiungere vette molto alte. Tuttavia l’oscurità è un nemico difficile e duro da combattere. Perciò non è un percorso facile trovare una collocazione reale in un mondo devitalizzato dal libero sentire. E’ un discorso molto ampio che comprende la società in cui viviamo e che abbiamo costruito. Il profitto e la commercializzazione sono su un altro piano vibrazionale con il quale, bene o male, siamo tutti assoggettati e costretti a relazionarci. Questo non ci deve impedire di goderci la frustrazione della pillola rossa, potevamo scegliere la pillola blu. Io e Raoul non ci saremmo mai incontrati.

(Raoul Moretti)

C’è posto in una comunità che ha una visione sempre più olistica, cioè che accoglie le cose nel suo intero, sfugge dalle solite divisioni in categorie e in opposti, ed ha consapevolezza del mondo della sua complessità e varietà. Dove quindi c’è posto per tutte le visioni ed i punti di vista e si è disposti ad ascoltarli, dove ci si regola anche il tempo di ascoltarli, perchè comunque è una ricchezza di varietà, anche se poi può essere lontana dalla mia concezione o dai miei gusti. Per dirla con le parole di oggi, una vera globalizzazione, dove c’è posto per la varietà e non per l’omologazione.

A chiudere: la produzione di questo disco punta al che ogni cosa sia riproducibile dal vivo oppure davanti un pubblico preferirete lasciare ampio spazio a riletture e nuove improvvisazioni?

(Beppe Dettori)

La nostra natura ci porta ad essere così, con questo spirito e carattere. Ma siamo lucidi e consapevoli in quali rapide stiamo navigando e non ci spaventa il confronto con altri mondi musicali lontanissimi da noi…amiamo, anche in veste individuale, collaborare con diverse forme e stili. Pertanto potrebbero nascere cose nuove in futuro.

(Raoul Moretti)

Per noi una produzione fissa un momento, ne traccia il segno come urgenza nostra. al tempo stesso ci aiuta a mettere delle strutture in cui muoverci e che dal vivo danno possibilità di riletture, nuove improvvisazioni, che poi possono anche cristallizzarsi , per poi prendere nuove evoluzioni in un discorso in continuo divenire che ci aiuta a mantenere vitalità in un continuo dialogo ed ascolto sul palco tra di noi e con l’ambiente circostante.

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