Intervista di Gianluca Clerici
Scende in campo con personalità solitaria Fulvio Effe, voce storica dei Mivanez. Disco indipendente, autoprodotto, disco “egoista” come lo definisce lui, un lavoro dal bellissimo suono pop che un poco rispecchia i cliché e tanto cerca la sua via ben dentro un recinto che troppo spesso consideriamo piccolo e già ampiamente conosciuto. Secondo noi invece c’è ancora tanto da scoprire. Ad una pubblicazione come “Punto” chiediamo tanto, non solo il gusto estetico. Ad un artista come Fulvio Effe chiediamo il suo punto di vista sulle consuete domande sociali di Just Kids Society.
Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Dove c’è poca musica serve gossip, mi spiego: la musica, l’arte in generale, sono cose che non necessiterebbero di nulla se non di un artista che le crea e di un pubblico che le ascolta, poi è normale che il pubblico sia sempre alla ricerca di “qualcosa di più”, e non è facile dare “qualcosa di più” SOLO con la purezza dell’arte, spesso servono altre cose, l’importante, secondo me, è rimanere SEMPRE fedeli a se stessi, nel bene e nel male, nella forma e nel contenuto.
Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Nessun presente ha mai avuto le carte per segnare una nuova via, penso che in tutte le epoche (forse escluso giusto il dopoguerra) si sia sempre pensato al passato con grossa nostalgia, questo perché, di base, siamo insoddisfatti, e fatichiamo a gioire e godere delle piccole cose, questo ci porta spesso a pensare a “quello che era” e non a “quello che sarà”; errore grave, perché il passato non si può più cambiare, il futuro si.
Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Penso di non ricordare una trasgressione innovativa dai tempi di Marilyn Manson, quindi parliamo di 20 anni fa, lui si è stato innovatore in quel campo, il campo della “trasgressione musicale”, li ha presi in giro tutti e ci è riuscito molto bene, quelle di oggi sono piccole copie di cose viste e riviste, servono e sono utili quando i contenuti scarseggiano e il bisogno di “monetizzare” è urgente.
Scendiamo nello specifico di questo disco, che parla di un pop-rock che ricalca le grandi strade aperte dal main stream di genere in anni passati, cerca comunque il buon gusto italiano e le belle melodie da cassetta. Anche la produzione ha cercato questa direzione, lo avverto anche nei momenti meno didascalici che arricchiscono l’ascolto. Però fa anche presa su un testo e soluzioni per niente scontate, per niente radiofoniche per certi versi, per niente superficiali. Dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Questo è un disco “egoista”, un disco per me, non è stato prodotto pensando a “come potrebbe funzionare”, non mi è mai interessato, pensa che il mastering è stato fatto per l’ascolto su cd e non per l’ascolto in streaming, non voglio fare la parte del nostalgico o di quello che “si sente sopra”, ma quando scrivi cose TUE che parlano di cose che TU hai vissuto, come potresti rovinare tutto pensando a “come posso venderlo di più”? nel disco mi sono occupato di tutte le fasi della registrazione, arrangiamento, stesura, ho diretto i video in prima persona e me li sono pure montati, ho suonato tutti i brani e ho disegnato personalmente le copertine, potevo tradire tutto con un semplice ragionamento sul “come posso venderlo meglio”?
Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
La musica indipendente credo che possa trovare terreno fertile, certo è sempre più difficile, ma bisogna anche trovare la forza di essere meno bigotti, sforzarsi a capire meglio il perché di certe situazioni, perché esistono programmi come uomini e donne per esempio (posso dirlo?) perché se domani mattina riuscissi ad avere un flirt con Annalisa (per esempio) probabilmente il mio disco arriverebbe a milioni di stream… solo perché “sono il nuovo fidanzarto di”? forse trovando le risposte corrette potremmo anche capire come evitare tutto questo, o quantomeno limitarlo, ma gli input devono partire da “lassù”, da chi produce per il bisogno di “far cassa” e che crede ancora che le radio possano fare la differenza.
Ho avuto contatti con persone diciamo “potenti” nel mondo discografico e posso affermare che il problema parte tutto da li, hanno potere, lo sanno, e fanno di tutto per farlo pesare, ne ho viste che se dovessi scrivere un libro, un giorno, qualcosa verrebbe giù.
Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
Deve, lo spero, per i ragazzi più che altri, meritano la possibilità di poter avere una cultura musicale più vasta, bisogna propor loro alternative, non possiamo ingozzarli di trap e reaggeton dal mattino alla sera.
E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Era inevitabile, la musica è OVUNQUE e ciò contribuisce a darla per “scontata” e pensare che siamo il paese con la storia più ricca di musica del mondo…
A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Fulvio Effe, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
“Futura”, di Lucio Dalla, indubbiamente: “Chissà…chissà… domani su che cosa metteremo le mani”…