LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ENRICO LOMBARDI

Intervista di Gianluca Clerici

Nuova penna, giovane energia, ma mestiere ormai calibrato da anni di musica, per diletto e per mestiere, misurata sulla storia dei grandi miti ma anche e soprattutto sudata e voluta carpendo dalla propria ispirazione… e questa è una storia fatta di canzone d’autore pop, semplice nella sua estetica ma di un complesso che si rende anche raffinato dentro le liriche che sanno come conformarsi ai diversi registri. Enrico Lombardi, abruzzese di origine e di vita quotidiana, finalmente alza una voce che non sia rivolta al maledetto virus e alle sue distanze imposte. Finalmente la voce di un cantautore parla di altro e questo altro è la terra che viviamo ogni giorno… prendendo spunto da fatti di cronaca, il testo di questo brano “Girasole” si adatta alla storia di tanti e alla visione che dovremmo tornare ad avere, incantata e romantica, della natura che stiamo uccidendo. A lui le consuete domande di Just Kids Society.

Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Penso che un progetto musicale valido di attenzione dovrebbe trasmettere agli occhi coerenza e sintonia con ciò che si sente dalle orecchie. Non servono a niente i vestiti da scena se non metti in atto una trasformazione concettuale con la tua musica. Ok, può bastare per la rottura generazionale, ma poi? Aspetta, però forse tu ti riferivi a tutto il contorno social, ai talent, ai litigi in diretta e alle bocche a culo di gallina.. Oggi la musica è un pretesto per la spettacolarizzazione, poco ma sicuro. Il contenuto troppo spesso va in secondo piano. Io so solo che non voglio essere così.

Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Il presente è fatto di coesistenza di generazioni eterogenee, con bisogni e spinte diverse, diciamo anche di contrasti tra ruoli di autorevolezza e sovversione di punti fermi. Quindi si generano letture diverse, contrastanti. La lettura del presente sociale è soggetta a variabili come le aspettative, il livello medio di istruzione, l’offerta culturale.. e poi soprattutto la spinta a fare casino e sfasciare tutto dei ventenni o del fermarsi a riflettere dei quarantenni. Guarda Brunori Sas, guarda Achille Lauro… il presente indica la nuova via ad ognuno nella misura in cui tu sei disposto a percorrerla, ma credo che tutti abbiamo vissuto una fase in cui conta solo il fuori pista. E va bene anche quello.

Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Certo, ma si, è un ciclo continuo, e forse credo anche naturale e non così studiato a tavolino, di trasformazioni e riproposizioni fin dai tempi della prima musica trasmessa dalla tv, da quando si attivarono i meccanismi di emulazione di massa basati sulla diffusione di immagini dei personaggi di turno. Video Killed the radio Stars.

Scendiamo tra le righe di questo singolo che abbraccia un tema caro all’attualità: l’ambiente e il male che l’uomo sta perpetrando nei suoi confronti. Una canzone che cerca un linguaggio di massa nella forma, nel suo schema pop, di un pop però analogico e “antico” in luogo di comuni scelte digitali. Una canzone che cerca, anzi pretende attenzione e sensibilità in un momento in cui siamo tutti schiavi di una tecnologia che ci educa al tutto e subito. Dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Girasole è un brano che indubbiamente ha una matrice pop, certo sicuramente non il pop attuale, perché è una canzone con una ricerca dei suoni che guarda verso l’America rock-folk degli anni ‘70, da qui l’uso della lap steel ma anche di certe progressioni. Ma indubbiamente, almeno nelle mie intenzioni, resta un brano di matrice “cantautorale”, ovvero si è scelto di adottare un arrangiamento che rispettasse il testo e il suo sviluppo. Qualsiasi produttore avrebbe detto magari che c’è poco ritornello, che due strofe attaccate non sono necessarie, che dura troppo, che un assolo non fa che allungare. Io ho sentito che la forma di questo brano non poteva essere altrimenti, ho quindi anteposto uno sviluppo musicale che sentivo naturale, coerente con ciò che sono e con la mia cultura musicale, a scapito di un brano più snello e attuale per durata, suoni, arrangiamento. Non me ne pento, sinceramente non mi sono posto il problema di come il mercato e il pubblico recepisse la canzone. Anche perché la mia identità musicale non si esaurisce in questo brano, che invece ne costituisce un episodio. Certo, oggi l’ascolto è molto più sclerotizzato, ripropone stilemi precisi e con una durata media molto più breve. Io ho scelto così solo perché è ciò che sentivo per questo brano, magari per altri si faranno altre valutazioni.

Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Non te lo so dire, non sono in grado di avere una visione così generale, d’insieme, tale da fare previsioni sulle particolarità culturali e la loro emersione. So invece che indipendente oggi è un termine usato più per cercare un posizionamento di marketing. Ma non credo che oggi nella musica cosiddetta indipendente ci sia una spinta culturale intenzionale, perché oggi tutta la società è atomizzata, individuare gruppi che spingono una sorta di movimento è estremamente difficile. So solo che se una musica è in grado di creare empatia, emozioni, scuotere, quella musica prima o poi emerge.

Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
Per come la vedo io, la musica non dovrebbe mai porsi come guida per la gente, nel senso.. quando questo accade, non è perché c’è stata una intenzione lucida di avere un peso sociale, ma accade perché inevitabilmente la musica sincera, con un sufficiente grado di tensione con la società e i cambiamenti in atto, spinta dall’ispirazione creativa, è in grado di smuovere la gente su letture diverse del quotidiano.

E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Vorrei tanto tornare a quando compravamo i cd in special price o quando con qualche soldo da parte si prendevano i primi vinili, all’attenzione nel booklet, ai credits dei musicisti, ai testi, alle tracklist a memoria, all’importanza generale che la musica rivestiva in tutti i suoi dettagli. Ma come dici tu per l’esempio di Spotify, quando poi sono arrivati Napster, WinMx, Emule, io come ascoltatore sono stato tra i primi ad aprirmi alla novità e a ritrovarmi, come per magia, gigabyte di discografie che ancora finisco ad ascoltare la prima cartella d’autore. Ugualmente ne ho tratto beneficio perché sono stato in grado di assorbire in maniera più ampia, più enciclopedica l’arte, la musica, il cinema, anche se certamente in modo molto frammentato e incompleto, ma sicuramente maggiore di quando c’era un limite economico all’accesso dell’offerta culturale.
Questo per dire che occorre partire dalla curiosità di ogni buon ascoltatore, e per ogni artista mantenere il focus sul proprio messaggio, evitando condizionamenti dal sistema, magari oggi lavorando molto più nel live per avere un ritorno. Se trasmetti un messaggio sincero che abbia valore per l’ascoltatore, i dischi magari non si vendono ma tanta gente si identifica e ti viene ad ascoltare. E poi il mercato chiede un album ogni 8 mesi? Ok, ma non è un obbligo, concentriamoci innanzitutto a scrivere musica che abbia un valore innanzitutto per noi.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Enrico Lombardi, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Vado pazzo per i concerti dove alla fine si mettono i grandi classici del funky, ad esempio “Papa’s Got A Brand New Bag” di James Brown o “Pick up the Pieces” degli Average White Band. Sceglierei sempre questo tipo di musica per salutare il pubblico, magari per tenerlo ancora un po’ vicino, stimolandoli a lasciarsi andare in qualche ballo. Io che con la musica cerco nel pubblico più una sintonia riflessiva nelle parole o nelle tensioni dei crescendo strumentali, so che così colmerei una lacuna nel linguaggio del groove che, almeno per il prossimo futuro, non intendo esplorare.

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