People of Just Kids: Izzy

A cura di Carlotta Canovi

PEOPLE OF JUST KIDS

OGNI PERSONA HA DELLO STRAORDINARIO!

People of Just Kids è la mia rubrica, qui, su Just Kids Magazine. Nasce dalla mia voglia di raccontare, attraverso la fotografia, storie stra-ordinarie di gente comune. Persone normalissime eppure uniche. Persone, appunto, stra-ordinarie. Questa rubrica è People of Just Kids, io sono Carlotta Canovi e oggi vi presento Izzy…

people of just kids

Izzy al suo compleanno @Verona – Ph. by Carlotta canovi

 

Verona, Settembre 2021

Ciao Izzy. Io e te ci conosciamo da molto tempo e sai bene che la tua storia mi ha sempre affascinato. Per me, infatti, non sei solo fonte di ispirazione, ma anche di tenacia e di forza. Ti va di raccontare un po’ di te anche ai lettori di Just Kids Magazine?

Certamente. Da dove posso cominciare?
Sono nata in Italia, ma sono di origine marocchina. Verso i miei primi nove mesi di vita, i miei genitori mi portarono in Marocco per presentarmi a tutti i parenti.  Era il 28 febbraio 1998. Il paese era arretrato, la zona in cui risiedevo in quel periodo non era tra le più moderne, era molto povera. Diciamo che in quella zona mancavano diverse cose, per esempio non avevano nulla di simile a un interruttore differenziale (più comunemente chiamato salvavita, la cui finalità è quella di proteggere persone e dispositivi elettrici collegati alla rete in caso di guasto). Mia madre in quel momento era molto presa dalle attenzioni dei parenti, perché d’altronde,  aveva da poco dato alla luce la sua primogenita. 

Ero una bambina curiosa, quindi gattonavo sempre in giro. Vidi un filo penzolare e pensai di morsicarlo. Purtroppo si trattava di un filo della corrente che portava l’elettricità da un piano all’altro della casa, ed era scoperto, in bella vista. La cosa più tragica, è che la sorella più anziana di mia madre mi cercò, e nel trovarmi, tentò di staccarmi dalla presa a mani nude e morì. 

I parenti di mia madre dicono che io sono miracolata. Sono quegli eventi per cui devi ringraziare il cielo. Potevo morire. Era accaduto tutto nell’arco di sette minuti. I medici pensano che ci siano state diverse scosse alternate. Mia zia mi ha preso con il braccio destro e il filo con il sinistro. Di per sé, ha avuto un attacco cardiaco. Aveva 60 anni. Quando lei urlò nell’atto, qualcun altro, allarmato dalle urla, corse e prese un bastone, staccandomi così sia dal filo che da mia zia ormai deceduta.
L’altra metà della mia famiglia, cioè quella da parte di mio padre, mi vede come figlia del demonio. È gente bigotta, che invece di gridare al miracolo pensa sia tutto opera del demonio, dato che comunque, mi sono portata via una vita.

Avendo chiaramente bisogno di cure urgenti, sono stata trasportata fino al confine europeo, a Ceuta, dove mi hanno somministrato le prime cure. Da lì, tre viaggi: da Ceuta alla Spagna, dalla Spagna alla Francia, e poi fino a Borgo Trento (Verona), dove pare ci sia il centro ustioni più grande d’Italia, dove dopo 10 interventi mi ricostruirono parte del labbro. Buona parte dei nervi se ne andarono quel giorno di febbraio, fino ai quattro anni ebbi circa due interventi l’anno,  per poi riprendere successivamente dai 16  ai 18 anni d’età con un intervento l’anno.

Crescendo, sono stata per via della mia cicatrice vittima di bullismo. Ma del resto ero convinta che da più grande avrei risolto i miei problemi con le operazioni chirurgiche.

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Izzy all’aperitivo puffoso @Verona Ph. by Carlotta canovi

Ai miei 16 anni d’età, un chirurgo mi illuse che avrei avuto delle labbra normali. In realtà, dopo l’ennesimo l’intervento e la forte sofferenza conseguita dagli innesti derivanti dalla mia pelle della pancia, ero tale e quale. Ebbi una crisi isterica, speravo veramente in un miracolo, ma non cambiò nulla. Nella successiva visita di controllo mi diedero nuove false speranze, e così via, sino ai 18 anni. Ogni anno, durante visite e consultazioni dei dottori speravo di riacquisire la mia forma iniziale ma ciò non accadeva. Verso i 18 anni cominciai a cercare un modo per accettarmi. Ero una ragazzina e mi sarebbe piaciuto truccarmi, ma non riuscivo.  Il solo fatto di non poter utilizzare un rossetto mi pesava, perché ne accentuava la cicatrice.

Dove è arrivato il punto di svolta?

Il mio primo miracolo inaspettato fu la mia ammissione alla NAD – Nuova Accademia del Design di Verona.
Tra il 2016 e 2017, sono stata tra i dieci studenti più meritevoli e per questo, come premio, ci portarono al Salone del Mobile a Milano, tutto pagato. In uno show room, trovai un make-up artist, Karim Sattar.  Tra le tante modelle che facevano a gara per essere truccate da lui, lui, scelse me. “You darling, come here”. Ero imbarazzata, ma mi avvicinai. Lui mi chiese che cosa volessi fare e io di tutta risposta gli chiesi un modo per nascondere la mia cicatrice.
Perché non dovresti accentuarla? Fa parte di te e sei bellissima”. Tirò fuori dal suo kit una matita nude e un rossetto, e mi insegnò a fare un look adatto a tutti i giorni, proprio come lo desideravo. È stato in quel momento che accettai la mia cicatrice per la prima volta come qualcosa da valorizzare. Da qui inizia la mia passione per il trucco. È stata una delle giornate più belle di tutta la mia vita.

Quindi è così che è nata la tua passione per il make up! A questo proposito, so che apprezzi molto i prodotti di origine coreana e tutta la Corea in generale. Com’è nata questa tua passione?

Un altro dei motivi per cui venivo bullizzata era la mia acne. Un’amica di penna mi spinse ad informarmi sulla skin care coreana. Dopo qualche lavoretto estivo, mi guadagnai i soldi sufficienti per la mia prima linea di skin care Wonder Pore Etude House. Ci tenevo così tanto che ancora me ne ricordo il nome! Comunque, già alla prima settimana vidi grandi miglioramenti.
Tuttavia, al liceo mi ero già avvicinata alla cultura coreana in sè. Il mio percorso in scienze umane, d’altronde, mi spingeva a studiare quante più culture possibili.
Successivamente all’episodio con Karim, ne apprezzai anche la parte più dedicata alla cosmesi. Quello che mi piaceva del modo di truccare della maggior parte dei make up artist coreani era quel loro tocco così sfumato, che guardacaso si sposava perfettamente con le mie labbra. Da qui, ne deriva un crescendo di interesse sia per i k-drama, che per il loro cibo,  che per la loro musica. Non sono una Korea boo come alcune si definiscono, mi limito ad apprezzarne la cultura senza appropriarmene.

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Sono ben consapevole di chi sono, delle mie origini, del mio bagaglio culturale e ne sono infinitamente fiera. Quello che ho vissuto è stato terribile, ma mi spinge ogni giorno ad amarmi. Dopo aver iniziato ad apprezzarmi per la prima volta, ho cominciato finalmente a vivere. Ho iniziato a fare cosplay, a valorizzare il mio guardaroba, a viaggiare, mi sono liberata. Ed insieme a me, ho liberato la mia creatività in una maniera unica. Mi sento bella e conosco il mio valore, e non ci sarà nulla o nessuno a farmi credere mai il contrario.

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Izzy nel suo posto preferito in assoluto: il ristorante coreano! – Ph. by Carlotta Canovi

6 thoughts on “People of Just Kids: Izzy

  1. Storia emotivamente coinvolgente, grazie anche ad uno stile scorrevole e alla scelta delle parole! Leggendo mi è sembrato di essere insieme alla protagonista, come fosse una conversazione tra amiche. Senz’altro d’ispirazione! Grazie

    • Siamo felici di ospitare questo progetto di foto-doc proposto da Carlotta Canovi e siamo felici che la prima ospite sia stata Izzy.

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