LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: THE TANGRAM

Intervista di Gianluca Clerici

Giovani ma già ricchi di live e di target messi a segno partendo dalla strada e da un riscontro di pubblico seminato nel tempo. Solo dopo tutto questo arrivano al primo disco ufficiale disponibile anche in una bella pubblicazione in doppio vinile rosa. Parliamo della band abruzzese The Tangram che dal piccolo circuito di provincia ha scalato le scene italiane con questo gusto losangelino di nu-soul & funk, decisamente esterofilo e attentissimo ai dettagli estetici ricchi di glamour. Dai colori ai videoclip… siamo davvero di fronte ad una maturità e ad una chiarezza di intenti che di rado vediamo nei progetti emergenti. Si intitola “Cosmic Fuits” l’esordio firmato dalla IRMA Records: una forte personalità sicuramente anche se dentro contenitori stilistici che ultimamente hanno fatto assai presa dentro le nuove scritture della scena indie nostrana. A loro le nostre consuete domande di Just Kids Society:

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Oggi grazie al digitale è possibile registrare innumerevoli tracce strumentali o vocali, cancellare, ripartire, modificare, intonare, manipolare all’infinito… con il nastro dovevi avere accesso a risorse economiche importanti per farlo, molto brutalmente non era alla portata di tutti.
Mentalmente produrre o incidere un disco per un’artista in quest’era potrebbe significare avere le possibilità di concretizzare tutto e subito o di perdersi e bloccarsi nelle infinite vie possibili del digitale; questo sicuramente ha creato differenze rispetto agli artisti dell’analogico, forse prima erano più riflessivi, coerenti e anche più impeccabili.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Non sappiamo quale sarebbe la forma giusta, se vinile, cd, o cassetta, ma in qualche maniera sono sempre il simulacro del lavoro di un’artista. In generale la musica oggi si può reperire facilmente su YouTube o in abbonamento su Spotify, poi basta osservare il mondo fiorente degli NFT per capire che stiamo andando verso un cambiamento e un mondo di attaccamento morboso all’unicità di un oggetto. Sarebbe bello ridare valore alle cose fisiche semplici ma abbiamo costruito questa trappola fatiscente di fruibilità online ed il profitto artistico minimo resta relegato quasi esclusivamente ai concerti. Per quanto riguarda i singoli è piuttosto acclarato già dai primi iPod che ognuno fa la propria playlist, quindi sembrerebbe che per gli artisti sia più sensato rilasciare un singolo che un disco intero perché solo pochi riescono ad ascoltare un disco dall’inizio alla fine senza cambiare genere o artista.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Non ci stiamo abituando alla nuova normalità perché questa non lo è. Sarebbe triste pensare a questa forzatura, più che abituarci in futuro dovremmo ricreare contesti e ambienti dove poter condividere le abitudini, gli interessi.. i live nello specifico ma in generale tutta la vita pre-covid.

Scendiamo dentro le pieghe di questo lavoro. Il funk, il nu-soul, la costa ovest dell’America e qualche buona dose di “saudade”. C’è il glamour e c’è l’erotismo in senso artistico. C’è di sicuro un movimento che esce totalmente dai nostri confini e dalle nostre abitudini pop. Dunque come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
Secondo noi è viva e vegeta una scena ampiamente devota alle “nicchie” artistiche di un certo spessore, sicuramente non potremmo autodelinearci un percorso nella scena di cui parlate, piuttosto ci assorbe come fruitori in quanto siamo bombardati da prodotti ed è veramente complesso in quei pochi secondi di pubblicità capire se una cosa ci interessa e fino a che punto può toccare le nostre corde profonde. Non c’è tempo per ascoltare tutti, perciò, esclusi gli appassionati di musica che ricercano attivamente, per gli altri resta l’ascolto passivo, le scelte vengono dettate da quello che ci accade attorno, da un consiglio, dalle serie tv, dai film, dalla radio, da TikTok, da Instagram.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Secondo noi sarebbe bello se ci fosse un compromesso, che la musica non fosse solo una “puttana” da prendere e lasciare quando la si vuole.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Domanda a cui è impossibile rispondere con assoluta certezza, diciamo che oggi viene dettata la legge del ”bisogna apparire per poi poter essere, perché non basta più essere per apparire” ma potremmo anche definirla vaga e inconsistente su tutti i livelli.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto dei Tangram, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Di solito Gianmaria Spina, il nostro fonico, mette i brani che non abbiamo suonato live per infierire ancora di più sul pubblico. Scherzi a parte, qualsiasi cosa non sia mai stata ascoltata prima, quindi un qualcosa di inedito realizzato appositamente per poter destare curiosità ai più attenti. Un saluto ed un ringraziamento a tutti voi di Just Kids Magazine dai Tangram.

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