LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: BLU 21

Intervista di Gianluca Clerici

Altro esordio sotto i riflettori, un lavoro di dolcissimo dream-pop dai contorni sfacciatamente digitali che troppo spesso si attesta dentro soluzioni sospese, quasi provenienti da una calma apparente. E poi l’amore a regnare su tutto. Paolo Bottini e Sergio Guida ovvero i BLU 21 che sfornano un primo lavoro di inediti dal titolo “Ricordami”. Le sottili meraviglie del lato romantico di un uomo immerso nel tempo futuro.

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Beh certo il futuro non sembra proprio roseo oggi ma,rimanendo in tema musicale, crediamo che ripartendo con la musica live il futuro possa essere migliore. No l’analogico non potrà più soppiantare il digitale. Ci può e c’è comunque una certa convivenza. Spesso la si traduce con suono vintage.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
La musica si evolve sempre. È sempre esistita e sempre esisterà. Non esiste una forma giusta . La musica è una forma di espressione e come tale è e deve essere libera.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
No il live lo vediamo esclusivamente fisico , ma crediamo sia un pensiero di tutti gli artisti. È troppo bello sentire il pubblico cantare o vederlo ballare per poterci rinunciare. Il live digitale è stato solo un espediente.

Scendiamo dentro le pieghe di questo vostro primo lavoro che si poggia su strutture molto dedite al pop inglese se vogliamo, quello digitale, quello underground che molto però si volge nella direzione del main stream. Dunque possiamo dire che la direzione di questo disco, almeno nella sua forma, sia chiaro questo, vuole vivere dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti utili alla fruizione veloce?
È un album scritto in piena pandemia e a distanza. Ognuno di noi ha avuto campo libero ed è stato impossibile studiare o imprimere una specifica direzione al disco. Siamo un duo e per certi versi per noi il digitale è stata una scelta obbligata ma assolutamente nuova per noi. Veniamo da un percorso artistico completamente diverso.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Noi non demonizziamo Spotify. Certo è un contenitore ma lo è anche una biblioteca dove tu all’interno puoi leggere dei libri gratis ma una volta fuori puoi correre ad acquistarli. Analogamente lo puoi fare anche con Spotify. Spotify è una biblioteca musicale dove tu puoi attingere per ascoltare milioni di brani e se piaciuti puoi comprarli fisicamente in un negozio di dischi.
Magari avessimo avuto noi la possibilità di averlo in adolescenza. Le possibilità che avevamo per acquisire una cultura musicale erano: farti prestare un CD spesso consigliato oppure ed è innegabile dirlo, ricorrere alla pirateria.
Spotify è un grande mezzo. Si può discutere se offrirlo free in cambio di pubblicità che poco c’entra con qualsiasi forma artistica, ma non lo vediamo come il male della musica.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Appari se esisti o esisti se appari? La musica se è commerciale e per non commerciale intendiamo la musica che tieni solo per te in un cassetto, non è mai stata fatta solo di note.
I Beatles hanno “inventato” il pop. Nessuno può discutere il loro valore artistico e quanto abbiano fatto per la musica. Ma se non avessero avuto quel taglio di capelli tanto alla moda? Quello che vogliamo dire è che la musica è un espressione dell’anima ma ci sono anche molti aspetti di contorno che possono aiutarti ad arrivare alle persone. E quando diciamo contorno… parliamo di contorno non di portata principale.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto dei BLU 21, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
“Personal Jesus” dei Depeche Mode.

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