RECENSIONE: Glasvegas – Later… when the TV turns to static

Recensione di Gaia Caffio

Dieci tracce, 45 minuti di sosta nelle relazioni interrotte, statici sullo sfondo di paesaggi sonori nella penombra industriale. Il white noise persiste ma indietreggiato… diminuito e sporcato dal clima scozzese.

Non vi è alcun dubbio! Glasvegas hanno lasciato Las Vegas e le sue bugie. Sono tornati a casa, nella loro Glasgow, a metà strada tra i “sentimenti morali” di Adam Smith e l’emotiva conflittualità sociale. Il 3 settembre è uscito Later… when the TV turns to static, terzo lavoro in studio per i Glasvegas, registrato negli studi della Gorbals Sound di Glasgow, dove James Allan, cantautore, chitarrista, cantante, produttore, frontman, poeta, eroe di Glasgow e bla bla bla, ha utilizzando una console vintage una volta di proprietà della mitologica Decca Records.

Se il primo album è stato un lungometraggio nel revival post-punk ed il secondo una sequenza di episodi di euforia e cuori infranti su basi ritmiche anni ’80, il terzo LP appare totalmente istintivo e meno focalizzato sulle sonorità e con un aumento in estensione vocale di Allan. Nei lavori precedenti i quattro di Glasgow hanno reso elegiaco qualsiasi suono, stabilendo una cifra stilistica ben definita (non originale ma molto personale) fatta di armonie doo-wop, ritmi noise indie pop e riverberi alla Jesus and Mary Chain, oltre che di un meraviglioso (!) accento scozzese.

Ora, invece, l’attenzione si sposta sulla parola. I testi di Allan la fanno da padrone (“fury… rejection… when the world tries to steal some role in your life you need to guard it like a tornado”) e il dubbio – semicertezza – è che lo sia anche perché la formula sonora del gruppo è, oramai, stanca.

L’album è stato anticipato da due singoli: If, elogio del periodo ipotetico con una bellissima citazione dei Talking Heads (galeotta fu una chiacchierata telefonica con Alan McGee), e I’d rather be dead (than be with you) (realizzata e pubblicata il 20 Aprile in occasione del Record Store Day), dialogo trionfante tra un pianoforte e la voce di Allan. A parte i due singoli, i restanti brani non possono essere definiti diversamente che classici brani pop-rock e ballate dense di realismo. Saremo superficiali, ma ci mancano tanto le sontuose chitarre riverberate, le melodie piene di malinconica grandiosità, i lustrini e le paillettes di Las Vegas… bisogna dirlo.

L’album è uscito in diversi formati, compresa un’edizione Deluxe Almanac contenente un libro di 40 pagine curato da Allan con fotografie e artwork, tracce extra e un dvd con la registrazione di una performance dell’intero lavoro nella splendida cornice di un’antica chiesa battista, di Glasgow, naturalmente. Later… when the TV turns to static non scintilla e non delude allo stesso tempo. Non vi si trovano brani da dimenticare, ma senza dubbio è privo di “pezzi da novanta”. Il risultato è un progetto statico, che non allontana il pubblico più fedele ma che risulta superfluo per la conquista di nuovi sostenitori.

LATER… WHEN THE TV TURNS TO STATIS – GLASVEGAS
(BMG, 2013)

  1. Later… When The TV Turns To Static
  2. Youngblood
  3. Choices
  4. All I Want Is My Baby
  5. Secret Truth
  6. I’d Rather Be Dead (Than Be With You)
  7. Magazine
  8. If
  9. Neon Bedroom
  10. Finished Sympathy

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