LIVE REPORT: Marlene Kuntz @ Stazione Birra [RM] – 16/11/2013

Live report di Grace of Tree

Quali Marlene Kuntz gradite? Quelli più maturi, arditi, raffinati, con un occhio al sociale e uno rivolto alla poesia? Quelli oscuri, sensuali, incazzati, noise, destabilizzanti ma così rassicuranti per il pubblico più datato? Ma prego, chiedete pure, e ricordatevi solo di andare a un loro live per avere la risposta. Anzi, le risposte: molteplici, sfaccettate, spiazzanti, galvanizzanti, irriverenti, adrenaliniche, emozionanti. Di aggettivi ce ne sarebbero, e onestamente sarebbe anche il caso di inventarne qualcuno per questa band che, da più di vent’anni, non smette di sorprendere e dividere i suoi estimatori. Tanto, si sa, il vero artista è sempre davanti al suo pubblico.

Il 16 novembre ho assistito al mio primo concerto, in occasione della terza tappa del tour di anteprima di Nella tua luce svoltosi alla Stazione Birra, località Ciampino. Non chiedetemi se sia stata su Marte negli ultimi vent’anni perchè ho già fornito inconsistenti alibi a riguardo nel racconto del nuovo disco e non sono bastati i video presenti sul Tubo, con tanto di riprese endoscopiche, a fare di me una spettatrice consapevole dello spettacolo al quale avrebbe assistito dopo qualche mese.

L’atmosfera era già caldissima prima di cominciare e ad attendere i nostri artisti c’era, da più di un’ora, un pubblico fremente e nostalgico, abbarbicato in ogni angolo del locale e pronto a infiammarsi a ogni deflagrazione sonica dei suoi beniamini. Un pubblico strano, pretenzioso, diversificato quello dei Marlene, quasi quanto le anime che abbiamo visto consumarsi su quel palco.

L’incedere affascinante e misterioso di Nella tua luce ci ha traghettato nella prima parte del concerto, totalmente dedicata all’esecuzione dei brani dell’ultimo disco. Aver visto prendere vita in una dimensione live pezzi come Catastrofe, Osja, amore mio o la magica Su quelle sponde è stata una di quelle sensazioni rivestite dello stupore indescrivibile delle prime volte e, come tale, ora non trova parole ma ricorda il fiato trattenuto, l’incredulità e quel sentimento che si accompagna al compimento gioioso di un’attesa. Ai pezzi più intimi del disco, tutti eseguiti magistralmente, si sono alternati sul finale quelli più adrenalici come Senza rete e Il genio, invocati a gran voce da una parte di pubblico famelico e scalpitante che, quasi spazientito, chiedeva a gran voce “fateci ballare.”

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Foto di Luca Carlino

Tralasciando il mio disappunto per reazioni di questo tipo, probabilmente imputabili a qualche frangia nostalgica dei fan e non a presenzialisti di dj-set capitolini, noto sempre con rammarico quanto poco rispetto ci sia oramai da parte di chi crede di poter rivendicare chissà quale pretesa a fronte del prezzo del biglietto di un concerto. E poco importava che dinanzi avessero un’eminenza della musica che in quanto a sensibilità e imponenza avrebbe potuto tranquillamente spazzolarci via con una sola schitarrata dell’ingegner Tesio, le percosse incalzanti di Bergia, i fremiti metallici di Arneodo e Lagash, o un solo ruggito di Godano. In generale, mi sembra che all’artista sempre più spesso venga chiesto di decodificare i propri malesseri esistenziali demandandogli la responsabilità di uno sballo collettivo. La fruizione della musica rischia di diventare semplicemente un’occasione di evasione dalle costrizioni di una realtà sempre più frustrante, mortificandone, a mio avviso, la potenzialità più visionaria e intuitiva di esperienza condivisa in cui conoscere e riconoscere la propria stessa essenza. Per carità, non vogliamo fare di ogni artista un vate, ma cominciare a pensarlo come un ambasciatore di Bellezza già sarebbe una grande occasione di crescita per un pubblico più consapevole.

Dopo qualche minuto di attesa i Nostri sono ritornati sul palco lasciando spazio a sinuosi incantesimi del passato come l’onirica Abbracciami, la suadente Schiele, lei e me che Godano ha sottolineato con elegante gestualità e la sua obliqua e sensuale vocalità. Ero quasi sotto il palco e nel voltarmi ho scoperto la magia di tante piccole frequenze sonore disegnate da figure umane che ondeggiavano armoniosamente in una sola danza collettiva. Quell’atmosfera così ipnotica ha lasciato spazio a nuove evoluzioni musicali per infervorarsi subito dopo con pezzoni come A fior di pelle e la poderosa Io e me, mentre il pubblico, infiammato da quell’esplosione di rock, sangue e sudore, consumava l’ennesima asfissiante richiesta di Sonica, anche se disattesa.

Catartica ha fatto capolino lo stesso con gli inossidabili pezzi da novanta di Mala mela e Trasudamerica, mentre la dolente Uno ha concluso la seconda parte del concerto, concedendo la tregua di qualche minuto di pausa. Richiamati a gran voce sul palco, i Marlene si sono presentati in tutto il loro potente spiegamento di forze e hanno concluso il live con un poker d’assi fulminante, passando per brani come Mondo cattivo, Come stavamo ieri, Aurora e concludendo con l’incendiaria Ape regina. Con questo brano ci hanno inferto il colpo di grazia e, tra arresti e riprese infuocate, hanno catalizzato i nostri più oscuri rancori, per poi lasciarci atterriti, polverizzati e contenti.

Il finale è stato tutto in quelle mani alzate al cielo che sembravano voler avvolgere e trattenere in un abbraccio collettivo una band che si era appena concessa senza alcuna riserva al suo pubblico entusiasta ma non sempre, a parer mio, alla sua altezza. La sincera riconoscenza e l’emozione dipinta sul volto di Godano dinanzi a quel moto spontaneo di ringraziamento mi hanno rammentato la classe e l’umiltà dei grandi, quella particolare attitudine di chi ha conosciuto i fasti e i piccoli tradimenti del suo pubblico e ha imparato a non dare nulla per scontato. Quell'”è bello vedervi così, con le braccia alzate, è davvero bello” la diceva lunga su quanto possa essere difficile in Italia realizzare un percoso artistico, in continua evoluzione, fondato sull’integrità e il coraggio, in barba a tutti le formule preconfezionate e rassicuranti calibrate sulle aspettative altrui. I Marlene vanno per la loro strada, quella dell’Arte e dell’onestà intellettuale e a loro va la mia stima incondizionata. Due di quelle braccia, infatti, erano le mie…

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