LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: i KARBONICA

di Gianluca Clerici

Dietro “Quei colori” si nasconde qualcosa di interessante. Come sempre diamo ampio spazio a proposte che sono all’esordio o vestiti di generi assai lontani dal main stream. Dei KARBONICA mi viene da pensare all’ennesimo gran bel pop rock nostrano che dovrebbe stare dove invece neanche viene preso in considerazione. Il risultato è lasciare alle piccole produzioni il compito di darne voce, come possono e con tutti i loro limiti ed ingenuità d’esperienza. Quindi lode a chi non si arrende. E dalla provincia siciliana arriva un bel pop rock che ha scorza dura e sentimenti buoni. Il punto di vista dei Karbonica per i quesiti di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Nella vita si fanno delle scelte, di certo quella di fare musica per lavoro è una scelta coraggiosa. Quando si inizia con un proprio progetto (è inutile nasconderlo) bisogna investire, come in qualsiasi lavoro autonomo. Tuttavia di solito il principale problema è: “dove prendere le risorse?”. Sia chiaro, non basta avere dei buoni brani, se non si hanno i mezzi per farli sentire ad un grande pubblico questi resteranno ad esclusivo uso e consumo degli amici di chi li ha scritti e composti. Si può tuttavia scegliere di suonare, anche cover e farlo chiaramente come lavoro, al pari di chi chi va a lavorare come cameriere in un ristorante (non c’è vergogna in ciò) e trovare un modo più immediato per sostentarsi, ciò non esclude poi di poter usare gran parte di queste risorse per investire sulla propria musica, facendo diventare la musica lavoro. Di certo oggi non ci si sveglia una bella mattina e si decide di fare musica per lavoro!

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
I media abituano il pubblico, credo possa bastare come risposta! “ovviamente scherzo”.
I media hanno le loro colpe, lo sappiamo tutti che alcuni grossi network radiofonici producono attraverso etichette discografiche, da loro create, alcuni artisti, possiedono perciò pure le edizioni musicali dei loro brani, cioè diritti monetizzabili. Qualcuno è in grado di affermare che non c’è conflitto di interesse? Cosa dovrebbero passare queste radio sulle loro frequenze? Di fatto le grandi radio diventano più incisive delle case discografiche. Viene da se che ciò che i media propinano educa il pubblico, che a sua volta indirizzerà i suoi consumi verso prodotti studiati a tavolino con obsolescenza tecnica programmata di 2/4 anni. I talent show stanno a capo del sistema. In parte è chiara ed evidente pure una crisi del disco, su cui potremmo scrivere un libro.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Abbiamo in parte risposto a questa domanda, l’informazione educa il pubblico! siamo convinti di ciò e i testi dei nostri brani lo dicono chiaramente (“L’inganno” e “Ti racconterò” su tutti).

La musica dei Karbonica arricchisce il pop italiano di un rock assai schierato verso stili che hanno fatto storia. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Noi siamo questo, sappiamo chiaramente che oggi essere “classic” significa essere emarginati dai circuiti che erroneamente si autoproclamano “indie” in quanto indie significa indipendente e noi lo siamo più di molte sedicenti alternative rock band supportate da etichette discografiche grosse e grasse. Noi siamo, al contrario di questi lontani dal mercato; vi spieghiamo perché. Oggi in Italia esiste il mercato per quel target di pubblico “radical chic” in cui si sentono con frequenza chitarre scordate, si vede gente incapace di tenere in mano una chitarra e in cui si scrivono testi “fighi” in quanto ermeneutici, ma solo tanto per essere fighi. Velvet Underground, The Doors ecc. già sono esistiti, ma quelli creavano davvero! Quindi noi siamo fuori da questo mercato. Poi c’è il mercato pop, pop/rock che parla d’amore e di non sappiamo purtroppo cos’altro, monopolizzato dalle major discografiche, dai network nazionali e che pompa il nuovo “genio” venuto fuori da qualche talent show. Noi siamo fuori anche da quest’altro mercato. In sintesi, noi cerchiamo il nostro pubblico, quello sarà il nostro mercato, suonando con coraggio e coerenza quello che siamo.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che vi viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
La vera difficoltà di questo mestiere è capire come continuare a farlo, visto che da molte persone viene visto solo come una passione e un divertimento. Servono gli spazi in cui poter suonare da vivo e come qualsiasi lavoro quello del musicista deve essere remunerato.

E se aveste modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
No, non basterebbe, pur avendo gli spazi in cui suonare, servirebbe un pubblico più curioso. Insomma in quanti si fermerebbero in un locale di massa a sentire un intero concerto di una band che suona brani a loro sconosciuti? Negli anni 60 o 70 lo avrebbero fatto in tanti, oggi? E’ un cane che si morde la coda, se fai musica lo fai perché ci credi ciecamente.

Finito il concerto dei Karbonica: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Dopo che abbiamo parlato per un concerto di signoraggio bancario, di disoccupazione, di degrado urbano, di omologazione culturale, di corruzione e di clientelismo, dei nostri pensieri, dei nostri sogni e di quelle cose a cui molti non sanno più pensare….beh guarderemmo al vero rock, quello degli anni 70.

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