LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: SPAGHETTI JENSEN

Intervista di Gianluca Clerici

Da Modena al resto del mondo passando rigorosamente per Nashville. Siamo a due passi dal teletrasporto con gli Spaghetti Jensen che da perfetti italiani quali sono sfornano l’ennesimo disco di matrice decisamente country americana e lo intitola, questa volta, “Right Notes”. La vita on the road da bikers e da fuoristrada di ferro è ben raffigurato dalla loro musica che a pieno rispetta la tradizione certo mutuandola con i suoni di oggi e una vena rock che non manca mai e poi mai. Il loro punto di vista, decisamente country, alle domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Alla fine se fai musica non puoi prescindere dall’approvazione del pubblico. La musica per te stesso la fai a casa tua e basta. Poi se quello che fai piace alla gente allora vai avanti, e se piace a sufficienza ci puoi fare anche qualche soldo, e se fai abbastanza soldi puoi anche mantenerti con la tua musica. In maniera molto pragmatica e poco poetica direi che le cose stanno così. Se con quello che fai riesci a mantenere te stesso e la tua famiglia allora quello è il tuo lavoro, altrimenti se mangi e dormi a casa di mamma non ti puoi permettere di definirti musicista.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Nessuna colpa per nessuno. le cose si evolvono. 20 anni fa eri costretto a comprare i CD e a pagarli 30 mila lire e ti potevi permette un CD al mese. Adesso con un abbonamento da 10 euro al mese hai a disposizione nel tuo smartphone tutta la discografia mondiale. Io non ho mai ascoltato così tanta musica nuova e diversa come in questi ultimi tempi.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico? Se l’informazione è business allora si trasforma in spettacolo e per forza rincorre i gusti del pubblico. L’informazione per definirsi tale deve essere un servizio, deve costare soldi e non generare fatturati.

La musica degli Spaghetti Jensen è un Country Rock che sfacciatamente guarda al passato. Oggi però siamo immersi nella plastica industriale. In qualche modo la vostra cura per i dettagli e i contenuti, la vostra bellezza estetica, si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Guarda, onestamente noi non cerchiamo nessun senso in quello che facciamo, non siamo così raffinati da dare una giustificazione ai riff, ai giri di accordi, alle melodie che partoriamo. Semplicemente ci piace il Country, ci piacciono le atmosfere che evoca, e non facciamo altro che ricreare quelle atmosfere in sala prove e sui palchi. Non rincorriamo l’innovazione e la ricerca a tutti i costi, non vogliamo stupire nessuno, vogliamo divertirci e suonare, sempre e dappertutto.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che vi viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Per quanto mi riguarda faccio una fatica bestiale a trovare le chitarre che mi piacciono! Sono mancino ed è un delirio! A parte gli scherzi direi che do noi la musica non ha mai avuto la dignità che si merita, non è considerata una professione, ma un hobby come il calcetto o una corsetta tra amici. Ho 2 bimbi a scuola e musica non è certo una materia di studio come matematica, storia o italiano. E da qui deriva poi tutto il resto.

E se aveste modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Non so se basterebbe, ma sicuramente le cose prenderebbero un’altra piega.

Finito il concerto degli Spaghetti Jensen: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Mud di Whiskey Myers!

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