Intervista di Gianluca Clerici
Nularse. Un bel moniker con cui presentarsi. La sua è la faccia di Alessandro Donin, chitarrista ma devoto al mondo digitale da cui trae ispirazione per questo nuovo disco dal titolo figurativo e dalla forza sociale importante: “Sospesi”. E sono visioni e momenti di vita quotidiana, e sono dipinti futuristici che però attingono con sfacciato gusto e carattere a quel periodo d’oro degli anni ’90, dove l’elettronica era il vero pop italiano. Nularse fa un bel disco di armonie che non hanno arroganza e spigoli vivi ma sospese restano, appunto, nell’immaginario di chi in fondo questa società la denuncia. Bella anche la featuring del mitico Saturnino al basso nel brano “È tutto qui”. E noi a Nularse poniamo le consuete domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Dipende da come lo interpreta ciascuno. Io credo che la musica debba essere una missione, che poi può semmai diventare lavoro. Ma sai che, se diventa lavoro, allora si porta dietro tutte quelle cose negative che ha il lavoro (scadenze, giornate fiacche, marchette, obblighi). L’unico momento bello dell’essere musicista è quando suoni, tutto il resto molto spesso è difficilissimo, pieno di ansie e fatiche indicibili per risultati spesso miseri. Non ci sono lavori facili, per carità, ma fare il musicista di professione ha poco a che vedere con la musica. Detto ciò, se si è disposti nonostante tutto a suonare, allora va bene, vuol dire che è proprio un bisogno viscerale. Sennò meglio dedicarcisi come una passione.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
La musica esiste da molto prima del disco, e per fortuna non è crisi della musica, ma crisi di un supporto al quale leghiamo il concetto di musica. Poi mi si potrà dire che un disco era meglio perché avevi qualcosa di fisico al quale legarti, da leggere, e sono d’accordo. Io non ho più lettori cd, però se su Spotify rovo un disco che mi piace me lo ascolto diecimila volte. Non la faccio tragica, ecco.
Quanto a crisi culturale, quando non c’è stato un periodo della storia in cui non ci fosse crisi culturale? Non è una colpa del mercato e compagnia bella, è il tempo che va avanti, il progresso, nuovi modi di fruire della vita, il volere sempre nuove cose. Ma quando non è stato così?
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
È un circolo di cose, ma se il pubblico in qualche modo dà l’input all’informazione, è questache detiene più potere. È responsabilità dei media educare il pubblico. Penso alla qualità scadente delle reti televisive. Se solo un poco alla volta si rischiasse di più, sono sicuro che la gente si potrebbe educare e avere un pubblico più colto.
La musica di Nularse è un leggero pop digitale, di questo nuovo soul che ormai sta amalgamando culture di tutto il mondo. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Non guardo troppo alle logiche di mercato, perché secondo me pagano fino ad un certo punto. Io cerco la mia onestà artistica, cerco me stesso. Se piace, bene, sennò pace. La mia musica nasce dai miei ascolti variegati, da decenni di studio e passione. Da giovanissimo ascoltavo Pink Floyd, le ballate di Elioth Smith, degli Smiths e Cure, dei Joy Division, poi durante l’università mi sono appassionato all’elettronica nordeuropea di Burial, Four tet, James Blake, Jamie XX, AIR, Caribou, con quei suoni di synth nostalgici e vintage ma mai modaioli, con quel modo di fare musica geniale e “pop” al tempo stesso, dance d’ascolto, elettronica calda con strumenti reali. Ma adoro anche il pop autentico dei primi Coldplay o quello più nascosto dei Beach House. Ascolto cantautori come Tiromancino, Dalla, De Andrè, Battisti, Baglioni, Giorgio Poi, il tutto senza un criterio di scelta, molto a cuore, come è giusto fare. Queste influenze eterogenee hanno certamente influenzato il mio essere musicista. Cerco sempre di “rubare” quello che mi piace e riproporre a modo mio le attitudi musicali degli artisti di cui mi appassiono.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Continuare a crederci anche quando niente si muove
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
No no, non basta affatto, è il minimo necessario ma non sufficiente. Se tu non credi in quello che fai, la musica lo smaschera subito e la gente lo percepisce immediatamente.
Ci vuole la classica dose di fortuna, di impegno, di contatti che ti fai negli anni, e soprattutto, devi piacere alla gente, ma non per forza subito, nel corso del tempo.
La musica è giusta, sempre, ma va coltivata. Poi quello che succede succede, non ha importanza.
Finito il concerto di Nularse: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Elettronica nordeuropea o cantautorato mediterraneo: Jamie XX, AIR, Apparat (o Moderat), James Blake, Dalla, Caribou, Tiromancino…