Intervista di Gianluca Clerici
Ritroviamo Luca Marino, che dal suo esordio sul palco di Sanremo si trasferisce nelle arterie metropolitane della scena indie. Il nuovo disco ha un titolo che da solo parla di societ°: “Vivere non è di moda”. Cantautore errante, bohémien della musica vissuta a contatto con le persone e poi questo eclettico cambio di faccia con cui alternare le nuove scritture… Arlecchino di suoni e di stili. A lui le consuete domande di Just Kids Society:
Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?
In realtà la proposta musicale è enorme.La qualità forse non è proprio “di prima”. Sicuramente sta cambiando il linguaggio ma non credo sia quello il problema. Secondo me si sta facendo un po’ come con la pubblicità: siamo così assuefatti ai messaggi che non li ascoltiamo più, così accade con la musica, specie se chi ce la propone non filtra e divulga le varie proposte un po’ a caso.
E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca – l’appartenenza al sistema?
“Vivere non è di moda” cerca la sua personalità nella varietà dei suoi generi musicali, nel suo essere anticonformista. Per il resto questo album appartiene al sistema perché parla di vita, quella che viviamo tutti, e anche perché del sistema ne rispetta le tempistiche poco attente: i brani durano ad esagerare 3 minuti ciascuno, poco meno o poco più.
Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?
Sicuramente alla base c’è una esigenza personale di capire che cosa accade intorno, almeno per quello che mi riguarda, però non si fa mai musica solamente per se stessi. C’è chi canta e chi ascolta quindi alla base è comunicazione e condivisione e questo è un aspetto che considero sempre.
E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?
Personalmente ho bisogno di essere. La vita mi da la materia prima per creare le mie produzioni. Apparire è più una conseguenza.
Tra le righe di un disco come “Vivere non è di moda” mi viene da leggerci libertà, espressione istintiva e tanto gusto per un altroche non sia sempre il solito stile didattico del pop italiano. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?
Assolutamente cerca di accostarsi alla vita di tutti i giorni. A quella quotidiana ricerca di qualcosa che colmi quel vuoto che ci portiamo dentro.
Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?
La cosa certa è che non è mai colpa della musica ne tantomeno di chi la ascolta. Semmai è colpa di chi la spaccia.
E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?
Se parliamo di “Vivere non è di moda” le vuole incontrare totalmente, onestamente e senza filtri.
E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di Luca Marino, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Sicuramente un pezzo di Cochi e Renato.