LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: THE TANGRAM

Intervista di Gianluca Clerici

Li ritroviamo ora all’uscita di questo secondo singolo dal titolo “Why” con il un bellissimo video diretto questa volta da Claudia Ferrara “Noia”. E a quanto pare la giovane formazione abruzzese ci tiene parecchio alla scena e al gusto estetico senza mai lasciare ai particolari niente di intentato. E il neo-soul dei The Tangram si prepara a raccogliere una seconda ondata di critica positiva che aveva già premiato il singolo d’esordio “Awesome”. Si sfugge dalla realtà, in un modo o nell’altro… sembra questa la ricetta per sopravvivere… alla realtà stessa. A questo interessantissimo esordio rivolgiamo le consuete domande di Just Kids Society:

Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?

Se qualcosa perde di valore è perché qualcos’altro lo sta acquistando, il linguaggio musicale muta e fa delle giravolte ed è normale che sia così. Noi teniamo un occhio rivolto al passato ed uno al futuro. La perdita di valore è probabilmente una questione di punti di vista differenti. L’aspetto negativo è che tutti inondiamo il Web di contenuti provocando la perdita di molta informazioni. Il lavoro artistico oltre a quello di creare, sta diventando soprattutto il gestire la propria immagine e presenza digitale.

E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca –  l’appartenenza al sistema?

Non è una società piatta, forse è una società superficiale e non è una società che omologa siamo noi ad omologarci; tutto sta nelle scelte che facciamo ogni giorno. Il nostro disco sarà piuttosto eterogeneo, perciò chi cerca qualcosa di autentico e sincero lo troverà, ci stiamo mettendo noi stessi, la nostra genuinità.

Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?

Fare musica per entrambi, farlo perché si ha la necessità di lanciare un messaggio positivo e perché se non ti esprimi ti comprimi fino ad esplodere, nessuno insegue nessuno, tuttavia è chiaro che si dovrebbe avere una dignità lavorativa nella musica.

E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?

Appaio quindi sono. La ricerca spasmodica di apparire è nociva, può avere ritorsioni terribili, bisognerebbe concentrarsi sull’essere e sul fare, chiaramente nel mondo contano anche le apparenze ed è inutile negarlo.

Un secondo brano che conferma e mette in chiaro la direzione, il taglio, il mood e soprattutto quanto poco siete fedeli alla tradizione italiana. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?

La tradizione italiana è fatta di grandi autori e grande musica di tutto rispetto, tra i nostri ascolti ci sono Lucio Battisti, Pino Daniele e i Napoli Centrale, Lucio Dalla, naturalmente Morricone tanti altri, speriamo anche noi di riuscire a contaminare questa musica in lingua inglese con influenze mediterranee.

Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?

Amiamo suonare dal vivo e torneremo presto a farlo, le persone non dovrebbero sentirsi allontanate così. Forse c’è della musica cosiddetta “superficiale” che fa degli ascoltatori superficiali il suo pubblico, ma va detto che in ognuno di noi a volte non c’è sempre la voglia di farsi appesantire dall’arte ma vuole essere sollevato e alleggerito, magari quegli ascoltatori siamo noi in determinati momenti.

E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?

Questo lavoro vive delle persone, noi viviamo grazie a chi ci vuole bene.

E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto dei The Tangram, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?

Qualcosa di figo. Snoop Dogg, o i Khruangbin.

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