LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ANNARÈ

Intervista di Gianluca Clerici

Benvenuta ad Annarè, giovanissima voce della canzone italiana, in rosa, indipendente, ricca di quella fresca energia che si lascia perdonare anche qualche ingenuità di troppo… e la sua “Gluten Free” è una canzone di gustosissimo pop nostrano, d’autore, di incisi ben equilibrati e soluzioni forti per lasciarsi ricordare. Bello e prezioso anche questo video ufficiale di animazione. E l’amore si sa, croce e delizia anche per il nostro “palato”. A lei le nostre consuete domande di Just Kids Society.

Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Io direi di buttarsi su entrambi! Perché scindere il contenuto dall’immagine, dalla scena? Un artista ha oggi la possibilità di condividere tanto con il proprio pubblico, senza dover essere visto come un dio irraggiungibile. Il fatto che si possa mostrare la parte quotidiana del lavoro, della vita, la trovo una cosa bellissima, che avvicina molto. Poi c’è purtroppo anche magari il rovescio della medaglia, ma a me piace prendere il meglio. Proprio per questo anche il mio mondo musicale ha vissuto cambiamenti importanti. Ora mi piace giocare, scherzare anche con le canzoni invece di sfruttare la musica solo per denuncia sociale, spesso inasprita da eventi brutti.. La vita è fatta di episodi piacevoli e spiacevoli. Bisogna prendere tutto e farne arte. E credo che il vero modo di avvicinarsi alle persone è essere genuini, semplicemente se stessi senza scindere scena da contenuti.

Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Io credo che il presente stia segnando notevolmente la nuova via. Semplicemente oggi siamo troppo veloci, non dedichiamo il tempo alla musica per scoprire cosa c’è dietro un testo apparentemente solo “scenico”.. Ovviamente il nostro passato musicale è fondamentale, i classici insegnano.. Ma non dimentichiamo che il rivoluzionario degli anni 70 ha creato la musica degli anni 80.. E così via. C’è un’evoluzione di contenuti e suoni. Chi si ferma alla pura e semplice critica, molto probabilmente ha ascoltato poco. Poi la critica deve esserci, cose poco interessanti ci sono state prima, ci sono ora e ci saranno anche dopo. Ma non facciamo di tutta l’erba un fascio.

Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
La storia insegna che è tutto ciclico. Gli insegnamenti migliori che ho ricevuto sono stati “ruba e prendi spunto, sperimenta e crea.” Gli input nascono da ciò che c’è, l’idea è un’evoluzione, la creazione è il frutto di conoscenza, sperimentazione e il proprio essere.

Scendiamo nello specifico di questo disco, che parla con un linguaggio decisamente attuale, adolescenziale e pop. Parliamo dell’amore ma soprattutto di come affrontare “la vita”… narrazione che in qualche modo si affida a questa analogia dell’assenza di glutine. Ma il registro “main stream” è assai sfacciato anche nell’elettronica che usi. E penso che la produzione ha sottolineato questa direzione o sbaglio? Dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Consci di questa ciclicità, consci del fatto di essere i primi a passare ore con i cellulari in mano.. Perché andare a cercare qualcosa di lontano, aulico se la vita di tutti i giorni è quella più tangibile, più riconoscibile e quella nella quale ognuno di noi può identificarsi? Se sono in macchina e non ho la possibilità di mettere mano ad un pianoforte vero e proprio, ma posso utilizzare tablet, cellulare o pc per creare un’armonia, una melodia, perché poi nella realizzazione devo stare a ricercare e riproporre la profondità, la solennità degli strumenti classici se alla fine è nata da un synth? O da un groove elettreonico? Cerco sempre di rimanere abbastanza fedele a ciò che mi ha ispirato.. Che sia la chitarra in cameretta o attrezzatura digitale in viaggio. Non mi pongo molti quesiti sul “va o non va, funziona o non funziona”. Mi piace essere così, come mi si vede, come mi si vive.

Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Mi pare che ultimamente la musica indipendente abbia avuto la sua rivincita e si stia imponendo in maniera massiccia. Avete visto i big di Sanremo?

Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
La musica ha, secondo me, tutt’ora un peso sociale per la gente. Il problema è che non si può pensare di parlare come 20 anni fa. Abbiamo avuto un’evoluzione elettronica, come quella socioculturale. Possibile che la musica invece debba essere sempre paragonata e screditata in riferimento a quella del passato? È cambiato tutto. Le canzoni “di oggi” parlano come i ragazzi di “oggi”. Come i nostri nonni non comprendevano e non approvavano il linguaggio dei nostri genitori, così i nostri genitori non comprendono il nostro linguaggio e noi non comprenderemo quello dei nostri figli.. Il fatto che non venga compreso vuol dire che non ha valenza? Io non penso questo.

E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Ritorniamo al cambiamento, all’evoluzione. Sono cambiate anche le modalità di guadagno. Il problema secondo me non è che è un settore in crisi, io credo che il vero problema è riuscire a capire al meglio i meccanismi. Il riscontro c’è lo stesso, ma la cosa positiva è che veramente tutti hanno sia la possibilità di farsi ascoltare, sia la possibilità di ascoltare chiunque.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Annarè, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Io ho un po’ il mio rito finale, quello di chiusura, che è il brano di Sir J “L’ultimo della sera”. È una tradizione ormai!

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