LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: JATA

Intervista di Gianluca Clerici

Disco sociale nel più ampio senso del termine. Parliamo di Gaetano Russo in arte JATA, ormai di stanza a Londra, come inglese è il suo pop rock che dedica alle fobie di questo nuovo tempo apocalittico. Il distanziamento, la malattia, l’esclusione sociale e dunque le nuove dinamiche che investono non solo il lavoro ma anche quelle che erano consuetudini del vivere in società. Si intitola Crazy Game of Phobias questo disco uscito per la Seahorse Recordings. Ed un vero piacere approfondire con lui temi sociali che sono ovviamente il cuore di questa nostra rubrica firmata Just Kids Magazine.

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Non credo che il suono tornerà ad essere completamente analogico, se non in casi di ricercatezza, di nicchie o in caso di funzionalità allo stile ed al messaggio che ogni artista porta al proprio pubblico. Non c’è in effetti il bisogno di tornare completamente e solo all’analogico o di proseguire solo ed esclusivamente con il digitale… il futuro è di chi ha l’audacia per immaginarlo (recitava uno spot di una nota casa automobilistica) ed io immagino il mio vero suono del futuro fatto di un mix sempre più importante di analogico e digitale nello stesso concept, nello stesso album, nello stesso brano. L’analogico nel digitale (come dei sample suonati in acustico e poi giostrati in digitale) e il digitale nell’analogico come pattern elettronici sempre più suonati dal vivo.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Auspico un nuovo paradigma nell’ascolto della musica (anche in questo caso mixando e cogliendo il meglio di passato e presente). Tutta la tecnologia a cui ci siamo abituati negli ultimi 20 anni ha reso possibile una fruizione della musica molto più immediata, molto più ampia, più democratica; ha aperto alla possibilità di avere sempre e comunque in ogni luogo e su ogni supporto disponibile una quantità così grande e variegata di musica che era inimmaginabile prima. Del resto però ne ha ridotto la qualità del suono, la qualità artistica e certamente le abitudini sane di un ascolto concentrato, focalizzato, educato, a scapito di un ascolto sempre più veloce e distratto. Nel futuro che immagino si riuscirà ad usufruire degli aspetti positivi della tecnologia a disposizione, pur ritornando ad una qualità di ascolto tipica del passato, quando la musica la si ascoltava senza fretta ed aveva in generale una più elevata qualità artistica.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Di certo i concerti in streaming ci hanno dato la possibilità di suonare anche durante i vari lock down ed i mesi più duri della pandemia, ma sicuramente nulla è eguagliabile ad un concerto live in presenza. La musica suonata, come il teatro, è fatta di uno scambio intenso di energia tra artisti e pubblico, e questa magia è possibile solo vivendo l’arte insieme, fisicamente, visceralmente. Si sta già tornando in modo un po’ altalenante agli eventi live e sicuramente il 2022 sarà da questo punto di vista l’anno della svolta. Noi stiamo già preparando lo show live di “Crazy Game of Phobias” per il secondo quarter del 2022.

Ed è il momento di parlare di questo nuovo progetto di Jata. Sicuramente un pop inglese di nuova generazione che da ampio spazio alle derive del rock “antico” – se mi concedi questo termine. Insomma si sente che la mano non è quella di un adolescente di questo presente totalmente digitale. Ma sopra ogni cosa, parliamo di un disco sociale a tutti gli effetti. Pensi abbia dunque delle armi efficaci per inserirsi dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
Non credo che Crazy Game Of Phobias possa essere minimamente attrattivo per un pubblico che predilige contenuti e sonorità più leggere e di tendenza. Penso però che questo lavoro possegga l’arma più potente di tutte in quanto opera artistica, quella della verità e dell’autenticità. Musiche e testi che raccontano vite, paure, incertezze, emozioni, sentimenti, gioie e dolori nei quali l’ascoltatore attento può scorgere senz’altro parti di se, ed è allora che si realizza la magia più grande che la musica è capace di offrire; quella di comunicare e connettersi con la vita e le storie personali di ognuno di noi. è questo il viaggio che Crazy Game of phobias regala a chi sa ascoltare. Forse questa non sarà l’arma più efficace per inserirsi nella scena leggera digitale, e forse è meglio così.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Spotify come ogni altro distributore digitale ha dato anche alla vera musica indipendente la possibilità di diffondersi a livello globale. Questo in generale è stato un bene inestimabile per tutti gli artisti, sopratutto per chi non ha alle spalle progetti di produzione finanziata. è vero che i brani possono essere ascoltati gratuitamente in modo random, ma la maggior parte di queste piattaforme consentono l’acquisto di brani e album per averli sempre a disposizione sul proprio dispositivo. Inoltre anche l’ascolto produce introiti per l’artista tramite i diritti d’autore e di edizione (nel caso questi non siano ceduti ad un editore). Certo guadagni apprezzabili vengono realizzati su numeri di ascolti e riproduzioni degni di artisti che hanno visibilità almeno nazionale, ma se non ci fossero queste piattaforme oggi non si porrebbe nemmeno il problema di poter fare musica come lavoro (per i più sconosciuti). Io farei musica anche gratis nella mia vita, perchè temo fortemente il momento in cui chiamerò Lavoro, la mia attività artistica che oggi non ha compromessi, ne dimensione di dovere.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Senza dubbio la seconda, ma sfruttando sapientemente gli strumenti di promozione che oggi a disposizione in modo che siano funzionali all’arte e non il viceversa.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di JATA, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico? -> a volte manda vecchi brani di JATA, altre volte artisti che influenzano la mia musica. In futuro mi piacerebbe far mettere su altri artisti indipendenti ed emergenti come me, per aiutarci a diffondere e promuovere la musica emergente.

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