LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: MARCO CIGNOLI

Intervista di Gianluca Clerici

Cantautore di nuovissima generazione però anche tanto ancorato a quel gusto glam del pop main stream che non smetterà mai di piacere e di coccolare le nostre abitudini. Ma dentro l’ascolto di “Coccodrillo bianco”, il primo lavoro ufficiale del presentatore tv Marco Cignoli, esistono mille sfumature introspettive, riflessioni immersive di se e della sua emancipazione personale, una non lieve critica sociale e insomma tutto il corredo che serve per elevare il semplice pop in un lavoro più impegnato. Ma l’estetica non si smentisce e anche sotto questo punto di vista il disco è assai dedito alle scuole classiche… almeno quelle “moderne”. A lui le nostre consuete domande di Just Kids Society:

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Faccio fatica ad immaginarmi cosa accadrà domani, figuriamoci a guardare oltre l’orizzonte. Quello che mi auguro è che si conservi la bellezza dell’esperienza vera, fisica, vissuta, anche in ambito musicale e sonoro.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Io credo che il mezzo di diffusione della musica sia pressoché indifferente. Sono stato un grande consumatore di CD (e prima ancora di musicassette), ma oggi sono il primo ad ascoltare quasi tutti in streaming, limitandomi ad acquistare i dischi di quei due o tre artisti che amo in maniera viscerale. La grande conquista futura sarà riconoscere all’artista il giusto compenso, che oggi le piattaforme digitali non corrispondono in alcun modo. Fruiamo della musica in maniera totalmente gratuita (e spesso illegale) dimenticandoci che dietro c’è il lavoro di decine e decine di professionisti. Bisognerà trovare una sorta di compromesso.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Dipendesse da me, se non ci fosse la pandemia, tornerei al contatto fisico immediatamente. Mi auguro di non essere il solo a sentirne l’esigenza.

Scendiamo dentro questo disco che in definitiva ci regala un bel pop digitale, leggero ma anche molto introspettivo e denso di significati in moltissimi istanti dell’ascolto. Di sicuro un disco che richiede immersione nonostante le sue apparenze estetiche. Dunque vi chiedo: come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
Non si inserisce, ahahah. Questo disco è un “coccodrillo bianco”, esattamente come i coccodrilli di cui Alberto Radius scrisse negli anni Settanta. È un disco che fa le cose sue, senza preoccuparsi troppo di cosa bisognerebbe fare per rimanere “inseriti”.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Finire su Spotify credo sia, prima di tutto, una questione di comodità. Per l’artista, che può distribuire in maniera facile, immediata e poco costosa. Per l’ascoltatore, che ha accesso ad una libreria musicale infinita, sempre a portata di mano. Ho in casa 200 CD e certamente non posso portarmeli sempre dietro. Con il telefono è più facile. Il lato oscuro, chiamiamolo così, è proprio legato alla questione della gratuità e degli scarsi compensi destinati ad autori e musicisti, come dicevo pima.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Per quanto mi riguarda, esistenza ed espressione artistica. Ma io non voglio farlo di lavoro, quindi per me è facile parlare…

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Marco Cignoli, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
“Vivere la vita” di Mannarino.

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