RACCONTO: ALICE’S KIDS STORIES – Una Villain a Villasanta

A cura di Alice Galimberti

Una Villain a Villasanta

Immagine di Alice Galimberti

I loro occhi vi guardano e vi scrutano ogni giorno che muovete un passo fuori da casa. Sentite addosso il peso giudicante dei loro pensieri e delle loro parole.

Guarda, quello/a come si veste/comporta! Sai che è il/la figlio/a di (inserire nome di un/a concittadino/a)?

Forse lo sapete, o forse no perché avete la fortuna di non averci vissuto, ma la mentalità dei paesi piccoli resta ancorata a quel solido meccanismo di sopravvivenza retrogrado che ha portato avanti l’umanità per secoli, se non per millenni. Un meccanismo che ha molto a che fare con la logica della selezione naturale darwiniana, il tutto contornato da una buona dose di bigottismo religioso che, quando si dice la malasorte, non basta mai.

Si combatte fin dai primi anni di vita per dimostrare che si è abbastanza meritevoli di stare nel paese. Vi potete immaginare una lotta su più livelli che parte già da quando i nuovi nati vanno all’asilo. Spesso sono i nonni che vanno a recuperare i pargoli e in quel momento scrutano uno per uno gli altri anziani (magari succhiando una caramella alla liquirizia, una Rossana o una Menta e Fernet per i più temerari), riconoscendo i volti familiari, tra cui spicca quello del cugino, dello zio acquisito di quella ragazza che nel 1940, durante la guerra, aveva ottenuto una razione di pane nero in più. Quindi, per eredità, anche il pargoletto un po’ intimidito e tremante deve essere un ladruncolo (ha tutto perfettamente senso nelle loro menti contorte).

Da bambini, vi incoraggiano a comportarvi in certi modi un po’ impostati per non fare brutte figure. Sbagliate qualcosa, grattatevi, inciampate, distraetevi e in automatico compare qualcuno che in stile Mushu (il draghetto di Mulan, ndr) comincia ad apostrofarvi con:

Disonore! Disonore su tutta la tua famiglia!

Specialmente quando nei paraggi ci sono le amiche d’infanzia di vostra nonna che hanno dismesso gli abiti da lavandaie o operaie per impugnare bastoni ricurvi su cui poggiarsi per giudicarvi meglio, con quegli occhi grandi e vispi per guardarvi meglio dall’alto in basso e con quelle mani screpolate e avvizzite per strattonarvi meglio (sì, si prendono molte libertà).

Altra cosa che spesso vi potrebbe succedere durante l’adolescenza: uscire con gli amici del paese che hanno appena iniziato a fumare e che il conoscente di famiglia vi fermi e vi dica:

“Ma tua madre sa che sei in giro con loro? No, perché io adesso vado a dirglielo!”

Fidatevi, non vi conviene dire nulla o diranno che eravate voi quelli con in mano la sigaretta. La gente inventa qualsiasi cosa per accrescere il proprio prestigio sociale e sminuire il vostro.

La mentalità di paese è tossica. Ogni singolo è potenzialmente pronto a buttare qualche esca per mettervi in difficoltà. Le malelingue? Abbondano! Basta avere il minimo sospetto che qualcuno abbia detto o fatto qualcosa, che immediatamente c’è già pronta l’epopea sull’evento che passa di bocca in bocca fuori da scuola tra le mamme, dal fornaio, in oratorio, sulla piazza della chiesa, al bar e perfino al circolo degli anziani.

Per vivere bene in paese, o siete nuovi e senza contatti oppure se siete la nuova generazione di residenti su cui ricadono le colpe dei genitori e dei nonni sentirete i compaesani commentare:

“Ma è della famiglia di (inserire nome o soprannome dispregiativo), cosa ti aspettavi?”

Preparate le vostre armi migliori e mai mostrarvi deboli perché, già dal primo vagito, voi siete in trincea a combattere per voi stessi; tutti saranno pronti a voltarvi le spalle (gli ultimi a farlo saranno i parenti).

Un’altra battaglia che porterete avanti è quella tra le due frazioni di Villasanta: La Santa (che, a discrezione, include anche le due ex cascine di Sant’Alessandro) e Villa San Fiorano (i suoi residenti alla domanda: “Di dove sei?” rispondono direttamente: “Di Villa San Fiorano!” e voi dovete arrivarci che vivono a Villasanta, ma loro vogliono conservare l’indipendenza che avevano fino al 1929, l’anno prima che le due frazioni si unissero e di fatto costituirono il comune).

Non è una rivalità paragonabile a quella di una tifoseria! Qui i sociologi andrebbero a nozze, perché risiede tutto in una marea di assunti culturali. La divisione per classi sociali seguiva questa geografia: gli operai al di qua della ferrovia e i contadini al di là (gira che ti rigira, sempre di povera gente si parla). Da una parte, quelli i cui figli dovevano istruirsi e trovare una buona posizione; dall’altra, quelli i cui figli dovevano rimanere ancorati alla terra e zapparla come da tradizione familiare che l’ideale dell’Ostrica di Verga levati proprio!

Oggi la divisione si basa su assunti un po’ diversi (tipo le scuole o università che frequenti, dove e per chi lavori), ma è ancora presente. Questo ha portato allo sviluppo di alcuni servizi differenziati nelle due frazioni e addirittura alla nascita di due parrocchie (se nemmeno i pastori vanno d’accordo tra di loro, figuratevi le pecore).

Villasanta non è poi tanto male se avete gli strumenti giusti per (soprav)vivere, però vi confesso che non vedo l’ora di andarmene da qui, ma non prima di essermi presa le mie rivincite su chi ha osato dirmi per una vita intera che non contavo nulla e che mi avete fatto passare gran parte della mia vita chiusa in casa (praticamente in lockdown da una vita, altro che Covid). Non vedo l’ora di mostrare un dito medio a chi mi ha convinto, per gran parte della mia esistenza, che sarebbe stato meglio se non fossi mai nata. Non vedo l’ora di prendermi le mie rivincite.

Com’era quella frase da Il Cavaliere Oscuro?

“O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo”

 Ecco, il risentimento che covo per voi cresce ogni giorno! Una bestia può essere tenuta chiusa in gabbia a lungo, ma va messo in conto che, presto o tardi, si ribellerà e insorgerà per prendersi quello che le è stato sempre negato. La libertà

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