LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ANDREA TARQUINI

Intervista di Gianluca Cleri

Cantautore e chitarrista, della scuola romana sicuramente visto la sua lunga militanza a fianco di un grande come Stefano Rosso. Di attualità parliamo come sempre nelle nostre consuete domande sociali e questo nuovo disco di Andrea Tarquini dal titolo “In fondo al ‘900” – anche menzionato dentro la cinquina del Premio Tenco per la sezione miglior canzone (in riferimento al singolo title track del disco) – in qualche modo segna un ponte solido e alto dal punto di vista poetico tra il secondo lasciato alle spalle e le spalle che ci ritroviamo noi degli “anta” a vivere i primi anni del nuovo millennio. Insomma c’è da ritrovare tanto di ognuno di noi dentro liriche allegorie di una canzone leggera d’autore come quella di Andrea Tarquini… che poi “leggera” è una parola che in musica si deve ancora bene capire come contestualizzarla.

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Viviamo un periodo dove tutto è derivativo. Si scrivono cose che sembrano somigliare ad altre senza rendersene conto. Stranger Things “ripesca” un vecchio brano di Kate Bush e il pezzo balza in cima alle charts a tanti anni dalla sua pubblicazione. Quindi il futuro è un sempre maggiore meltin’ pop tra vecchio e nuovo, sperimentale e filologico…il tutto con tante robe in mezzo…di passaggio. Brutte e belle, interessanti e non.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Secondo me tutte, la tecnologia consente di pubblicare dischi interi in digitale, in 33 giri e addirittura in musicassetta come un tempo, oppure consente di pubblicare un singolo dopo l’altro su Spotify. Secondo me queste possibilità daranno agli artisti l’occasione di scegliere come pubblicare le proprie cose in base ai contenuti delle stesse e, in questo modo, di diversificare l’offerta artistica.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Anche qui, il presente non impedisce di praticare percorsi del passato. Io non vedo le due cose come antitetiche. Possiedo tutti i devices per l’ascolto digitale ma non ho rinunciato ad avere un hi-fi in stereofonia nel soggiorno dove ascolto cd, musicassette, 33 e 45 giri.

Scendiamo dentro le pieghe di questo terzo disco di Andrea Tarquini, un disco pulito, sincero, credibile ma anche un disco impegnato dentro cui rintracciare anche un certo modo “antico” di pensare alla canzone, al suono: secondo te, questo disco come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
“Ufo Robot” è anche un brano POP. Io non credo che ci sia una incompatibilità tra impegno e pop…non c’è nulla di antico in realtà- È tutto molto attuale, non farti condizionare dagli arrangiamenti.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Ecco, ne accennavo prima… in realtà non è gratis. Hanno un modo che potrebbe essere migliorato di trattare gli artisti ma avere il tuo lavoro su Spotify ti consente di essere ascoltato ovunque, in questo parliamo oggettivamente di una rivoluzione immensa.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Mi sono convinto che gli artisti fanno marketing in realtà da secoli…si fa arte per comunicare e se l’artista producesse opere solo per se nessuno le conoscerebbe, quindi l’esistenza di una espressione artistica individuale non è affatto in contraddizione col fatto di promuovere la medesima. L’importante è che quella espressione sia autentica.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Andrea Tarquini, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Niente di niente. Dovrebbe lasciare agli spettatori i suoni che gli sono restati nelle orecchie e le emozioni che lo spettacolo gli ha lasciato.

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