LIVE+PHOTO REPORT: Io non sono nessuno @ Angelo Mai – MArte Live [RM] – 15/10/2022

Recensione di Davide Emanuele Iannace e Elisa Rossi

Un’opera teatrale riuscita?

 

Roma è una città che a volte sembra voler esplodere nei mille colori dell’arte. In altri casi, sembra volersene nascondere. Eppure, lentamente, chi di voi popola le vie della capitale avrà notato delle pubblicità, sui bus e sui flyer, di una certa MArte Live. Si tratta di un evento che dal 15 al 23 ottobre ha assediato vie e luoghi iconici con un lungo programma artistico. Divisi in quindici festival, dal teatro alla street art, gli eventi della Biennale d’arte, ritornata in splendida forma nel 2022 a Roma, non potevano che attirare anche noi.

Per questo che, nel giorno di apertura, ci siamo incamminati tra le vie di Garbatella e Ostiense, passando vicino le rovine delle grandi, antiche Terme di Caracalla prima di perderci per la via che ci avrebbe portato all’Angelo Mai. Quando vi sono eventi così grandi che prendono un certo lasso di tempo, è impossibile non arrivare dinanzi a una scelta: cosa deciderò di vedere stasera?

Le domande sono importanti, perché sono anche il topic principale dell’opera, curata da Emilia Verginelli, chiamato Io non sono nessuno, che ci hanno accompagnato per le due ore di teatro, a tratti documentaristico, in cui ci siamo imbattuti nelle prime notti d’Ottobre.

Il palcoscenico ci ha accolto con una sedia posta laterale, un maxischermo e una musica allegra. Una scena dal sapore familiare, dal tepore tranquillo, con oggetti di scena sparpagliati in maniera quasi casuale, con il chiaro intento di abbattere le barriere che tendenzialmente il teatro disegna tra il visitatore e l’attore. In questo caso, l’idea era di complessizare lo spazio, in senso dialogico ma non interattivo. I tre attori principali occupavano il palco, aprendo la scena con un quesito:

“C’è davvero bisogno di dare un ruolo a qualsiasi cosa, relazione o persona? Cos’è? Chi lo definisce?”

Chi di noi non si è posto questa domanda almeno una volta?

Ci si ritrova spesso a riflettere sulle nostre vite, sui nostri ruoli, sui nostri percorsi, sulla nostra esistenza tout court. La domanda che apre Io non sono nessuno e che se ne fa quasi leit motiv, è quindi quella domanda filosofica che ha radici profonde nella mente umana.  Potremmo chiederlo anche a voi:

C’è davvero bisogno di dare un ruolo a qualsiasi cosa, relazione o persona?”


Lo spettacolo racconta la realtà di una casa famiglia e del rapporto che Emilia, come volontaria e insegnante di teatro, è riuscita ad instaurare con i ragazzi che la abitano. Il protagonista del suo racconto, questa volta, è stato Muradif Hrustic con la sua passione per la break dance, che è riuscito a condividere anche con un altro personaggio della storia, Michael Schermi, altro volontario e collega di Emilia

 

L’opera scorre, abbastanza lentamente, tra giri di interviste e domande che vengono poste a turno tra i tre attori-protagonisti e le persone. Una riflessione che, tra la biografia e la narrazione, vorrebbe portare lo spettatore a riflettere sul senso del Ruolo e dell’Essere, dell’agire e di come ci si possa perdere tra i legami creati dalla realtà sociale.

Lo spettacolo sembrerebbe quasi voler porsi non come obiettivo quello di dare, fare, creare una sottospecie di messaggio o di morale. Sembra voglia porre lo spettatore in una sorta di coscienza critica, portarlo a farsi socraticamente delle domande, riflettere su di esse. 

Rimane un tentativo audace ed azzardato, ma non pienamente riuscito nei suoi intenti. Per quanto intrigante possa essere il percorso riflessivo che Io non sono nessuno porta con sé, l’opera non colpisce davvero a fondo. Almeno, non se non si conosce il contorno, le condizioni di partenza che ad alcuni potrebbero essere ignote. Il problema del Ruolo e dell’Essere, soprattutto delle trasformazioni delle relazioni sociali e del modo in cui leggiamo noi stessi e un indescrivibile altro è un problema tanto filosofico che sociologico. Fin dagli albori della scienza sociale, si è provato a porre in maniera critica il Chi attore e il suo modo di vivere il mondo, sociale e non.

Io non sono nessuno, non aspira ad essere una pedissequa lezione di sociologia, né a riprendere questo o quel sociologo. 

Parte dall’idea Pirandelliana di follia, dalla costruzione del significato dell’essere personaggio di una storia in continua evoluzione, in continua trattativa con l’altra. Per quanto le premesse di ispirarsi al teatro di Pirandello e alle sue opere siano alte, non si raggiunge mai lo scopo finale, non si raggiunge mai quel punto in cui, alla fine, si genera davvero la riflessione.

L’essere a metà tra una biografia e una riflessione morale sembra quasi spingere in due direzioni i due cavalli che guidano una carrozza che, alla fine, irrimediabilmente resta bloccata al centro. L’uso degli strumenti digitali per spezzare il ritmo è molto intelligente, così come l’idea di miscelare interviste datate e l’evoluzione dei personaggi sul palcoscenico per dimostrare continuamente il concetto di ricostruzione dell’identità che tutti, personaggi e no dell’opera, soffrono e subiscono. 

Io non sono nessuno però sembra rimanere così ancorata alla domanda che, nella ricerca della costruzione non di una risposta – tentativo che non fa – ma delle premesse per iniziare a rispondere, finisce per non dare strutture solide e un po’ a non essere capace completamente di orientarsi verso nessuna destinazione

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