Intervista di Gianluca Clerici
Certamente un esordio che corre fin dentro i binari del perbenismo pop di questo main stream collaudato. E i BOAVISTA sanno starci dentro alla grande. Primo disco romanticamente e pop(olarmente) rock per la band romagnola: si intitola Lì dove ci sono le stelle, contenitore umano e spirituale ma anche composto, rigido nei suoni decisi soprattutto nella sezione di drumming, accogliente nelle planate soffici d’autore. Ad un primo disco, ad artisti nuovi della scena italiana, prende più forma e corpo il senso di queste nostre consuete domande di Just Kids Society.
Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Senza dubbio ai contenuti, se sei credibile la tua musica è credibile e la gente lo apprezza e ti premia. Siamo convinti che poi la buona musica come la bella poesia e l’arte in generale non smetteranno mai di essere al loro posto soprattutto quando chi ne scrive, non si ferma all’apparenza ma va più nel profondo.
Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Cambia tutto come cambiano i tempi, il presente prima di essere futuro è stato passato e sicuramente si porta dietro l’esperienza di quello che è stato. Quello che oggi viviamo insegnerà alle generazioni di domani e probabilmente ci rifaremo la stessa domanda.
Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Bisogna essere bravi a saper scegliere, e in tv c’è tanta roba e non sempre è buona soprattutto i valori e gli stereotipi. Lo spazio dedicato alla musica è principalmente quello dei talent…Sanremo forse è stato il primo talent show della storia televisiva Italiana anche se credo che Xfactor e SanRemo se pur diversi abbiano lo stesso modo di intendere la Musica. Sappiamo perfettamente cosa c’è di buono e meno buono in queste manifestazioni e il talento deve essere l’unico aspetto ad essere premiato. Chi viene da un Talent evitando la “gavetta” può comunque fare un percorso artisticamente interessante.
Scendiamo nello specifico di questo disco, che parla di un rock che non ci sta a mascherarsi dietro demagogie e finte illusioni. È decisamente un rock figlio delle grandi scuole e ha tutta l’aria di vendersi come tale, scendendo anche dentro le trame del main stream italiano. Anche la produzione ha cercato questa direzione o sbaglio? Dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Infatti non è il nostro pubblico…Spotify for artist ci ha restituito uno spaccato ben definito di chi ascolta i Boavista ed è un pubblico che va dai 35 anni su. Quella generazione, la nostra, che ha scoperto il cellulare che ha vissuto gli mp3 come la rivoluzione digitale e che ha iniziato a suonare in oratorio.
Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Mah… credo che come tutte le cose che nascono in modo trasversale per avere spazio, anche la musica Indie per sopravvivere si è dovuta travestire con altri panni. Ci sono artisti come Tommaso Paradiso o Calcutta che sono incredibili e sono legati ancora al mondo Indie quando poi di fatto sono ormai artisti di major. La scena indie viene lasciata libera di parlare perché è terreno fertile di talenti che fanno un gran lavoro con tanto sacrificio.
Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
Sicuramente si, anche se ben distante da quella di cui abbiamo parlato finora. Si parla spesso della musica come rappresentazione sociale e credo che la musica attuale la rappresenti abbastanza fedelmente, non parlo di gusti ma della leggerezza estrema dei contenuti. I ragazzi di oggi non hanno bisogno di prendere una posizione sociale o politica hanno bisogno di svagarsi e si annoiano perché tutto è diventato troppo accessibile e non c’è più il gusto della conquista.
E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Direi tutti e tre. Il vinile per noi, i CD per gli amici romantici e canali digitali per le nuove generazioni. Personalmente trovo Spotify solo un nuovo modo di far ascoltare musica. Tutti i musicisti hanno voglia di far arrivare la propria musica ad un pubblico sempre più grande e Spoty fa il suo…poi i guadagni sono tutta un’altra questione.
A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto dei BOAVISTA, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Hero di David Bowie e magari un pezzo dei Ministri.