Recensione di Stefano Serafini
Una delle peculiarità di Sandro Joyeux è l’umiltà, la semplicità. Si esibisce ovunque, o meglio ovunque ci sia voglia e bisogno di spensieratezza e allegria, privilegiando – quando si può – il pubblico dei meno fortunati, degli ultimi e degli svantaggiati.
Dopo il suo trasferimento a Roma nel 2011 l’ho visto suonare per strada, in minuscoli club, sul grande palco di un evento importante. Sappiamo che si è esibito nelle carceri, negli ospedali psichiatrici e nei luoghi di vita dei migranti, da Rosarno al Piemonte (durante il suo Antischiavi Tour). Ai concerti è sempre sorridente e spesso va a suonare tra gli spettatori e si mette a ballare con loro. La distanza con il suo pubblico è volutamente azzerata, tanto che può capitare di parlarci al bancone del bar durante la pausa o scherzarci sotto il palco al termine dell’esibizione.
Tutto questo è Alexandre Joyeux Paganini, francese di nascita ma italiano di adozione (e di padre). Giramondo e busker che durante i suoi viaggi in Africa (Mali, Senegal, Marocco, ecc.) ha potuto approfondire la cultura, i dialetti e soprattutto gli stili musicali della zona nord-ovest del continente nero, di quella parte di mondo che lo ha sempre affascinato da quando frequentava i quartieri multietnici della sua città natale, Parigi.
Pensando a lui mi viene di fare un accostamento con uno dei più grandi cantautori italiani, Vinicio Capossela, perché anche Joyeux, prima di esprimersi secondo la cifra stilistica che più amava, è dovuto entrarci dentro, venire a contatto con i maestri del genere, vivere nei locali, nelle case e sulle strade dove è nato quel tipo di musica. È chiaro che, a differenza di Capossela, Sandro Joyeux non vorrà probabilmente distaccarsi dall’Africa e si muoverà magari sempre all’interno di quel bagaglio culturale, ma ciò non è detto, e si tratta del futuro: il presente è come sempre un’altra cosa. Il presente è il suo primo disco. Finalmente. Un album omonimo, pubblicato per la Mr. Few, che raccoglie 11 canzoni, tra originali e rivisitazioni di brani africani che tante volte abbiamo sentito durante i suoi sfrenati live.
Iniziamo subito con quelle che, a mio parere, sono le due perle dell’album. Una è Kingston, un reggae acustico scritto da Joyeux che ha un gran tiro ed è guidato da una frase di chitarra decisamente accattivante in cui l’autore ci descrive da una parte il suo voler essere un cittadino del mondo, e dall’altro – quasi ossessivamente – il suo amore per il Belpaese (beato lui, ndr). Il secondo è una cover degli ivoriani Magic System, Premier Gaou, che nasce come pezzo afro-commerciale e che Joyeux è riuscito a rendere, secondo me, come sarebbe dovuto essere fin dall’inizio: portandolo in acustico e valorizzandolo nella sua africanità (ascoltate il riff iniziale di chitarra), spogliandolo cioè di tutti quegli omologanti suoni da discoteca.
Il valore delle cover inserite in questo album va letto oltre la bellezza del brano, che pure è un elemento tangibile. Cioè va visto nel fatto che tramite queste canzoni abbiamo la possibilità di aprire una finestra su un mondo che altrimenti sarebbe rimasto lontano. Sa Golo è un brano di punta di Boubacar Traoré, un cantante molto famoso in Mali, di cui Joyeux è letteralmente innamorato (e che è riuscito a conoscere personalmente durante il suo viaggio in Mali nel 2005), a cui viene aggiunto un ritmo sfrenato sul finale, come se il nostro avesse voluto imprimergli la vitalità che lo contraddistingue. Sunu Societé è invece una canzone tradizionale, un simbolo del Senegal. È una filastrocca, una melodia che ti rimane in testa e che in questa fresca versione è impreziosita dalla voce brillante di Ilaria Graziano.
Con Zombie si va a trovare il grande Fela Kuti e lo si fa insieme a un noto quaglione della musica alternativa italiana: Daniele Sepe. Ancien Combattant è un brano del cantante congolese Zao, dove in maniera divertente si critica aspramente la guerra. Ciò non è affatto banale per l’Africa e soprattutto per il Congo, dove la pace forse non l’hanno mai conosciuta. La versione di Joyeux – seppur fedele all’originale – grazie alla veste acustica riesce a dargli un senso di urgenza e di immediatezza maggiori.
I suoi brani, oltre al primo citato, sono lo strumentale Niomiyiran, dove emerge il particolarissimo stile chitarristico di Joyeux, Sur les rives, brano dal ritmo africano ma in lingua francese, e la canzone da chansonnier Voleurs de vie, che è tra le migliori del disco.
Se c’è un appunto che si può fare è quello che avrei voluto ascoltare un numero maggiore di composizioni originali. Ma con una fondata speranza che ciò si avveri nel prossimo capitolo mi sento di dire che Sandro Joyeux è comunque un album necessario che rende finalmente giustizia al talento del suo autore, che ha cosi cristallizzato anni di concerti, viaggi, esperienze, ascolti, sudore, strade, palchi, chitarre e danze. È necessario anche per chi è convinto che la buona musica, oggi, sia soltanto in televisione, nelle radio commerciali o sugli enormi palchi dei megaconcerti estivi, ed è sicuramente un bel regalo per tutti gli altri.
SANDRO JOYEUX – SANDRO JOYEUX
(Mr. Few, 2013)
- Niomiyiran
- Ancien Combattant [cover Zao, Congo]
- Kingston
- Mariama [cover Boubacar Traoré, Mali]
- Sa golo [cover Boubacar Traoré, Mali]
- Kémé Bourama [canzone tradizionale, Mali]
- Premier Gaou [cover Magic System, Costa d’Avorio]
- Zombie [cover Fela “Anikulapo” Kuti, Nigeria, feat. Daniele Sepe]
- Sunu societé [canto Popolare, Senegal, feat. Ilaria Graziano]
- Sur les rives
- Voleurs de vie
[youtube=http://youtu.be/ognq5FtjCzc]