Recensione di Claudio Delicato
Kawax, l’ultimo lavoro in studio di Lili Refrain, è un disco che ti frigge il cervello: ti rende un vegetale, un essere insenziente – tipo Gasparri per intenderci, o Alex DeLarge dopo la cura Lodovico in A clockwork orange.
Per prima cosa bisogna specificare che stiamo parlando di una one (wo)man band, il che – nel caso specifico di Lili Refrain – non è da intendersi come “una tizia che si siede al computer armata di Winston Blu e Rochefort 10 e mette insieme qualche loop a cazzo su GarageBand fregandosene di come potranno venire i pezzi dal vivo”. Lili, infatti, non usa computer né tracce pre-registrate, ma campiona dal vivo giri di chitarra elettrica, voce e percussioni (vale a dire: schiaffi alla cassa armonica, se si eccettuano i featuring sporadici di Valerio, batterista del Dispositivo per il lancio obliquo di una sferetta): un’eccellenza tutta italiana che è uno spettacolo vedere dal vivo, inclusi gli adorabili discorsi chilometrici fra un pezzo e l’altro.
Kawax è un disco profondamente lirico: musica psichedelica, minimalista e vagamente metal, fatta di riff di chitarra cavalcanti con riverberi esagerati che s’intrecciano come vermi da esca in una scatola, e sopra questo avvolgente tappeto sonoro Lili Refrain canta melodie stirate e viscerali. Il risultato è un LP che ascoltandolo dà l’impressione di camminare in una cattedrale vuota, fra rumori sinistri e horror vacui, e quando giungono i momenti più ariosi ci si ritrova all’improvviso immersi – per suggestione e ampiezza di respiro – nelle immagini sospese di The tree of life, senza tuttavia la componente “CLAMOROSA ROTTURA DI PALLE” del film di Terrence Malick.
Goya è forse il brano più rappresentativo di queste atmosfere: le chitarre si picchiano creando una base oscura e barocca sulla quale la voce di Lili Refrain libera una voce sacrale, come fosse un sacerdote che celebra una messa nera. 666 burns è il pezzo di punta dell’LP con i suoi giri di chitarra “basseggiante” che mi hanno fatto pensare – complimentone – alla musica Tuareg dei Tinariwen. Nature boy dimostra che l’artista romana è fra i pochi capaci di mettere qualcosa di Björk in un proprio pezzo senza risultare un’imitazione, e poi ci sono Elephants on the pillow e Baptism of fire, che viste dal vivo confermano che siamo di fronte a una vera fuoriclasse della musica underground romana contemporanea.
Intendiamoci: Kawax è concepito per stomaci forti e orecchie allenate. Ma è un disco di una qualità pazzesca a cui è difficile dare un’etichetta: un prodotto più unico che raro che miscela tutto e non ricorda niente. Un disco oltre il disco. Quelle di Lili Refrain non sono canzoni, sono visioni, create solamente con sei corde e una voce. Mezzi al minimo per un prodotto che è l’Isola di Pasqua nella geografia della musica indipendente.
KAWAX – LILI REFRAIN
(Subsound Records/Sangue Dischi, 2013)
- Helel
- Kowox
- Goya
- Tragos
- Elephants on the pillow
- Nature boy
- 666 burns
- Echoes
- Baptism of fire
- Sycomore’s flames
[youtube=http://youtu.be/qsZVTr2pSQQ]
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