di Clara Todaro
Un album uscito da pochi mesi, intitolato “Outsider”, con contaminazioni eterogenee e cover improbabili. Un David di Donatello all’attivo come miglior canzone originale. Collaborazioni svariate. Nelson tifa sempre per il più debole e ama essere intervistato. Lo abbiamo accontentato.
Il tuo ultimo album si intitola “Outsider”, ci spieghi perché?
La parola outsider mi evocava l’idea di qualcuno che agisce al di fuori di un establishment forte quale può essere quello di certa discografia italiana che impone le proprie regole di mercato e danneggia coloro che ne fanno parte. L’Outsider invece pur non muovendosi in quel mondo, a volte riesce a scalfirlo dalle fondamenta e a vincere contro i più forti. Questa era un’idea che mi affascinava perché ho sempre tifato per i più deboli, per me è un piacere quando il meno forte batte il più forte.
Ultimo cd a parte, hai vinto il David di Donatello 2014 per miglior canzone originale con A Verità, scritta per il film Song e Napule dei Manetti Bros. Qual è la differenza tra comporre un disco e scrivere una colonna sonora?
Beh per scrivere una colonna sonora devi prima leggere la sceneggiatura e poi parlare col regista per capire di cosa ha bisogno. In questo modo entri in un campo che non è il tuo perciò devi farlo in punta di piedi, rispettando quelle che sono le regole del film. Invece quando scrivi un album sei in un mondo tuo: puoi prenderti molte più libertà e girare anche senza pantaloni.
Nei tuoi lavori si sente spesso l’appartenenza partenopea. Qual è stata, se c’è stata, l’influenza da parte della musica napoletana tradizionale?
Sicuramente ha influito con delle suggestioni melodiche che fanno parte di quella tradizione musicale. In realtà da giovane non ascoltavo musica prettamente napoletana, preferivo piuttosto i cantautori italiani: gli emiliani, i romani o quelli della scuola genovese. Oppure Bob Dylan e i Pink Floyd. Tuttavia il patrimonio della musica tradizionale napoletana è talmente ricco che perfino gli stessi Beatles hanno attinto da là. Fare musica moderna prescindendo da quella tradizionale – non solo napoletana – è molto difficile. Si pensi ad esempio che certe successioni armoniche sono finite nelle musica pop.
La musica italiana infatti ha sicuramente un grande debito nei confronti di quella napoletana. Per quanto riguarda lo scenario attuale, secondo te dagli artisti conterranei più attivi quale contributo potrebbe o dovrebbe arrivare?
Questa è una domanda alla quale tengo tanto perché riguarda una questione che mi fa infervorare parecchio. In giro vedo spesso dei talenti purissimi che però, purtroppo, non riescono a venire fuori perché restano in qualche modo imbrigliati. Cantautori napoletani – che potrebbero essere molto validi anche al livello nazionale – restano relegati in una dimensione autoreferenziale che è quella di Napoli. A volte ho la sensazione che questa città tenda a tenere per sé le bellezze e a esportare solo il peggio. E non so se questo dipenda da Napoli o dal resto dell’Italia, che di Napoli vuole prendere solo il peggio.
Tra questi cantautori napoletani, ad esempio, c’è Dario Sansone, frontman dei Foja, con il quale hai collaborato per Questo mare non è buono. Oltre alla provenienza e alla musica – sebbene di generi diversi – che cosa vi lega?
Ecco i Foja sono un esempio di questa eccellenza: scrivono canzoni in dialetto, ma con dei contenuti e di un’ispirazione etnica musicale di alto profilo. Ora, non per etichettare la musica, ma il fatto che in Italia si conosca il neomelodico meno elevato, piuttosto che i Foja, mi fa impazzire.
Sempre a proposito di influenze. Citavi poco fa la scuola genovese, quella romana, soprattutto Francesco de Gregori… Allora come mai la scelta di inserire nell’album una cover di L’estate sta finendo dei Righeira?
Potrei rispondere in tanti modi: che ci sono dei motivi alla base o che – come hanno scritto alcuni – l’ho fatto per sottolineare la differenza tra l’estate degli anni ’80 – nel pieno del boom economico – e quella di oggi – più malinconica perché c’è la crisi. In realtà non è nulla di tutto ciò. Stavo scrivendo una canzone con quegli accordi e a un certo punto mi venne in mente L’estate sta finendo. Fu la prima volta che mi soffermai sul testo che è sorprendentemente struggente: le parole di un innamorato che vedeva avvicinarsi la fine dell’estate e, parallelamente, la fine dell’amore estivo che aveva vissuto. Mi piacque la nuova veste musicale che ne stava venendo fuori, così ho deciso di tenerla nell’album.
Il mercato della discografia italiana non sta passando proprio un bel momento… Per quale motivo il pubblico dovrebbe assolutamente comprare il tuo disco?
Innanzitutto perché non costa tanto, potrebbe ascoltare buona musica e riscoprire belle emozioni.
Sì, ma qual è il tuo tratto distintivo? Il tuo valore aggiunto, rispetto ad altri cantautori?
Secondo me, la cosa che so fare meglio sono le interviste (ride, ndr.) Infatti se qualcuno mi chiedesse cosa vorresti fare?, io risponderei: l’intervistato.