LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ANGELA KINCZLY

di Gianluca Clerici

Angela Kinczly cerca il dialogo con se stessa. La prefiguro seduta in un angolo della città che per quanto voglia sembrare vecchia ha sempre i grattaceli in vetro e le luci di neon. Ma lei ha radici antiche. Il suo disco per quanto pettinato di elettronica nuova ha radici antiche. Lo ha intitolato “Tense Disorder”, un Ep inglese, un Ep emozionale, un Ep sospeso. Lei che ne ha fatta di strada, ovviamente scalza e senza chiedere passaggi. Scalza…come questo disco…la sua voce per le consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Per quanto mi riguarda non c’è la prima senza la seconda, fare musica per se stessi é il principio e il fine, in mezzo può accadere che con tanta fatica, un po’ di talento e di fortuna possa diventare anche un lavoro.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Un po’ a tutti, l’evoluzione umana ha anche dei risvolti non positivi e molto sfugge al nostro controllo. L’individualismo, l’eccessivo benessere materiale, la mancanza di consapevolezza, il senso di colpa non possono produrre buone relazioni. Un po’ parlo anche di questo con Tense Disorder. La crisi potrebbe trasformarsi in risorsa se solo ci accorgessimo che la nostra esistenza é profondamente connessa all’universo attraverso ogni nostra piccola azione e relazione con gli altri. Non é di certo facile capirci qualcosa, forse non é nemmeno così importante decidere a chi dare la colpa.

Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Il pubblico è un’entità talmente fluida e schizofrenica, l’informazione è volatile. La vera informazione é quella che un pubblico consapevole va a cercare oltre il fumo delle notizie eclatanti, richiede tempo, riflessione e anche qualche silenzio.

La musica di Angela Kinczly sembra un prezioso rarissimo da tenere segreto nel cassetto di un armadio antico…per forza antico. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
La mia musica non ha mai avuto un vero mercato, ahimé! Sono qui oggi con questo nuovo EP per aprire quell’armadio e liberare la mia musica per farla andare tra la gente!

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Non abbattersi ma concedersi le inevitabili sconfitte, metabolizzarle, risorgere; essere sempre sinceri ma non ingenui, onesti ma al tempo stesso navigati e scaltri all’occorrenza; vivere le proprie emozioni fino in fondo, perché senza quelle non c’è più niente da dire, ma cercare un equilibrio per quanto precario questo possa essere; essere sempre aggiornati ma non perdere mai di vista la scintilla originaria della propria soggettiva verità da cui tutto é scaturito.

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Il problema é che questo problema si chiama vita, ed é anche il suo bello!

Finito il concerto di Angela Kinczly: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
“Requiem pour un con” di Serge Gainsbourg.

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