RECENSIONE: Carlo Martinelli – Caratteri mobili (2016, AREA51 Records)

Recensione di Gustavo Tagliaferri

Stallo. C’è vita anche fuori dai Luminal, evidentemente, che si manifesti attraverso la scrittura di libri oppure concependo alacremente opere in proprio che da tempo necessitavano di guadagnare vita propria. L’attesa, quasi simile ad un’entità con la quale ritrovarsi là dove si presentano il tempo e la relativa chiamata, non è un concetto che si accompagna alla fretta, e dopo quattro album ognuno più rilevante dell’altro le felici aspettative non si sono rivelate vane visto il buonissimo “Miracoli e maledizioni”, primo atto di una parentesi il cui seguito si è rivelato quasi immediato. Carlo Martinelli, con “Caratteri mobili” sembra essere giunto definitivamente a quell’equilibrio che da tempo cercava al di fuori dell’esperienza di cui sopra, e a molto è servita a proposito la presenza di una vera e propria band di accompagnamento; sarebbe tuttavia sciocco non riconoscere come la scrittura, fatta di ispirazioni d’autore tipicamente 70’s, abbia fatto molti passi avanti, finendo per trasmigrare in arrangiamenti che strabordano di devozioni e si tengono a loro volta lontani da derivazioni od autoindulgenza. Il risultato non è solo un E.P., ma una specie di piccola suite di poco più di venti minuti, sviluppata seguendo canoni progressive ma tale da strizzare l’occhio a sonorità 90’s: Un banale fatto di cronaca strizza l’occhio a Sonic Youth e Motorpsycho, con una particolare predilezione verso i secondi, Nella bocca del leone accenna un blues africaneggiante ma si incespica tra occasionali dissonanze che paiono filtrare certi Talking Heads dei primordi, la componente intima, costituita da una fida chitarra acustica, passa dalle parti di Andiamocene a Taiwan attraverso l’uso dello stream of consciousness, celando un che di beffardo e goliardico, rappresentato dal trombone di Sasà Vaccaro, e finisce con un tono malinconico e decadente, quello dell’unica ballad del lotto, Cos’era che volevo dire?, i cui sapori british non passano affatto inosservati, mentre 1984 gioca a suo modo con una componente mnemonica e lascia che l’aspetto rumoroso del proprio io venga riportato a sé per poi raggiungere il dovuto innalzamento, fatto anche di note ripetute che aprono e chiudono a mò di minimalismo e vanno ad abbellire la già di per sé affascinante dicotomia tra sensazioni eteree e robustezze di mezzo dai tratti noise rock. Nella sua brevità, difatti, “Caratteri mobili” sembra un’opera semplice, ma ha dalla sua una complessità che non è da tutti, una complessità che conferma Martinelli come uno degli esponenti maggiormente interessanti della scena nostrana, con e senza Luminal. Augurandosi che in entrambi i casi ci si possa sempre ritrovare assai soddisfatti nel tempo a venire.

14434956_1075685759196465_4100534998844974949_oCarlo Martinelli – Caratteri mobili
(2016, AREA51 Records)

1. Un banale fatto di cronaca
2. Nella bocca del leone
3. Andiamocene a Taiwan
4. Cos’era che volevo dire?
5. 1984

 

 

 

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