LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: GIORGIO CICCARELLI

Intervista di Gianluca Clerici

Un nuovo capitolo per Giorgio Ciccarelli. Si intitola “Bandiere” ed è sovversivo come deve, per niente istituzionale, al di fuori delle previsioni. Un suono rigido che per la prima volta nella sua vita si macchia, anzi si costruisce e si edifica di elettronica. Anche questo particolare, per chi segue il musicista e autore milanese dai tempi degli Afterhours o dei Sux, sa che è un dettaglio di non poco conto. La trasformazione. Forse la “futuribilità” del processo creativo. Di sicuro un disco che la dice lunga sulla vita quotidiani di tantissimi di noi. Le consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Per quanto mi riguarda non ci sono due facce in questa medaglia, io punto a fare musica per lavoro facendo musica per me stesso. Avere la fortuna e la bravura di far coincidere questi due aspetti sarebbe un vero traguardo.

Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Il discorso è davvero troppo ampio, cercando di sintetizzare e tagliando con l’accetta, direi che il problema culturale c’è ed è evidente, nel senso che in Italia non c’è cultura musicale, come ad esempio negli Stati Uniti dove uno come Jack White è una superstar, mentre qui in Italia farebbe fatica a suonare anche nelle birrerie. Se a questo si aggiunge il fatto che la tecnologia ha fatto passi da gigante, per cui puoi ascoltare tutto lo scibile musicale senza spendere un centesimo, ecco che la crisi del disco è servita…

Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Se parliamo d’informazione musicale, io noto che c’è tutto e il contrario di tutto, siamo in un momento storico in cui il pubblico può fare e fa informazione e l’informazione, quella istituzionale, si trova spaesata e tenta di tenere la barra dritta cercando di educare il pubblico, anche se spesso e volentieri lo insegue. Non c’è più la critica musicale intesa come la intendevamo una volta, ora ognuno può diventare un giornalista musicale creandosi la propria webzine. C’è da dire che una buona mano allo sviluppo di questa situazione, l’hanno data proprio gli stessi giornalisti musicali perdendo negli anni quella autorevolezza che li poneva al centro dell’informazione musicale.

Questo nuovo disco di Giorgio Ciccarelli ci restituisce un punto di vista poetico in strutture libere di essere, con arrangiamenti liberi di inventarsi. In qualche modo, questo lavoro si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Questo lavoro è stato concepito e realizzato nella più assoluta libertà di espressione e al di là di qualsiasi condizionamento, sia esso di mercato o di qualsiasi altra natura. Avevo delle canzoni, ho chiesto aiuto alle persone che mi stimavano e apprezzavano lanciando un crowdfunding, la risposta è stata quasi commovente. Una volta raggiunto l’obiettivo prefissato, ho iniziato la produzione e la stampa. Si può dire che Bandiere sia un album autoprodotto, anche se mi sono appoggiato a delle strutture per facilitarne la diffusione, quindi risponde solo ed esclusivamente a delle mie volontà ed esigenze artistiche.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Farne un mestiere

E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Certo, vorrebbe dire che un musicista, un artista potrebbe campare delle cose che propone e questo vorrebbe dire che in Italia la situazione culturale musicale sarebbe cambiata. Ma questo, purtroppo, temo rimarrà un sogno.

Finito il concerto di Giorgio Ciccarelli: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Quella che più gli piace… Qualsiasi tipo di musica, non m’importa quale

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